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Se non ora quando? Il 13 febbraio l’Italia tutta è scesa in piazza

Cosa resta della manifestazione del 13 febbraio? Centinaia di migliaia di donne in piazza e la sensazione di un’Italia che vuole voltare pagina.
A cura di Nadia Vitali
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Un primo risultato, è innegabile, c’è stato. Mariastella Gelmini potrà pure dire che si trattava “di poche radical chic” (i politici hanno questa buffa abitudine di imparare, di tanto in tanto, “nuovi” termini ed allocuzioni per poi ripeterli fino alla nausea), Daniela Santanché ha avvisato le donne che sarebbero state strumentalizzate dalla sinistra; l’onorevole Fabrizio Cicchitto ci ha tenuto a dire che non è la piazza a far dimettere i governi (proprio di questi tempi mai affermazione fu più fuori luogo) mentre il Premier ha parlato di una manifestazione faziosa e vergognosa, nonché di una richiesta, quelle delle dimissioni, irricevibile da una piazza (e dal suo Presidente della Camera, in altra sede).

Eppure, a giudicare dall’adesione, in verità forse inaspettata anche da parte del comitato promotore dell’iniziativa, che ha portato a manifestare centinaia di migliaia di donne e uomini, in 234 piazze italiane, si è tentati di pensare che, per una volta, non ci sia proprio necessità di polemizzare. I numeri e le immagini ci dicono tutto quello che i detrattori di questa intensa manifestazione negano; parla per tutti una Piazza del Popolo gremita ed inaccessibile, la Capitale di un’intera nazione che ha gridato “Se non ora, quando?” . E non c’è bisogno di far presente che Sara Giudice a Milano, Suor Eugenia Bonetti e Giulia Bongiorno a Roma o le Mamme Vulcaniche di Terzigno a Napoli, non rispondono esattamente alla definizione di “radical chic” tanto cara al Ministro dell’Istruzione; né tanto meno sembravano suggerire di aver voglia di farsi strumentalizzare dalle forze politiche dell’opposizione.

In tutta Italia, centinaia di migliaia di sciarpe bianche a testimoniare che chi è andato in piazza non lo ha fatto sotto la propria bandiera politica bensì spinto dalla necessità di affermare, per una volta, la propria distanza dal perenne balletto ammiccante a cui decenni di Mediaset (ma anche di televisione pubblica) ci hanno ormai abituati. Ieri è successo qualcosa, dicessero quel che vogliono, e non solo in Italia: a Londra, Parigi, Barcellona, Praga, Atene, New York e addirittura a Maputo (ma la lista, in verità, sarebbe davvero lunga) si è manifestato; anche la stampa estera ha dato risalto alla notizia, interrogandosi, per l’ennesima volta, su cosa spinga gli italiani a tollerare determinati atteggiamenti da parte di chi li governa.

Ieri donne e uomini sono scesi in piazza per mostrare un malcontento che non è più politico ma sociale, culturale ed umano. Auguriamoci, soltanto, che non finisca qui; che l’ipnosi televisiva, con i suoi lustrini, le sue luci dai toni fiammanti e i suoi falsi dibattiti, non abbia ricominciato a fare il suo lavoro non appena tutti questi uomini e queste donne, sono tornati a casa per la cena.

FOTO: Ludovica Sparavigna     flickr

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