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Rolando Ravello: “Il Clandestino è destinato a crescere, le ultime puntate sono una fucilata”

A Fanpage.it, il regista racconta le sue impressioni e il futuro del Clandestino, serie da lui diretta per Rai1 con protagonista Edoardo Leo: “C’è sempre tanta fiducia tra me e gli attori, sarà perché sono un attore anche io”. È protagonista nel cast internazionale di Rumours con Cate Blanchett: “Ho vinto alla lotteria senza aver comprato il biglietto”.
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La carriera di Rolando Ravello è tra le più solide, curiose e interessanti del nostro cinema. Partito come conduttore per ragazzi su Rai1 in "Big", è stato poi attore per Ettore Scola, Alex Infascelli, Sergio Citti, i Fratelli Frazzi, Paolo Sorrentino. Con questi nomi, è naturale che poi si finisca per fare (e anche bene) il regista. A Fanpage.it, Rolando Ravello racconta le sue impressioni dopo la prima puntata de Il Clandestino, serie da lui diretta per Rai1 con protagonista Edoardo Leo, suo partner in crime: "Con lui c'è un rapporto che dura da anni". 

Parliamo di tutto, con grande ironia e sincerità, della sua idea di cinema e della difficoltà dei set di oggi: "Bisogna realizzare un prodotto che stia bene al produttore, stia bene al committente, stando nei tempi e cercando infine di tenere alta la qualità. Praticamente, un incubo, ma pare che stavolta ci siamo riusciti". Presto tornerà al cinema come interprete del film internazionale Rumours con Cate Blanchett: "Ho avuto un culo inspiegabile. Me lo ricorderò da morto". Diretto da Alex Infascelli, Paolo Sorrentino, i Fratelli Frazzi, ha avuto Ettore Scola come grande maestro: "Andavo a tutte le riunioni, andavo al montaggio, andavo ovunque e mi sono visto quel pezzettino di mondo che non c'è più". 

Dopo la prima puntata, ci sono stati ottimi risultati d'ascolto. Sei contento?

Molto! È andata bene. Siamo riusciti a coniugare critica e pubblico, non era facile.

Il personaggio di Luca Travaglia ha un arco narrativo molto ampio, una focalizzazione molto forte con snodi narrativi crescenti.

E nelle prossime puntate si cresce ancora di più, fino al finale, i quattro episodi finali in particolare (quindi le ultime due puntate, ndr) che sono davvero "una fucilata". Non dico altro.

Hai lavorato fianco a fianco anche alla sceneggiatura? 

Sì, ci ho lavorato molto ma era una serie già scritta bene in origine, una cosa rara. Ho scoperto delle gran persone, Sannio, Pellegrini e Ripamonti, apertissimi al dialogo, ai cambiamenti che proponevamo io e Edo e mi sono trovato davvero bene.

È vero che una serie, all'atto materiale di girarla, poi viene completamente diversa? 

È vero, ma sono cose che cerco di affrontare già in preparazione per non avere di questi problemi. Nove volte su dieci, nonostante questo, io arrivo sul set e cambio.

Perché?

Ci sono tanti aspetti: gli umori della giornata di un attore, le influenze interne ed esterne. C'è tanta fiducia tra me e gli attori sempre, sarà perché ho fatto l'attore, sarà perché con Edoardo Leo c'è un rapporto che dura da anni. In linea di massima, io ho sempre avuto tanta disponibilità. La serie ha degli elementi di grande complessità, è un crimedy, un termine divertente che ha coniato Edoardo. È un noir, ma c'è un lato tutto comedy, un lato tutto crime, un lato action. Riuscire a stare sul filo, mantenere l'equilibrio per non scadere nel kitsch è faticoso, ma quando lavori con questi attori poi diventa tutto facile.

Rolando Ravello sul set de Il Clandestino
Rolando Ravello sul set de Il Clandestino

Un'altra difficoltà sul set? 

La vera difficoltà è riuscire a coniugare una serie di necessità: realizzare un prodotto che stia bene al produttore, stia bene al committente perché ogni committente ha esigenze diverse e quindi devi pensare al pubblico a cui ti rivolgi, devi stare nei tempi che ti danno per girare, che continuano a essere sempre più stretti – e questo è il problema più grande – cercando infine di tenere alta la qualità. Un incubo. Pare che stavolta, però, ci siamo riusciti. Ma non è facile.

Un esempio? 

Nel secondo episodio della prima puntata, la scena della discarica. Per girare quella scena avevo a disposizione solo otto ore. Solo i colpi in arrivo, cioè quando devi mettere le piastrine di metallo sull'attore che riceve un colpo, oppure sotto una lattina che deve poi esplodere, solo quello ti occupa più di mezz'ora. Tutto il resto, lo devi fare con ancora meno tempo.

In questa situazione il rischio di ritrovarsi nel paradosso di Boris è altissimo, di fare ‘Caprera' o ‘Medical Dimension', per intenderci. Come si supera? 

Non c'è un metodo. Io vado di pancia per qualsiasi cosa, affronto la giornata e ho imparato all'interno di una giornata di set a fare delle scelte. C'è una scena che devi curare di più, una scena nella quale puoi permetterti di dare meno tempo. Sono scelte che devi fare per forza, cercando però di non scadere in Boris, ecco.

Lasciamo il regista, parliamo con l'attore. Sei nel cast di "Rumours" di Guy Maddin con Cate Blanchett, Alicia Vikander, Denis Ménochet e sir Charles Dance. 

Ho vinto alla lotteria, senza aver comprato il biglietto.

Perché?

Non ho fatto provini, non ho fatto niente. Mi hanno chiamato così: "Vogliono darti una parte da protagonista in un film con Cate Blanchett"? Tu come avresti reagito?

È uno scherzo? 

Più o meno: Ma me state a cojonà? E invece la storia s'è fatta vera.

Sette Capi di Stato che si perdono in bosco durante un G7. Tu sei il Capo di Stato italiano. 

Esatto. Tutti e sette alla pari (nel cast anche Charles Dance, Alicia Vikander, Denis Minochet, ndr), abbiamo lavorato tutte le notti insieme nei boschi ungheresi ed è stata un'esperienza magnifica. Tutti di una bravura, di una disposizione d'animo fantastica. La sceneggiatura poi è fighissima e non è un blockbuster, ma un film indie, nel quale in qualche modo sei anche molto più rilassato rispetto a un set hollywoodiano. È stato tutto perfetto. Ho avuto un culo inspiegabile. Me lo ricorderò da morto.

La prima immagine di Rumours. Nel cast Rolando Ravello con Cate Blanchett, Charles Dance e Alicia Vikander.
La prima immagine di Rumours. Nel cast Rolando Ravello con Cate Blanchett, Charles Dance e Alicia Vikander.

Beh, ma Rolando Ravello è sempre quello di Almost Blue. Ne hai fatte di cose. 

Ma sono anche quello che a 19 anni faceva Big su Rai1, eh. Sono un ragazzino di 54 anni che pensa sempre di avere un culo sconsiderato e ringrazio sempre il destino che mi ha portato a fare un viaggio bello.

Penso pure a Certi Bambini. 

Che sogno fare quel film e che sogno lavorare con i fratelli Frazzi. Un dolore il fatto che uno dei due se n'è andato e quello rimasto non lavora più. Erano di un'altra classe, di un'altra categoria. Capita raramente di lavorare con registi così.

Rolando Ravello nel 2000 in "Almost Blue" di Alex Infascelli
Rolando Ravello nel 2000 in "Almost Blue" di Alex Infascelli

Hai lavorato anche con Paolo Sorrentino a "Le conseguenze dell'amore". 

Sì, una cosa piccola ma molto bella. Lui è diventato il gigante che è, ma si capiva già all'epoca.

Hai un rapporto con Napoli è molto forte. 

Mia mamma è napoletana, mio nonno è nato nel palazzo all'angolo della piazzetta del Teatro San Ferdinando e io sono cresciuto a casa dei miei nonni. Io sono napoletano. È una bella metà di me.

Momento Carramba: io e te abbiamo "condiviso" il set per tutta una stagione de La Nuova Squadra. Ero uno dei poliziotti che passava e ripassava in commissariato. 

Conta che io tre foto c'ho appese in casa, una di queste la tengo davanti mentre stiamo parlando: siamo io e Pietro Taricone sul set.

Era una serie molto coraggiosa per quegli anni (era il 2008). Ricordo un periodo di forti polemiche con le forze di Polizia. 

No, non era solo un periodo: era sempre. Perché in quella serie c'erano le sfumature. I poliziotti non erano tutti buoni e questo a qualcuno non andava bene. Non ci hanno capito, che spreco.

Il cast della prima stagione de La Nuova Squadra (2008)
Il cast della prima stagione de La Nuova Squadra (2008)

E sul tuo futuro? 

Vorrei stare un po' fermo con le serie e lavorare finalmente al mio film che sta lì nel cassetto ad aspettarmi da un botto. Ogni volta che stavo per metterlo in piedi, capitava qualcosa che mi portava a prendere altre strade. Da quando ho iniziato a fare regia, cioè da undici anni, si sono incastrate tante esperienze. Io non volevo firmare la mia prima regia ma, come mi disse Lucio Pellegrini, firmati perché la regia si impara.

Come si chiama il prossimo?

Il titolo provvisorio è "Per sempre Natale" e ha il tono del mio primo film, "Tutti contro tutti", però con una tematica diversa.

Cinema o piattaforma?

Cinema. Solo cinema. Farlo per la piattaforma significa consegnarlo e poi non sapere più nulla sul tuo film. Io faccio questo mestiere per condividere e se mi levi la condivisione io non sono nulla. C'è prodotto e prodotto. Se il film è personale, è fatto per parlare con le persone, in sala, in un festival per un dibattito. Se tu mi togli questo, mi togli tutto.

Se il tuo cinema fosse un romanzo o uno scrittore, quale sarebbe? 

Zavattini, con tutta la distanza del caso.

Perché?

Perché sono attaccato alle origini del nostro cinema, l'ho studiato anche all'università e c'è sempre stata un'influenza tra letteratura e cinema. All'epoca era proprio un incastro. Le sceneggiature di un tempo erano letterarie, solo le didascalie erano delle novelle.

Un Maestro per te? 

Ho avuto la fortuna di viverne una costola con i film che ho fatto con Ettore Scola. Andavo a tutte le riunioni, andavo al montaggio, andavo ovunque e mi sono visto quel pezzettino di mondo che non c'è più, ma io me lo porto nel cuore e cerco di stare là, sempre col dovuto rispetto.

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