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Spagna, la disperazione del papà di Julen: “Lo sentivo piangere, ma sono arrivato tardi”

Lo straziante racconto del padre di Julen, il bimbo finito in un pozzo, in Spagna, il 13 gennaio, e trovato oggi morto, chiarisce cosa è successo quel fatidico giorno: “Io sono arrivato appena dopo la caduta. Ho cercato di prenderlo. Ho sentito mio figlio piangere, ma sono arrivato troppo tardi”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Dopo quasi due settimane il piccolo Julen, il bimbo di appena due anni finito in un pozzo in Spagna, vicino Malaga, è stato ritrovato. Il suo corpo senza vita è stato recuperato nella notte. E la disperazione del padre, José Rosellò, è stata registrata in un audio diffuso da El Pais: “Ho infilato il braccio fino alla spalla, poggiando la testa a terra, ho cercato di raggiungerlo, l’ho sentito piangere. Speravo fosse più vicino”, racconta il padre di quei drammatici momenti. “Sono arrivato tardi”, dice ancora straziato dal dolore per la perdita del figlio. Nell’audio si sente il racconto del padre: “Mi sono precipitato subito, appena ho saputo che mio figlio era caduto nel pozzo. Ho tolto come ho potuto le pietre attorno alla buca, che prima erano state usate per coprirla. Ho cercato di prenderlo. Ho sentito mio figlio piangere".

Il piccolo Julen era con i genitori a Totalàn, vicino Malaga, per un picnic, lo scorso 13 gennaio. Quando è caduto in un pozzo largo 25 cm. Il corpo del piccolo è precipitato per circa 71 metri, secondo quanto reso noto dal delegato del governo spagnolo in Andalusia, Alfonso Rodriguez Gomez de Celis: “La posizione del corpo dimostra che la caduta libera di Julen è stata di 71 metri ed è stata fermata da un cumulo di terra. A quella profondità il pozzo era pieno di terra. Anche sopra Julen c’era della terra”.

Per capire quanto è avvenuto quel giorno, quando la famiglia era insieme per il picnic e il piccolo è finito drammaticamente nel pozzo, forniscono un aiuto le parole del padre. Che racconta, sempre in questo stesso audio: “In quel momento stavo facendo la legna, mia moglie era al telefono per avvertire che non sarebbe andata al lavoro. Mi aveva chiesto di controllare Julen, lui si è allontanato, la cugina ha urlato ‘il bambino'. Tutti sono corsi verso di lui, ma era tardi. Io sono arrivato appena dopo la caduta. Ho tolto come ho potuto le pietre attorno, che prima erano state usate per coprire il buco, e ho infilato il braccio fino alla spalla, appoggiando la testa per terra per raggiungerlo… Pensavo fosse più vicino. Ho sentito il pianto di mio figlio”.

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