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Muore dopo liposuzione, un’altra paziente di Lizarraga: “Stavo per morire anche io, non voleva portarmi in ospedale”

Un’altra paziente del dottor Lizarraga racconta la sua esperienza shock dopo la morte della 46enne per una liposuzione. “Stavo per morire, non voleva portarmi in ospedale. Mi ha tenuta quattro giorni a casa sua”.
A cura di Alessia Rabbai
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Il dottor Lizzarraga
Il dottor Lizzarraga

"Non voleva portarmi in ospedale nonostante avessi un'emorragia e una setticemia acuta. Sono viva per miracolo". Sono le parole di una paziente di Josè Lizàrraga Picciotti, indagato per omicidio colposo insieme ad un anestesista e un'infermiera per la morte di una quarantaseienne dopo una liposuzione. Un intervento che si è svolto nel pomeriggio di domenica scorsa 8 giugno nel suo studio di medicina estetica in zona Primavalle a Roma.

"Con emorragia e setticemia, non voleva portarmi in ospedale"

L'altra paziente del dottor Lizarraga ha detto di aver pianto quando ha saputo la tragica notizia della donna morta dopo una corsa con un'ambulanza privata al Policlinico Umberto I. Nel 2006 si è sottoposta a liposuzione in uno studio diverso ma con lo stesso chirurgo del quale ha un ricordo traumatico.

Dopo la liposuzione spiega l'altra donna "avevo un’emorragia e una setticemia acuta. Lizàrraga non voleva portarmi in ospedale. Temeva le conseguenze. I medici mi hanno preso per i capelli". Un intervento di chirurgia estetica che stava per costarle la vita.

"Dopo la liposuzione stavo per morire anche io"

"L’intervento è durato un’ora. Avrei dovuto andarmene, ma avevo la febbre a 41, usciva liquido e sangue dalle ferite – racconta la donna alla Repubblica – Lizarraga mi ha fatto restare in studio una notte, ma le mie condizioni di salute sono peggiorate con vomito e febbre altissima. Ero in stato di semincoscienza e non capivo. Mi ha portato prima in un istituto di suore, dove ho passato la notte, perché lo studio doveva essere liberato e poi a casa sua, dove mi ha tenuta quattro giorni.

Sentivo che parlava con sua moglie, aveva paura che morissi. Alla fine mi ha portata in ospedale al San Filippo Neri. I carabinieri del Nas hanno scoperto che, nell’équipe che mi aveva operato, c’era anche suo cognato, presentato come infermiere. Ma non lo era". Una brutta esperienza che è finita in tribunale, ma la donna nonostante la condanna del medico con quattro mesi prescritti in Appello, non ha ricevuto alcun risarcimento.

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