Daniele Capezzone: “Telese che se ne va in diretta un autogol, non potevo inseguirlo nei corridoi di La7”

Lo scontro televisivo tra Daniele Capezzone e Luca Telese a Omnibus su La7 continua a far discutere. Dopo che il direttore del Centro ha raccontato a Fanpage.it la sua versione dei fatti, ora tocca al direttore editoriale di Libero rispondere. E lo fa nel suo stile: "Un autogol così spettacolare come quello di Telese non si vedeva dai tempi di Comunardo Niccolai", attacca usando una metafora calcistica.
L'analisi ironica non risparmia neanche Francesca Albanese: "La giornata di ieri segna una piccola tragedia culturale della sinistra. Telese che se ne va alle 9 di mattina e Albanese che se ne va alle 9 di sera". Il riferimento è alla doppia uscita di scena: quella di Telese da Omnibus e quella di Francesca Albanese da In Onda. "Non sono più in condizione di reggere un dibattito minimamente equilibrato", sostiene Capezzone.
Nell'intervista a Fanpage.it, Daniele Capezzone racconta il suo punto di vista sulle piazze italiane riunitesi per Gaza: "Ho molto rispetto delle persone che sono scese in piazza. Condanno però l'irresponsabilità politica di partiti, sindacati, forze organizzatrici e forze sostenitrici che non hanno avuto il coraggio di prendere le distanze da uno striscione che stava in testa al corteo: "7 ottobre, giornata della Resistenza Palestinese”. E riguardo a domani, secondo anniversario dalla mattanza: "Sono andato a rivedere le agenzie di quei giorni di due anni fa. Le condoglianze sono durate 36 ore. Poi è cominciata la giostra dei "ma" e dei "però".
Riguardo quello che è successo ieri mattina a Omnibus con Luca Telese, dopo aver ascoltato il punto di vista del direttore del Centro, manca il tuo.
Guarda, ripensandoci 24 ore dopo, colgo un elemento molto divertente e un elemento che invece è una piccola tragedia per la sinistra. L'elemento molto divertente è che un autogol così spettacolare come quello di Luca Telese non si vedeva dai tempi di Comunardo Niccolai. Tu sai che nel Cagliari dello scudetto c'era un difensore che era molto bravo e si chiamava Comunardo Niccolai, che era davvero un gran calciatore, ma aveva purtroppo nel suo repertorio questa specialità di alcuni spettacolari autogol nella propria porta. Ecco, diciamo che Telese si candida a giganteggiare come erede di Niccolai. E questa è la parte sorridente, diciamo.
E la parte seria?
La giornata di ieri segna una piccola tragedia culturale della sinistra. Telese che se ne va alle 9 di mattina e Albanese che se ne va alle 9 di sera. Ormai i campioncini della sinistra culturale non sono più in condizione di reggere un dibattito minimamente equilibrato e se ne vanno. È un dramma. Loro sono ormai abituati solo a tre schemi. Il primo schema è quello del monologo: parlano solo loro. Il secondo schema è quello del pestaggio del destro: quattro contro uno, cinque contro uno. Il terzo schema è quello della comunità di sinistra che si riunisce attorno al focolare: sono quattro di loro già d'accordo che si danno reciprocamente ragione. Ma se per caso si realizza un quarto schema, cioè quello per cui in condizioni minimamente paritetiche ci sia un interlocutore destro che sostiene una tesi opposta in modo civile – è accaduto con l'ottimo Francesco Giubilei di sera ed è accaduto con me di mattina – questa elementare formula di discussione è per loro insostenibile e quindi se ne vanno. Questo è il punto su cui dovrebbero riflettere.
Francesca Albanese, proprio a Fanpage.it, ha spiegato le sue ragioni: il nome di Liliana Segre è stato utilizzato in maniera strumentale.
Il tema non è la ragione, il motivo o il pretesto o l'alibi che viene utilizzato. Il tema è proprio la capacità di sostenere una discussione. Il punto è semplicemente il fatto che ci sia un interlocutore che sostenga una tesi diversa dalla sua, produce come unico effetto il fatto che lei prenda la borsa e se ne vada. Ma se tu ed io facciamo una discussione e tu hai un robusto argomento opposto, se io sono minimamente democratico devo essere felice e cercare un argomento ancora più robusto se ce l'ho, no?
Forse, non c’era da parte sua l’abitudine a sostenere la pressione di uno scontro televisivo.
No, sono tutti abituati a quei tre schemi che ti dicevo. Schema uno: parlo da solo. Schema due: sono tutti amici. Schema tre: pestiamo il destro quattro contro uno. E quando si arriva a un quarto schema più equilibrato scatta il panico. Questo vale anche per Luca Telese.
Con Luca Telese vi siete chiariti in privato?
E no, se n'è andato, che devo chiarire? Dovevo mettermi a inseguirlo per i corridoi de La7?
Se vi rimettono insieme in uno studio…
Devi chiedere a lui se è in condizione. Qui il tema non è – come diceva il mio amico Aldo Biscardi, genio della televisione – "datevi una stretta di mano". Non è questo il tema. Il tema è che c'è uno che non è in condizione di ascoltare un'opinione opposta, capisci? Ieri era uno spettacolo, nel corso dei 40 minuti precedenti, vedere quasi fisicamente la non sopportazione, vorrei dire la non sopportabilità fisica per Luca del materiale ascolto di una tesi differente. Questo è il dramma, questo è il dramma politico che c'hanno. Sono talmente – ma povero Luca, non è un problema solo suo, è un problema di tutta quella comitiva – sono talmente convinti da sempre di essere gli unici detentori della legittimità culturale, politica e morale che si sono disabituati a discutere e ad ascoltare altre tesi. E quando poi incontrano semplicemente un interlocutore che dice delle cose, vanno nel panico.

Telese ha detto a Fanpage.it "40 minuti di Capezzone in purezza possono uccidere chiunque"…
Posso dirti che l'imputato ha reso piena confessione. Cioè non è in grado – lascia perdere Capezzone – non è in grado di sopportare 40 minuti di tesi opposte. E figurati i telespettatori che sono costretti a sentire 40 serate consecutive sue e degli amici suoi. E però nessuno c'ha né gli svenimenti né il mal di testa, no?
Ieri sei stato a Roma con lo spettacolo teatrale tratto dal tuo libro "Trumpisti o muskisti, comunque "fascisti": Sinistra a caccia di nemici". Ma non sarà troppo lungo questo titolo?
Purtroppo, e lo dico senza alcun compiacimento, quel libro contiene una doppia previsione azzeccata. E sembra scritto ieri, dopo i fatti televisivi di cui abbiamo parlato. Primo: la tendenza di una certa sinistra a fascistizzare qualunque interlocutore che abbiano davanti. Una destra liberale oppure una destra sociale, oppure in politica estera una destra di falchi oppure una destra di colombe, oppure una tecno-destra futurizzante come quella di Musk. Quindi ho fatto cinque esempi diversissimi. La risposta è sempre "sono fascisti". Questa è una risposta infantile che li mette totalmente fuori gioco. Questa è la prima, ahimè, analisi temo azzeccata del libro.
E la seconda?
La seconda è più inquietante e purtroppo ha trovato una sua materializzazione il 10 settembre con l’assassinio di Charlie Kirk. Io dedico alcuni capitolo del libro al rischio di un passaggio alla violenza politica, alla eliminazione fisica dell’avversario. Ormai, a partire dagli Stati Uniti ma non solo, quello che era un tabù – cioè l'inviolabilità fisica dell'avversario – è un tabù che ora è stato rotto. Non è solo ovviamente straziante l'omicidio di Kirk, ma quello che è successo dopo: il processo alla vittima, le pagelle al morto, i morti di serie A e i morti di serie B, gli intellettuali di sinistra che per carità non giustificano però, come si dice, contestualizzano. Questa cosa io la trovo di una pericolosità assoluta.
Pensi che in Italia ci stiamo avviando a un clima simile?
Allora, la differenza non piccola, ovviamente, è che per diverse tradizioni e diverse leggi in Italia circolano meno armi e quindi la possibilità di prendersi un colpo di fucile è molto più ridotta. Ma tutto il resto c'è: la fascistizzazione dell'avversario da sinistra verso destra, una macchina mediatica che individua i bersagli, una folla che applaude quando il bersaglio viene colpito, e di nuovo poi la macchina mediatica che tra virgolette spiega che la colpa era della vittima che se l'è cercata.
Cosa pensi dei milioni di persone che sono scese in piazza in questi giorni?
Ho molto rispetto, ci mancherebbe, delle persone in buona fede che sono scese in piazza. Segnalo però e condanno l'irresponsabilità politica di partiti, sindacati, forze organizzatrici e forze sostenitrici che non hanno avuto il coraggio né prima, né durante, né dopo di prendere le distanze da uno striscione che stava in testa al corteo: "7 ottobre, giornata della Resistenza Palestinese”. Nessuno ha chiesto di rimuovere lo striscione, nessuno ha detto niente. Di rimuovere le bandiere di Hamas e di Hezbollah, di rimuovere i cartelli annessionisti, di sospendere i cori "Palestina libera dal fiume al mare", che vuol dire eliminare lo stato di Israele e gli ebrei. Io dico: che partiti sono? Che sindacati sono? Che intellettuali sono? Quelli che si aggregano in una situazione nella quale il tono di comunicazione e le parole d'ordine sono queste?
Domani è il 7 ottobre. Cosa ti aspetti? Come sarà il dibattito?
Purtroppo è tutto chiaro. Sono andato a rivedere le agenzie di quei giorni di due anni fa. Le condoglianze sono durate 36 ore. Poi è cominciata la giostra dei "ma" e dei "però". “Però la reazione sia proporzionata, però, però, però”. E dopodiché siamo arrivati a una sorta di offuscamento del 7 ottobre, come se gli eventi successivi – ovviamente tragici e ovviamente dolorosissimi – non fossero legati al 7 ottobre e quindi alla responsabilità assoluta di Hamas. Quella operazione di offuscamento è ancora in pieno corso.