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Paolo mandato via dal pronto soccorso: “Ho chiesto un’ambulanza, mi hanno risposto non siamo un taxi”

Paolo è andato al pronto soccorso perché stava male, non riusciva a respirare a causa di una polmonite. Dopo ore senza una visita lo hanno mandato via. “Ho chiesto di poter essere portato da un’ambulanza e mi hanno risposto ‘noi non siamo mica un taxi'”.
A cura di Simona Berterame
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"Stanotte ho dormito su una sedia. La colazione non bastava per tutti, c'era una fetta biscottata a testa". Paolo parla ancora a fatica mentre racconta le ore passate tra un pronto soccorso e l'altro di Roma alla ricerca disperata di cure. Lunedì inizia ad avere una tosse fortissima, delle fitte al petto e difficoltà a respirare. La diagnosi arriverà il giorno dopo: polmonite. Paolo peggiora e la sera decide di recarsi al pronto soccorso dell'ospedale Sant'Eugenio. Passano le ore e nessuno lo visita. "Torni domani mattina o vada in un altro ospedale" gli suggeriscono all'accettazione quando sono ormai le 4 di mattina. "Respiravo a fatica – racconta Paolo – ho chiesto di poter essere portato da un'ambulanza e mi hanno risposto noi non siamo mica un taxi". L'uomo si rimette in macchina nonostante la polmonite in atto riesce a raggiungere il pronto soccorso del Policlinico Umberto I.

Il racconto

Paolo raccoglie il suo sfogo in diversi lunghi post pubblicati su Facebook, dove racconta per filo e per segno le ore appena trascorse: "Dopo l'ennesima attesa vengo finalmente visitato e mi fanno una flebo di antibiotici. Mentre stavo terminando il secondo flacone di medicinale, mi infilano in un'ambulanza per spostarmi in un'altra zona del pronto soccorso. Dopo poco sento un dolore lancinante al braccio. Il trasbordo da un reparto a un'altro ha causato uno spostamento dell'ago nella vena causando un'infiammazione sulla parete venosa". Ma non è finita qui: "Un medico mi si avvicina per dirmi che non ritrovano più la mia cartella e che molto probabilmente è rimasta sull'ambulanza che mi ha portato qui. Comunque ora c'è il cambio turno, tra un'oretta ci penserò un collega". Paolo ieri è stato dimesso, continuerà a casa la cura antibiotica che gli è stata prescritta. Ma gli resta un profondo senso di amarezza per l'esperienza vissuta: "Uno schifo che non auguro a nessuno di vivere sulla propria pelle" conclude sui social.

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