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Morto Flavio Carboni, uno degli uomini al centro dei grandi misteri italiani

Flavio Carboni, morto oggi all’età di 90 anni per un infarto, è stato al centro di alcuni dei più grandi misteri italiani: dal crack del Banco Ambrosiano alla morte di Calvi, dalla sparizione di Emanuela Orlandi al caso P3.
A cura di Enrico Tata
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Dalla condanna per la vicenda del fallimento del Banco Ambrosiano alle accuse, tutte concluse con assoluzione o prescrizione, di essere implicato nell'omicidio di Roberto Calvi e nel caso P3 sugli appalti dell'eolico in Sardegna. Flavio Carboni, morto oggi all'età di 90 anni per un infarto, è stato al centro di alcuni dei più grandi misteri italiani. Il suo nome è finito nell'inchiesta sulla morte di Roberto Calvi, il patron del Banco Ambrosiano. Carboni, legato a Licio Gelli e alla Banda della Magliana, strinse rapporti con Calvi e fu poi accusato di essere il mandante (assolto) del tentato omicidio di Roberto Rosone, vicepresidente del Banco Ambrosiano. Nel 1997 i magistrati della procura di Roma fecero il suo nome insieme a quello del boss Pippo Calò in relazione all'omicidio di Calvi. Dopo la morte di quest'ultimo, Carboni è stato anche accusato di aver ricettato la borsa con i documenti della vittima, che avrebbe venduto a un alto prelato dell'Istituto per le Opere di Religione.

Carboni e i grandi misteri italiani

Il nome di Carboni compare anche nell'ambito del sequestro di Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse: il faccendiere avrebbe offerto l'aiuto della mafia per la liberazione ad alcuni esponenti della Democrazia Cristiana. Carboni fu inoltre ascoltato come testimone durante le indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi soprattutto per i rapporti con alcuni esponenti del Vaticano e con soggetti legati alla Banda della Magliana, rapporti che Carboni ha sempre negato. Alcuni lo hanno accusato anche di appartenere alla loggia P2: "Non ho mai conosciuto Gelli, non ho mai fatto parte della P2. Non ho mai fatto parte della massoneria in generale. Che poi abbia conosciuto tanti personaggi di primissimo piano – come tutti a quell'epoca del resto – che potessero avere simpatie o aderire a logge è un'altra storia", si  è sempre difeso.

Il suo legale, l'avvocato Renato Borzone, racconta all'agenzia Agi: "Flavio Carboni ha speso tutta la sua vita a difendersi da accuse grottesche che non hanno mai condotto a nessuna condanna definitiva, tranne quella per la bancarotta del vecchio Banco Ambrosiano. Tra le accuse più grottesche  c'è il processo concluso con un'assoluzione sul cosiddetto ‘omicidio di Roberto Calvi' e, da ultimo, il surreale processo P3, concluso con un nulla di fatto (per prescrizione)". Carboni, ha aggiunto ancora l'avvocato, "dal punto di vista squisitamente umano era di una simpatia unica, capace di slanci di grande generosita' e di iniziative fuori dal comune, come quando, ad esempio, si costituì spontaneamente per il processo sulla morte di Calvi in una caserma dei carabinieri, circondata da personale della Dia che intendeva ugualmente procedere all'arresto benché lui si fosse già presentato".

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