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Il profilo criminale di Giandavide De Pau è quello di un serial killer di prostitute

Giandavide De Pau ha ucciso le tre donne in quanto prostitute. Con De Pau l’Italia ha riscoperto la figura del serial killer che negli anni ’90 era pop ed abusata, soprattutto oltre oceano.
A cura di Anna Vagli
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Giandavide De Pau
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Siamo abituati a chiamarli mostri perché li crediamo lontani e ai margini dell’esistenza. O forse perché vogliamo sentirci diversi da simili soggetti. Ma se la loro mostruosità fosse reale, non sarebbero seriali. Giandavide De Pau, il serial killer di Roma, è cittadino italiano ed ha cinquantuno anni. Un passato fatto di precedenti legati alla camorra, al boss Michele Senese e alla Mafia Capitale di Massimo Carminati. Trascorsi per droga e rapina, una tentata violenza sessuale su una escort e torbide esperienze di falsi certificati psichiatrici per i capi della mala capitolina. Un uomo in piena escalation psicopatologica, in grado di tenere sotto scacco gli investigatori per giorni, nonostante la sua completa disorganizzazione e i presunti ricoveri in strutture di salute mentale. Un soggetto pericoloso, con spiccati tratti sadici e che, se non braccato, avrebbe potuto uccidere ancora. Il nostro Paese ha con De Pau riscoperto la figura del serial killer che negli anni ’90 era pop ed abusata, soprattutto oltre oceano.

Il profilo di Giandavide De Pau

Giandavide De Pau, come preventivato, è stato incastrato dalla sua stessa disorganizzazione. Cadaveri lasciati sulla scena, imbrattamento ematico, tracce ed immagini riprese dalle telecamere. Unitamente al suo profilo, certo, già schedato e noto tra chi indaga.

L’ex factotum del boss Senese ha ucciso le donne in quanto prostitute, vittime ideali rispondenti ad una categoria che, nella sua versione distorta, doveva essere sterminato, sradicato dalla società. De Pau è entrato lo scorso giovedì in una compulsione irrefrenabile, nella quale ha sperimentato piacere sessuale solamente perché connesso alla morte delle sue prede.

Proprio seguendo le sue stesse fantasie erotiche, che non hanno innescato il crimine ma ne hanno rappresentato un semplice surrogato, ha colpito donne che in genere è facile uccidere. Un assassino seriale guidato non soltanto dalla necessità impellente di uccidere più persone, ma da una pregnante motivazione per farlo: eliminare una categoria di donne che a suo avviso non meritano di vivere in questo mondo. Ma c’è un dettaglio ancor più agghiacciante. L’uomo, tornato nell’abitazione della madre e della sorella, si sarebbe concesso un pisolino con addosso ancora gli abiti intrisi di sangue. Un dato che avvalora la motivazione sottesa agli omicidi, che è tipica di questa tipologia di serial killer disorganizzati: la “correttezza” del suo agire è rafforzata dal suo sistema di valori. Una missione, quella di uccidere le prostitute, ordinata dal proprio giudizio morale, in base a ciò che lui pensa sia giusto o sbagliato.

Le vittime del killer

Stando alle prime indiscrezioni, l’ex autista di Senese avrebbe negato la sua responsabilità relativamente all’omicidio della escort colombiana. Un tentativo per far credere agli inquirenti di aver rimosso quanto commesso? In attesa dei primi parziali dell’autopsia, che faranno luce in merito, il modus operandi riscontrato sulla scena del crimine appare però decisamente lo stesso.

Le vittime entrate a far parte del progetto di morte di De Pau rientrano in un novero preciso: tutte e tre erano prostitute, tutte e tre erano straniere e tutte e tre erano donne. Sono state uccise tutte nel luogo nel quale lavoravano e con un’arma bianca, uno stiletto o un coltello. L’arma del delitto, inoltre, è risultata assente da entrambe le scene del crimine. L’assassino l’ha portata con sé, o da killer disorganizzato l’ha reperita sul posto come da manuale?

Le scene del crimine

Chi fa profiling conosce l’importanza di considerare ogni scena del crimine come un’aula di scuola dove il soggetto sconosciuto lascia sempre qualcosa di sé. Nel duplice omicidio delle prostitute cinesi, la scena del crimine appare decisamente più disorganizzata rispetto alla prima. Difatti, sui cadaveri rinvenuti in via Riboty sono state evidenziate ferite alla gola e alla schiena non presenti nell'omicidio della escort colombiana. Una circostanza che avvalora l'escalation di concitazione del killer in quella giornata. Un vero e proprio caso di quello che in gergo tecnico si definisce overkilling. De Pau, quindi, avrebbe infierito sulle vittime con un numero di ferite superflue e non necessarie per la consumazione degli omicidi. Ma non solo. All’avviso di chi scrive, la seconda vittima cinese potrebbe essere stata una preda collaterale. Forse uccisa perché intervenuta in soccorso della collega aggredita.

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