Tagli al cinema, Piepoli: “Il Governo preferisce destinare 350 milioni al riarmo. Stiamo assistendo al nostro funerale”

Il settore del cinema e dell'audiovisivo italiano sta attraversando una delle sue fasi più complicate e la notizia dei tagli nella manovra finanziaria, presentati dal Ministro della Cultura Alessandro Giuli e sostenuti dal Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, non fanno che complicare ancor di più il quadro culturale del Paese. Un sistema già da tempo boccheggiante quello del cinema, attorno al quale non sono mancate mobilitazioni e polemiche da parte dei rappresentanti della categoria, anche ai piani più alti della piramide produttiva.
Ma ad avere ripercussioni, anche piuttosto significative, sono le maestranze, le cui tutele sono pressoché inesistenti, come ci racconta Luigi Piepoli, assistente operatore, da ben 12 anni nel settore e membro del comitato Siamo ai titoli di coda, in prima linea per far sentire la propria voce, con l'intento di risollevare le sorti di un mondo che, sebbene dall'esterno non sembri, sta pian piano perdendo pezzi.
Facciamo il punto. In manovra sono stati presentati ingenti tagli al cinema.
I tagli al cinema inseriti in questa manovra, pressoché ormai definitivi, sono il colpo di grazia ad un'intera industria culturale, in crisi profonda da più di due anni. Assistiamo, purtroppo, inermi a quelli che sono i preparativi del nostro funerale. Quello che 15 anni fa per noi sarebbe stato un futuro distopico, è diventato normale quotidianità, a tratti terrificante e spaventosa.
Si tratta di una decurtazione enorme, mai verificatasi prima. Fattivamente in che consiste?
Il governo preferisce destinare tra il 2026 e il 2o27, 350 milioni di euro invece che al cinema, alla cultura, probabilmente al riarmo, a quella che è, appunto, un'industria diametralmente opposta alla nostra, un'industria che si dedica alla sofferenza, alla morte, piuttosto che alla cultura e allo sviluppo del del pensiero critico. Il governo ha scelto, ancora una volta, di lasciarci morire, di non risollevare la nostra industria che è fondamentale per il nostro paese, perché ha una richiesta economica di 4 euro ogni euro investito, cioè più del settore dell'edilizia. Si tratta di un settore che qualsiasi persona con un po' di senso della ragione andrebbe a incentivare, a foraggiare perché fa guadagnare lo Stato.
Intanto associazioni di categoria e comitati si sono già fatti sentire.
Sono due anni che come comitato Siamo ai titoli di coda, denunciamo questo scenario, assolutamente prevedibile. Già dall'insediamento dell'ex ministro Sangiuliano. Lui, addirittura, inviò una lettera al ministro Giorgetti chiedendo di tagliare i fondi sul cinema e indicava una direzione molto chiara che, ovviamente, il Ministro Giuli, tra mille bugie continua a seguire in maniera pedissequa. L'obiettivo qual è? Distruggere l'intero sistema culturale italiano, cinema compreso.
Cosa ci ricaverebbe il Governo nel liberarsi di un'industria che, come dici, fa guadagnare lo Stato?
La loro idea, a mio avviso, è quella di annientare il pensiero critico, togliere strumenti culturali importanti, soprattutto per le nuove generazioni, che sono quelle che magari guardano prodotti mainstream, spesso prodotti da major e multinazionali che realizzano prodotti di facile fruizione, che non pongono quesiti, non fanno pensare, prodotti che servono a riempire un palinsesto, occupare il tempo. Per il Governo il cinema è un'industria di sinistra, ma non è assolutamente vero perché il cinema non è un'industria che può essere politicizzata. Il cinema racconta storie, visioni, non ha uno schieramento, quindi non capisco come faccia ad essere di sinistra o di destra.
Le maestranze saranno quelle che di riflesso avranno più ripercussioni dai tagli previsti. Che tipo di tutele avete dal punto di vista lavorativo e sindacale?
Noi maestranze siamo completamente scoperte da qualsivoglia sistema di welfare e tutela. L'unico strumento che abbiamo sempre avuto e continuiamo ad avere, ora in maniera differente e più complessa, è la NASPI. Veniamo equiparati ai lavoratori stagionali e lavoratori agricoli, non c'è uno strumento di sostegno specifico per i lavoratori e le lavoratrici dello spettacolo. Noi abbiamo sempre utilizzato lo strumento della Naspi come sostegno al reddito tra un lavoro e un altro, però c'è un problema.
Quale sarebbe?
Il lavoro da due anni è calato, molte colleghe e colleghi hanno finito la Naspi, perché chiaramente la copertura è di massimo due anni, se però li hai accumulati. Noi non accumuliamo mai due anni interi, perché lavoriamo a regime di settimane e quindi abbiamo settimane di Naspi, che tra l'altro, è stata recentemente riformata, inserendo una serie di strumenti nuovi e complessi che, secondo il governo, servono alla ricerca del lavoro, ma ci hanno messo in una condizione peggiore di quella precedente. Questo per dire che non è stato studiato e non c'è tuttora nessun sistema di sostegno al reddito e di welfare specifico per le lavoratrici e i lavoratori del del cinema.
Cosa è stato fatto dalle associazioni in questi anni per cambiare questo stato di cose?
Da due anni a questa parte, noi di Siamo ai titoli di coda, insieme a tante altre associazioni professionali, legate al mondo delle maestranze e della post-produzione, chiediamo al governo di essere ascoltati, di riceverci, mandiamo lettere fino ad ora inascoltate. Un'altra parte, che sono fondamentalmente le associazioni di categoria, quindi ANICA, APA, CNA e mi duole dirlo anche la SLC-CGIL, per questi due anni hanno un po' seguito le linee guida governative e soprattutto della sottosegretaria Borgonzoni. Loro, probabilmente in buona fede, hanno sposato il progetto di revisione e rimodulazione di quella quella che è la legge sul cinema, ma due giorni fa hanno avuto una doccia fredda. Che poi, mi chiedo, come facevano a non sapere di questi tagli?
Lo scorso giugno c'era stato un incontro col Ministro Giuli e gli esponenti delle varie associazioni. Cosa n'è stato?
Quell'incontro è nato per una fortissima pressione che è arrivata. Ma quell'incontro come è nato è morto. Promesse di ascolto, promesse di tavoli successive, promesse sui tagli che non ci sarebbero stati, sul cinema non verrà toccato. Promesse che rimangono solo promesse. Sapevamo che sarebbe stata questa la storia.
Uno sciopero dell'intero settore, come per altre ragioni è accaduto in America, credi possa smuovere qualcosa?
Utopisticamente sarebbe bellissimo e probabilmente è l'unica soluzione per risvegliare le coscienze della collettività, più che del Governo, perché questo andazzo politico non colpisce solo noi che subiamo nell'immediato, ma distruggere un'industria culturale colpirà tutta la popolazione da qui al futuro e quindi è un problema che riguarda tutti. Realisticamente il Governo farà orecchie da mercante, come fa tutti i giorni su tutti i temi.
Fiorello ironizzava in radio sui tagli all'audiovisivo dicendo: "Sandokan lo gireranno a Capalbio", lasciando intendere che anche la qualità del prodotto verrebbe meno. Possibile non pensare a questo aspetto?
Già quest'anno è così. I budget sono molto ridotti, se una produzione parte con meno risorse, è ovvio che ad essere colpito sarà il lavoratore finale, quello che è succube di un ricatto occupazionale, cioè meno lavoro, più persone sul mercato, paghe più basse, se tu non accetti ne chiamo un altro. C'è un problema che riguarda la qualità del prodotto e un problema che riguarda l'occupazione, non c'è più la possibilità di andare a fare una contrattazione lavorativa decente, degna. Bisogna accettare le proposte che arrivano dall'alto. Ti aprono e ti chiudo una parentesi.
Dimmi.
Questo accade perché non abbiamo un contratto di lavoro rinnovato dal 1999. Il nostro CCNL è del 99 ciò significa che abbiamo delle paghe tabellari in lire del 99. Quindi questo ci mette nella condizione di doverci fare delle domande. Questo fa sì che ogni film sia una trattativa al ribasso. La riduzione dei budget porterà a una riduzione della qualità, che interessa chi? Chi è lo spettatore in Italia? Domandiamocelo sempre.
Volendo tornare al punto di partenza, ma il Tax Credit, rivisto dal Ministro Franceschini nel 2016, è stato effettivamente uno strumento migliorativo per il vostro lavoro?
Assolutamente, è uno strumento fondamentale, che ci hanno copiato in tutto il mondo. Utilissimo. Chiaro che come tutti gli strumenti abbia delle falle, ci sono delle cose che non funzionano, ci sono delle cose che vanno migliorate e c'è gente che truffa, come in tutti i settori, anche nel nel cinema c'è gente che ci ha lucrato. Ma questo non vuol dire che tutto il sistema non funziona. È uno strumento che serve, perché non esistono più i produttori come negli anni 50 che investivano del capitale privato per fare un film.
Quali sono i prossimi passi?
Intanto, noi non molliamo, finché abbiamo forza continueremo a portare avanti questa lotta, che reputiamo assolutamente necessaria e non perché pensiamo di ottenere qualcosa da questo Governo, ma perché pensiamo sia necessario svegliare le coscienze delle persone. Persa la cultura, si è perso tutto. Quindi è importante tenere alta l'attenzione. Stiamo cercando di organizzare un'assemblea generale proprio per discutere di questi temi e capire come affrontarli. Continuiamo a chiedere un confronto al Mic e un sostegno ai sindacati, ma sappiamo già che non ci saranno risposte e siamo pronti anche ad una mobilitazione, non la escludiamo. È un un problema che riguarda tutti, tutti dovremmo ragionare su quello che sta accadendo.