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Il Lazio investe sui tamponi e sul contact tracing: una strategia che da sola però non basta

Sono 300mila i tamponi effettuati finora nel Lazio. Con l’aumento dei contagi, in molte regioni il contact tracing è saltato, tracciare i contatti dei positivi è diventato impossibile. Nel Lazio, invece, si continua a farlo, non senza uno sforzo considerevole. Ma con il progressivo aumento dei casi di coronavirus, questa strategia non è sufficiente.
A cura di Natascia Grbic
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"La Regione Lazio, secondo i dati della Protezione Civile di ottobre, risulta essere la prima Regione Italiana per casi testati ogni 100 mila abitanti. La media nazionale è di 2.497 casi testati per 100 mila abitanti mentre quella della Regione Lazio è di 4.045 casi". Il Lazio investe sui tamponi, confermandosi una delle Regione con il più alto numero di test ed esami giornalieri. Dai 10mila di qualche settimana fa si è passato agli oltre 20mila degli ultimi giorni, con un rapporto tra tamponi e positivi del 5,9%. Un numero che al momento non desta particolare preoccupazione, ma che non è ovviamente sufficiente per stare tranquilli: il Lazio, infatti, è la quinta regione in Italia per numero di contagi.

In molte regioni il contact tracing è ormai saltato. Dato l'aumento di casi giornalieri di coronavirus (solo ieri ne sono stati registrati 15.199), diventa infatti impossibile tracciare le catene di trasmissione di tutti i positivi. "Se la App Immuni funzionasse a perfezione e venisse scaricata dal 90% degli italiani, oggi con 10-12.000 casi dovrebbe mandare 150.000-200.000 messaggi al giorno e non c'è sistema che è in grado di gestire questo", ha dichiarato Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia dell'Università di Padova. "Tra 1.500 e 2.000 casi al giorno già non siamo più in grado di fare il tracciamento. Saltata la soglia non funziona più niente. La Lombardia ha avuto l'onestà di dirlo".

Nel Lazio le autorità sanitarie stanno investendo sui tamponi, per isolare chi ha hanno avuto contatti con chi risulta positivo e metterle in isolamento."In questi mesi — ha comunicato ieri il presidente della Regione Lazio Nicola Zingarettiil nostro lavoro è stato costante. Solo a ottobre sono stati effettuati 300 mila tamponi e siamo la prima regione in Italia per numero di casi testati. Per incrementare l’attività di screening, individueremo strutture private in grado di eseguire almeno 5mila tamponi al giorno".

Uno sforzo considerevole, una strategia messa in campo con determinazione da parte della Regione Lazio che per ora ha avuto forse l'effetto di contenere il numero di contagi non facendoli esplodere con i numeri di altre grandi città come Napoli e Milano, che però con il progredire dei numeri sarà insufficiente da sola. Lo spiega oggi con chiarezza Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe: "Il dato più allarmante è la brusca impennata del rapporto positivi/casi testati dal 7% al 10,9% – commenta – che certifica il fallimento del sistema di testing & tracing per arginare la diffusione dei contagi".

L'obiettivo primario, quindi, deve essere quindi quello di evitare il sovraccarico di ospedali e terapie intensive. "L'avvicendarsi di Dpcm a scadenza settimanale e la parallela introduzione di ulteriori misure in alcune Regioni, dal coprifuoco alla chiusura dei centri commerciali nel weekend, dimostrano tuttavia che la politica non ha una vera strategia per contenere la seconda ondata", afferma Cartabellotta. "Se, come riferito dal premier Conte in Parlamento, l'obiettivo è quello di tutelare sia la salute che l'economia, Governo, Regioni ed enti locali devono prendere atto che il virus corre sempre più veloce delle loro decisioni. Non si può continuare a inseguirlo basandosi sui numeri del giorno che riflettono i contagi di 15 giorni prima, ma occorre guardare alla proiezioni delle curve a 2 settimane per decidere immediatamente lockdown mirati, eventuali zone rosse e misure restrittive molto più rigorose".

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