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Mubi risponde alle polemiche sul finanziamento di Sequoia: “Il nostro lavoro non è collegato alla guerra”

Mubi mantiene la linea adottata alla Mostra del Cinema di Venezia durante la presentazione de La Grazia di Sorrentino e anche dal ramo italiano, contattato da Fanpage, non arrivano ulteriori commenti al finanziamento di Sequoia. In una lettera, il CEO, Efe Cakarel, ha spiegato quali siano i rapporti con il fondo, condannando quanto accade a Gaza.
A cura di Ilaria Costabile
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La questione di Mubi finanziata dal fondo Sequoia Capital è stata sollevata anche durante la Mostra del Cinema di Venezia, durante la presentazione del film La Grazia di Paolo Sorrentino, distribuito proprio dalla piattaforma. In quell'occasione, da parte della società non c'è stato alcun ulteriore commento, posizione ribadita anche a Fanpage.it che ha provato a mettersi in contatto con Mubi Italia. Lo scorso 14 agosto, a seguito delle polemiche sollevatesi in America, il CEO di Mubi Efe Cakarel, ha chiarito in una lettera i rapporti della sua società con il fondo, sottolineando l'assenza di qualsiasi tipo di legame con Kela, la startup israeliana specializzata in tecnologie di sicurezza informatica, che è finanziata per l'appunto da Sequoia.

La lettera del CEO di Mubi

A seguito della notizia dei 100 milioni di dollari investiti da Sequoia Capital in Mubi, tantissime sono state le manifestazioni di dissenso da parte tanto degli addetti ai lavori, quanto di utenti che supportando la causa palestinese non accettavano il fatto che la piattaforma fosse finanziata da un fondo che foraggia anche una startup israeliana. Efe Cakarel, quindi, ha scritto una lettera di chiarimento, spiegando la natura degli investimenti e, soprattutto, parlando di quanto sta accadendo in Medio Oriente:

Quello che sta accadendo a Gaza è incredibilmente tragico e devastante. La perdita di vite umane tra i civili, tra cui migliaia di bambini, la distruzione di case, ospedali e istituzioni culturali e l'attacco deliberato alla capacità di sopravvivenza e prosperità di un'intera popolazione sono inaccettabili. Condanniamo tutti gli atti che danneggiano civili innocenti e riaffermiamo il diritto di tutte le persone a vivere in pace e sicurezza. L'immensa sofferenza, lo sfollamento e la fame del popolo palestinese sono una catastrofe umanitaria che deve finire. Siamo fermamente contrari alla guerra e alla tirannia in tutte le sue forme e sosteniamo la dignità e la libertà di tutte le persone.

E, quindi, entra nel dettaglio menzionando anche la startup Kela:

Vorrei anche chiarire il nostro rapporto con Sequoia Capital e Shaun Maguire. A seguito dell'investimento di Sequoia, alcuni hanno suggerito che siamo complici degli eventi che si stanno verificando a Gaza. Queste accuse sono fondamentalmente in contrasto con i valori che sosteniamo come individui e come azienda. I profitti generati da MUBI non finanziano altre società del portafoglio di Sequoia. I nostri rendimenti vanno ai soci accomandatari di Sequoia, istituzioni quali università, fondazioni e fondi pensione, non ad altre aziende finanziate da Sequoia come Kela. Qualsiasi insinuazione che il nostro lavoro sia collegato al finanziamento della guerra è semplicemente falsa.

Il CEO spiega nella missiva che essendo Sequoia un investitore di minoranza ha un coinvolgimento minimo in Mubi: "In qualità di fondatore e CEO, rimango il maggiore azionista e mantengo il pieno controllo su tutte le decisioni commerciali ed editoriali. Sequoia non ha alcuna supervisione o autorità sulle nostre decisioni relative alla programmazione, all'editoria o alle finanzechiarisce ancora.

La nascita di un Consiglio consultivo per gli investimenti

Nella lettera, poi, Cakarel menziona anche la nascita di un "consiglio consultivo indipendente di artisti" in cui ci saranno registi, e personalità del mondo della cultura che lavoreranno insieme ad esperti di "diligence sui diritti umani". Questo nuovo organo, quindi, "fornirà consulenza sulla politica di finanziamento e investimento etico". Infine, il CEO rivendica la chiarezza adottata anche negli ultimi mesi, ritenendola elemento fondamentale per tener fede a quei principi costitutivi della piattaforma: "significa essere trasparenti su come siamo finanziati, espliciti su come proteggiamo l'indipendenza artistica e umili su ciò che dobbiamo ancora imparare". 

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