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Un anno da assessore alla Cultura, Smeriglio: “Roma è di chi ci vive, non solo di turisti e pellegrini”

È trascorso un anno da quando Massimiliano Smeriglio è diventato assessore alla Cultura di Roma Capitale, entrato in corsa dopo il mandato di Miguel Gotor. Con Fanpage.it il punto della situazione e le prospettive future: “Dobbiamo far capire alla cittadinanza che le bellezze di Roma sono di tutti e tutte, non soltanto di turisti e pellegrini. Serve un cambio di paradigma: pensare che la cultura a Roma si trovi soltanto in centro è un grande limite”.
Intervista a Massimiliano Smeriglio
Assessore alla Cultura di Roma Capitale.
A cura di Beatrice Tominic
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In questi giorni si chiude il primo anno da assessore alla Cultura di Roma Capitale. Qual è il bilancio dei dodici mesi appena trascorsi?

Sono entrato in corsa e da quel momento ho cercato di accelerare il lavoro di maggior disseminazione sia delle infrastrutture che degli eventi e delle attività culturali in tutta la città, per redistribuzione di opportunità in tutti i quadranti. Non dobbiamo dimenticarci che Roma è una città di turisti e pellegrini, ma soprattutto che deve restare una città di abitanti, cittadini e cittadine.

Come fare in modo che il patrimonio di Roma resti fruibile da tutti e tutte?

Per farlo abbiamo portato i cittadini e le cittadine delle periferie verso il centro storico: Roma è anche la loro città e anche loro devono poter godere delle bellezze della capitale facilmente. Sono state oltre 3mila le persone che hanno raggiunto il centro storico dalle periferie più remote di Roma, a bordo di "Pe-ppe Bus", il bus della cultura che fino a metà ottobre ha fatto arrivare in centro città gli abitanti delle periferie di ogni municipio. Allo stesso tempo abbiamo fatto arrivare il patrimonio artistico e culturale dal centro alle periferie della città con eventi e iniziative e contemporaneamente.

Ad esempio? 

I primi eventi arrivati nelle province riguardano il Capodarte, gli eventi per il Capodanno. Per il primo giorno del 2025 abbiamo organizzato oltre 100 eventi in tutto il territorio della città non soltanto nei quartiere centrali. A San Basilio si è esibito Giancane, a Casal del Marmo Rancore. Non abbiamo dimenticato comunque le zone centrale, al Pincio ad esempio ha cantato Tosca, ma abbiamo fatto in modo di disseminare gli eventi nelle varie zone della città. Nel corso dell'anno, coinvolgendo artisti, attori e registi, abbiamo toccato 80mila presenze in tutta Roma. Carlo Verdone è intervenuto a Tor Bella Monaca, Edoardo Leo a Corviale, Nanni Moretti al Parco degli Acquedotti. E sono soltanto degli esempi.

Eventi che sono stati molto partecipati?

Sì, i numeri lo hanno dimostrato. Per la festa della Resistenza abbiamo organizzato tre giorni di eventi, talk, concerti, reading, teatro, musica a San Lorenzo contando oltre 26mila presenze. Il progetto Opera Camion, che ha portato nelle periferie lo spettacolo Tosca, ha contato circa 25mila spettatori. Molti di loro non avevano mai visto l'opera. E questo è un dato che deve far riflettere. Abbiamo portato musicisti e attori, l'atmosfera su strada si è rivelata vincente. Vuol dire che se si porta la qualità, in questo caso noi ci abbiamo messo il palco, voi portate le sedie o le sdraio.Vederlo fare anche a persone di una certa età è stato quasi commovente. E, soprattutto, è stata la prova che questo meccanismo può funzionare.

Potremmo quasi parafrasare un famoso detto popolare: "Se la cittadinanza non riesce ad avvicinarsi alle iniziative culturali, allora sono loro che raggiungono la cittadinanza".

Il paradigma sicuramente sta cambiando. Oggi occorre lavorare sulle borgate, sui quartieri, senza snaturarne la profonda identità. Dobbiamo rafforzare presidi culturali e territoriali da una parte, senza dimenticare che, dall'altra, chi abita in questa città deve sviluppare anche l'orgoglio e la consapevolezza di appartenere a una storia millenaria. Roma è una città enorme, infinita e faticosa, ma è pure bellissima. E questa bellezza deve alimentare e curare l'anima di tutti i cittadini e le cittadine che ci vivono.

Il lavoro svolto è per accorciare le distanze, quindi.

Esattamente. Vogliamo abbattere le barriere e lavorare sull'accessibilità della città: è un fatto di giustizia sociale, per noi è inevitabile. Vogliamo fare in modo che il quartiere in cui si nasce possa non tracciare il tipo di vita dei cittadini, far deragliare i futuri già scritti e farli diventare altro. Creare nuove connessioni fra le persone e scintille culturali, musicali cinematografiche, teatrali di prosa, di narrativa e poetica. Roma non è soltanto un grande set a favore di telecamera, ma deve accendere qualcosa anche nello sguardo e negli occhi dei cittadini e le cittadine romane.

Nonostante gli obiettivi virtuosi e il lavoro svolto, però, il divario fra le zone di Roma resta schiacciante. Come riporta uno studio svolto dall'Università di Roma Tre in alcuni quartieri scarseggiano biblioteche e spazi culturali.

Non c'è dubbio. Ma dobbiamo guardare in faccia la realtà: Roma è grande 10 volte Parigi, Milano. La superficie è infinita. Inoltre non è una città "programmata", nata sotto l'egida di un piano regolatore, ma piuttosto dentro un'edilizia spontanea. Non possiamo fare altro che continuare a lavorare per ampliare la presenza di spazi culturali in questo senso, come aule studio, centri culturali e biblioteche.

Ad esempio?

Questo purtroppo non è un lavoro che si esaurisce in 12 mesi. Ci stiamo impegnando per aprire o riaprire nuovi presidi culturali, come il Museo delle Periferie a Tor Bella Monaca, ad esempio. In questo ambito sicuramente ci hanno dato un forte aiuto il PNRR e l'Europa che di fronte alla crisi pandemica ha deciso di investire in cultura, servizi sociali, sostenibilità ambientale. Io ero lì (dal 2019 al 2024 Smeriglio è stato coordinatore della Commissione per la cultura e l'istruzione del Parlamento Europeo, ndr).

Di recente, poi, è stata presentata la nuova biblioteca al Porto di Ostia. Proprio all'Idroscalo, fra l'altro, abbiamo organizzato il Festival delle Letterature con Nicola La Gioia che ha toccato diversi punti della città: da Monte Ciocci al Laurentino 38 e anche al Palatino, dove si è sempre svolto gli anni scorsi. Lo sappiamo che è il luogo più bello del mondo, ma è giusto che tutta la città possa godere di momenti di qualità come questo. Sempre a Ostia, infine, si è tenuto Città Studio, una giornata con 50 appuntamenti legati a tutte le discipline universitarie.

A proposito di spazi per la cultura a Roma, grandi assenti finora sono stati i teatri e i cinema.

Sicuramente ci stiamo adoperando per sviluppare la presenza dei teatri di cintura, dal Teatro del Lido di Ostia a quello di Tor Bella Monaca, dal Quarticciolo a Villa Pamphilj. Stiamo lavorando anche per riattivare quello dedicato a Elsa Morante al Laurantino 38, senza ovviamente tralasciare quelli del centro. Per noi hanno lo stesso valore, che siano in centro o periferia: in entrambi i casi sono beni preziosi. Stiamo lavorando pancia a terra anche per riaprire il Teatro Valle, dopo gli anni di occupazione.

Per quanto riguarda i cinema, invece? Sicuramente negli ultimi anni non c'è stata una forte collaborazione da parte della Regione Lazio. Basti pensare al Metropolitan, esempio di come cinema storici corrano il rischio di diventare centri commerciali che ben si allontanano dal ruolo culturale per cui sono nati.

Sui cinema la situazione è più complessa a mio avviso. Per quanto ci riguarda, rimetteremo presto a bando i quattro cinema pubblici attualmente chiusi: il Rialto, l'Apollo, l'Airone e lo Stardust. Ci sono progetti sul Fiamma e sul Cinema Europa. Ma serve una legge nazionale, su modello francese che possa intervenire almeno su tre aspetti. Il primo è la distribuzione perché fin quando i film che escono in sala escono contestualmente o a volte persino prima sulle piattaforme, il cinema non ha chance.

Il secondo aspetto riguarda la capacità di trovare la modalità giusta per finanziare i progetti e l'industria cinematografica: tenere tutto fermo dentro una discussione infinita, non è una buona idea perché rischiamo di mandare in crisi del tutto il sistema. Il terzo è scavare sull'idea dei luoghi ibridi.

In che modo?

Per noi i cosiddetti "terzi luoghi" devono avere un vincolo di attività di carattere culturale. Devono restare prevalentemente sale cinematografiche. Poi possiamo aggiungere anche altri spazi o attività commerciali come una libreria, una biblioteca, un piccolo bistrot, una sala studio, una sala prove. Se qualcuno pensa che i terzi luoghi siano una specie di supermercati mascherati da sale cinematografiche si sbaglia. Il nostro scopo è quello di salvare e sostenere il settore, tenendo conto che oltre al punto di vista culture è anche una grande industria con centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Quali sono le prospettive per il futuro?

Continueremo a lavorare come abbiamo fatto finora. Non possiamo agire in maniera estemporanea, occorre farlo in una dimensione robusta per rendere il sistema sempre più solido. E lo facciamo proprio creando nuovi luoghi della cultura, facendo nascere musei anche in periferia, non solo in centro. Questo è il limite del sistema romano.

Come superarlo?

Sicuramente continuando a portare la proposta culturale in giro per tutta la città, ma ingaggiando e responsabilizzando anche la cittadinanza attiva a farsi un po' carico, a prendersi cura. Occorre creare un rapporto con la comunità dei residenti, continuando ad operarci in questa direzione, senza fermarci. E noi questo stiamo facendo: abbiamo diversi progetti. Faremo tornare la cultura nelle mani dei romani e delle romane.

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