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Emilio Fede dimenticato da Mediaset, quel pezzo di storia che non si può ricordare

Come ampiamente prevedibile, la morte di Emilio Fede passa totalmente inosservata a Mediaset. Un silenzio forse ingeneroso, ma necessario per un’azienda che sta provando faticosamente a mettersi alle spalle quella stagione di cui il giornalista era stato emblema.
A cura di Andrea Parrella
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Internet ricorderà Emilio Fede meglio di come saprà fare la Tv, questo è pressoché certo. Se n'è andato il personaggio televisivo che meglio di tanti, forse di tutti, ha saputo vestire i panni del meme: inconsapevolmente, come la legge del meme vuole. Forse solo Berlusconi ha saputo fare meglio di lui e questo non può essere un caso.

Non sarà la televisione a celebrarlo, si diceva, perché per quanto Emilio Fede sia stato del mezzo televisivo un decano, è evidente che la sua carriera ha percorso una parabola anomala, definendo un modello nuovo di giornalismo militante che, nel garantirgli un grande successo ha, al contempo, sbiadito la prima parte della sua carriera, quella che il direttore Antonio Sasso del Roma, anche amico di Fede, ha definito come il tempo in cui si distingueva come "l'erede naturale di quella generazione di giornalisti giramondo che spiegavano al pubblico le fragili sorti di Paesi in continuo mutamento".

Le inchieste sul gioco d'azzardo realizzate negli anni in Rai, il ruolo apicale nei Tg del servizio pubblico, sono stati sostituiti dai fuorionda, le sfuriate con la redazione, gli elogi sperticati a Berlusconi, le liti con Paolini, gli sfottò agli esponenti di sinistra. Momenti epocali per Blob, meno per una gloria istituzionale.

Al netto della partigianeria ostentata, del ruolo cardine che Emilio Fede ha avuto per l'architettura di Mediaset negli anni Novanta, la sua uscita dall'azienda, i guai giudiziari e la rottura totale con la famiglia Berlusconi hanno cancellato i presupposti perché Fede venisse ricordato dalla Tv e dall'azienda che ha contribuito, in un modo che sono in molti a ritenere discutibile ma che di certo è stato efficace, a rendere un polo imprescindibile dell'universo comunicativo italiano.

Per la sua morte timidi e freddi annunci, una bio da Wikipedia letta al Tg4 onestamente imbarazzante, poche menzioni nei giorni che hanno preceduto i funerali, dove nessun rappresentante dell'azienda si è fatto vedere. Ingratitudine, dirà qualcuno, ma è vero pure che Fede è l'emblema di una stagione del Paese e di Mediaset che ha dato tanto al gruppo ma che ne ha, allo stesso tempo, consumato la reputazione. Una stagione che Mediaset vuole mettersi alle spalle, impresa che a fatica sta riuscendo a realizzare proprio in questi mesi, dopo anni di sofferenza.

Ironia della sorte, l'annuncio della morte di Fede arriva nelle stesse ore in cui Canale 5 può celebrare un successo televisivo, quello de La Ruota della Fortuna di Scotti, con numeri che nei corridoi Mediaset sono in molti a definire "cifre che non pensavamo più di vedere". Un silenzio ingeneroso, ma necessario.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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