Orlandi, il fratello Pietro: “Indizi fanno pensare a Emanuela, ma ogni volta che trovano ossa pensano a lei”

"Ogni volta che a Roma vengono ritrovate delle ossa, si pensa che siano necessariamente di Emanuela". È la considerazione di Pietro Orlandi, il fratello della quindicenne scomparsa nella capitale il 22 giugno 1983 a seguito del ritrovamento di resti umani nel padiglione Monaldi dell'ospedale San Camillo di Roma. In molti e molte, ancora una volta, si sono chiesti se quelle ossa possano appartenere o meno a Emanuela Orlandi.
"Io personalmente non credo e sinceramente spero che non lo siano. Ma capisco che che ci sono degli indizi che possano far pensare ad un legame con Emanuela", spiega a Fanpage.it.

Gli indizi e i collegamenti fra le ossa al San Camillo e Emanuela Orlandi: il covo e la Banda della Magliana
Secondo alcuni, però, il ritrovamento effettuato all'ospedale San Camillo avrebbe più collegamenti con Emanuela Orlandi rispetto ai precedenti, l'ultimo lo scorso marzo a Castel Sant'Angelo dove i resti, una volta esaminati, si sono rivelati di animali.
"Fra gli elementi che possono far pensare a un legame con Emanuela c'è il fatto che vicino a dove sono stati rinvenuti i resti si trova il presunto covo dove sarebbe stata tenuta Emanuela secondo Sabrina Minardi ", ricorda facendo riferimento a quell'appartamento con i grandi sotterranei al civico 13 di via Antonio Pignatelli, a dieci minuti a piedi dal luogo del ritrovamento.

"Ma ci sarebbe, secondo me, poca logica nel tenere un ostaggio in una casa, ucciderlo e andarlo a nascondere in un vano sotto l’ascensore di un ospedale. Perché? Quale sarebbe il motivo di un’azione del genere?", si chiede.
Il San Camillo e la Banda della Magliana: "Solo suggestioni"
"Capisco anche il legame che ci sarebbe con la Banda della Magliana – continua ancora Pietro, visto che secondo quanto dichiarato da Sabrina Minardi a rapire Emanuela sarebbe stato proprio il boss Enrico De Pedis – Nei sotterranei del San Camillo, almeno secondo quanto emerso dalle dichiarazioni di persone vicine al gruppo criminale, la banda ci teneva le armi. Ma anche in questo caso non mi sembra ci sia una logica in questa ipotesi".

Degli elementi che, secondo l'avvocata che assiste la famiglia Orlandi, Laura Sgrò, servirebbero soltanto a fornire delle suggestioni fino all'arrivo di dati scientifici certi. "Dovranno essere svolte delle analisi, un bravo clinico forense dovrà stabilire a quando risalgono e se appartenessero a persone adulte, a donne o a uomini – ha spiegato l'avvocata a Fanpage.it – Se il profilo della persona a cui appartenevano le ossa combaciasse con quello di una ragazza giovane, come potrebbe essere nel caso di Emanuela, saremo disponibili a fare la comparazione. Fino a quel momento non c'è niente di certo".

Caso Orlandi, test del Dna per fare chiarezza
Nel frattempo, nella giornata di ieri, è stata avanzata l'ipotesi di poter confrontare i resti umani rinvenuti al San Camillo con il Dna di Emanuela Orlandi. "Se la Procura volesse approfondire, per togliere il dubbio, ha a disposizione i nostri Dna", ribadisce Pietro Orlandi.
Fino a quando non ci saranno dati certi, però, queste restano soltanto delle congetture. Secondo quanto appreso da Fanpage.it, sarebbe da escludere che si tratti di Emanuela Orlandi poiché, a una prima deduzione durante il sopralluogo, sembra che le ossa siano state classificate come più recenti e che non risalgano a oltre sette o otto anni fa.
A chi possono appartenere le ossa se non a Emanuela Orlandi
Escludendo Emanuela Orlandi, il mistero resta aperto: a chi appartengono le ossa ritrovate al San Camillo?
"Credo comunque sia importante capire l’età delle ossa perché se recenti sarebbe molto grave e sarebbe necessario capire chi è perché. Consideriamo anche che Emanuela non è l’unica persona scomparsa, quelle ossa potrebbero appartenere a una delle centinaia di persone scomparse", sottolinea Pietro Orlandi.
"Quante volte ho detto che sarebbe necessario creare un organismo dello Stato dedicato alle persone scomparse cominciando ad avere a disposizione il Dna di tutti i familiari perché se i resti rinvenuti fossero di una persona dichiarata scomparsa da anni si potrebbe risalire in poco tempo ai familiari – continua – E, allargando il discorso, sarebbe necessario estrarre il Dna da tutti i cadaveri ignoti conservati nelle celle frigorifere. Tenerli nelle celle è un costo enorme per il Comune. Chissà quanti di loro sono persone che i familiari stanno cercando da tempo. Ne parlai a suo tempo anche con il Campidoglio, c'era ancora Virginia Raggi sindaca, ma dopo quell'incontro non credo siano stati fatti passi avanti in quella direzione". Come Pietro Orlandi, i familiari di molte altre persone scomparse stanno ancora aspettando di poter scrivere la parola fine nella storia della scomparsa di chi amavano.