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Stupro all’Umberto I: “Qualcuno ha messo le telecamere negli spogliatoi delle studentesse”

Le colleghe di Giulia (nome di fantasia ndr.), la tirocinante violentata durante il turno di notte al Policlinico Umberto I, raccontano di aver subito molestie e vessazioni durante il percorso universitario.
A cura di Simona Berterame
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Lo stupro di una tirocinante di 20 anni, avvenuto all'interno di uno sgabuzzino dell'ospedale Umberto I di Roma, non sarebbe un caso isolato. Le studentesse prendono coraggio e oggi raccontano numerosi episodi di molestie e abusi nei loro confronti. "Non ci sentiamo al sicuro qui, quello che è successo a Giulia (nome di fantasia ndr.) poteva capitare ad ognuna di noi".

"Abbiamo paura del turno di notte"

Il vaso di Pandora si è scoperchiato e diverse colleghe ammettono di avere spesso paura di affrontare il turno di notte. Giulia ha infatti denunciato di essere stata violentata, dal suo tutor di 55 anni (denunciato e sospeso dal servizio), proprio durante il suo turno di notte nel reparto di Urologia. "Le studentesse sono state vittime di un sistema vessatorio e molesto che veniva esercitato nel silenzio di tutti" spiega l'avvocata Carla Corsetti che difende la tirocinante.

Il racconto più agghiacciante risale a pochi giorni prima della violenza sessuale denunciata da Giulia; alcune studentesse avrebbero notato la presenza di alcune telecamere all'interno dei loro spogliatoi. "Non sappiamo se qualcuno ha utilizzato i video per venderli o diffonderli in rete".

L'infermiere potrebbe aver già molestato in passato

"Il pubblico ministero è ancora nella fase di indagine, ci sono dei ritardi presumo legati alle feste – continua Corsetti – Credo che passi avanti ci saranno la prossima settimana. So che stanno verificando se ci siano stati altri casi di abusi in passato (da parte dell'infermiere denunciato, ndr). La polizia ha parlato di recidiva, ma non ho ancora la copia degli atti quindi non possiamo dirlo con certezza. Se fosse vero vuol dire che c'è stato già un precedente penale, e sono state già fatte denunce in passato. Se si tratta di atti non formalizzati, non denunciati, sono emersi da colleghe che hanno riferito di atteggiamenti pesantemente molesti all'interno della struttura. Aspettiamo comunque l'esito delle indagini".

Il ritorno in aula

Mentre si attendono i risultati della scientifica dell'esame del Dna sugli oggetti sequestrati nello sgabuzzino, Giulia è tornata tra i banchi dell'università. "Voglio riprendermi la mia vita – spiega a chi le chiede con quale forza sia riuscita a tornare – non mi lascerò distruggere da una bestia, non è facile ma devo riuscire ad andare avanti a testa alta".

Un ruolo importante in questa vicenda l'ha svolto anche il centro antiviolenza cui si è rivolta Giulia, spiega Corsetti, e i colleghi e le colleghe della giovane, che non l'hanno mai lasciata sola. Il primo a soccorrerla, infatti, è stato un ragazzo che lavora in un altro reparto. "Il corpo delle donne è un corpo politico, di conquista – conclude l'avvocata – e in questo caso non si lasciano annientare dal dominio esercitato con violenza. È un messaggio rivolto a tutte le altre ragazze: denunciate, questi non sono atti sessuali, ma di violenza e annientamento del corpo delle donne. Questa giovane, con il suo comportamento, sta trasmettendo questo: non lasciate che la vostra vita sia distrutta da una bestia".

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