226 CONDIVISIONI
Opinioni

Perché C’è ancora domani di Paola Cortellesi è un film che non termina con i titoli di coda

C’è ancora domani di Paola Cortellesi è una battaglia per la rivendicazione della parola in un momento storico in cui le donne si esigevano mute e obbedienti. È un film che non termina con i titoli di coda, che ritorna negli echi di un presente ancora molto segnato dalla violenza di genere e invita all’applauso collettivo in sala come atto dovuto.
A cura di Eleonora D'Amore
226 CONDIVISIONI

Entri in sala, ti siedi. Improvvisamente sei catapultata in una Roma del 1946 in bianco e nero. Non ne uscirai più per diverse ore. L'assenza di colore ti sembra più che giusta, motivata dall'assenza di vita alla quale Delia è costretta ogni santo giorno. Paola Cortellesi decide di descrivere a modo suo la violenza sulle donne, psicologica e fisica, quella che lascia segni evidenti sul corpo o si insinua, subdola, nella mente, svuotando la percezione del proprio io.

Lo sa bene Marcella (Romana Maggiora Vergano), figlia adolescente di Delia e sua naturale evoluzione, nemica del patriarcato impostole da un padre che non riesce a riconoscere. La ragazza detesta l'apparente mollezza della madre, non riesce a leggere tre le righe delle sue strategie di sopravvivenza e la condanna, ritenendola il fallimento del genere al quale appartiene. Fa lo stesso Marisa (Emanuela Fanelli), la migliore amica di Delia, pur riservandole uno sguardo più maturo e gentile, addomesticato all'idea che osteggiarla non servirà a farle cambiare idea su Ivano (Valerio Mastandrea), marito farabutto e continuamente assolto perché "un po' nervoso dopo aver combattuto due guerre".

C'è ancora domani è un film sull'autodeterminazione femminile, ambientato sì nel secondo Dopoguerra ma con strazianti echi di questi tempi ancora così profondamente segnati da femminicidi e violenza di genere. L'occhio di Paola Cortellesi dietro la macchina da presa sceglie, stavolta, di non mostrarli gli abusi, di trasformare in un musical le scene più cruente e di dissolvere sangue e lividi come se le vittime fossero delle supereroine repellenti alle barbarie. Ovviamente non è così, quei segni scavano solchi sempre più profondi e spingeranno Delia ad affrontare un suo enorme limite: l'incapacità di sentirsi meritevole della felicità.

Perché lei è tutt'altro che una debole, vive la segregazione in un angusto sottoscala come se fosse l'unica possibilità che le resta e l'unico posto di cui è degna, ma ha i suoi espedienti per non soccombere del tutto. Solo il suo primo amore Nino (Vinicio Marchioni) sembra donarle colore, ravvivare il grigiore che le contorna il viso e rimetterla in contatto con la sua parte femminile senza sensi di colpa. È il simbolo di un sentimento sano, capace di amplificare ciò che di bello è già presente e fatica a venire fuori poiché minato nel profondo. Un'infusione di coraggio necessaria quando non ci si vede più e si è diventati sordi ai propri richiami.

Nino è l'unico capace di riabilitare la figura maschile, schiacciata dalla gretta ignoranza di Ivano e di suo padre Ottorino. Perché la violenza è qualcosa che può essere tramandata con grande determinazione, un germe coltivato con dovizia di argomentazioni, che lo rendono resistente a qualsiasi forma di corruzione affettiva. "Non glie poi menà sempre, sennò se abitua", gli dice il genitore infermo, come promemoria per le lezioni future da dare a sua moglie. Un mondo alla rovescia, dove lo scontro è continuo ma non vince mai nessuno.

Ed è in questa guerra di perdenti che Paola Cortellesi inserisce la battaglia per la rivendicazione della parola, in un momento storico in cui le donne si esigevano mute e obbedienti. Delle ancelle condannate al bavaglio, costrette alla prossimità con mariti che assomigliano più a dei secondini.  Dentro c'è il bianco e nero di un mondo svuotato di significato e tutto il colore dell'ironia come antidoto alla brutalità dell'uomo. Una rivoluzione a bocca chiusa, come cantava Daniele Silvestri nel video della canzone sanremese del 2013, diretto proprio da Valerio Mastandrea. "Con solo questa lingua in bocca e se mi tagli pure questa io non mi fermo, scusa. Canto pure a bocca chiusa", era già scritto. Nessuna meraviglia nel vedere la sala gremita alzarsi in piedi e applaudire, un atto dovuto.

226 CONDIVISIONI
Casertana di origine, napoletana di adozione. Laureata in Lingue e Letterature Straniere all'Università L'Orientale di Napoli, lavora a Fanpage.it dal 2010, anno in cui il giornale è nato. Caposervizio dell'area spettacolo.
Meloni invita Paola Cortellesi a Palazzo Chigi:
Meloni invita Paola Cortellesi a Palazzo Chigi: "C'è ancora domani è un film coraggioso"
C'è ancora domani, il primo film di Paola Cortellesi alla regia apre la Festa del Cinema di Roma
C'è ancora domani, il primo film di Paola Cortellesi alla regia apre la Festa del Cinema di Roma
'C'è ancora domani' sbanca al botteghino, Cortellesi:
'C'è ancora domani' sbanca al botteghino, Cortellesi: "Donne e violenze, ho celebrato la loro forza"
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni