Crollo della Torre dei Conti, il ristoratore: “Chiusi come in pandemia, rischiamo il fallimento”

Dal 4 novembre le serrande accanto alla Torre dei Conti sono abbassate. I lavoratori senza stipendio né tempi certi sulla riapertura sono preoccupati.
A cura di Gabriel Bernard
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La Torre dei Conti e il ristoratore intervistato
La Torre dei Conti e il ristoratore intervistato

"È come ritrovarsi di nuovo in pandemia. Chiusi, senza prospettive per il futuro. I dipendenti a casa e il rischio del fallimento". Alessio Sasso gestisce da sempre il ristorante "Massenzio ai Fori" a largo Corrado Ricci, punto di riferimento per i turisti nella Capitale. Ma dal 3 novembre scorso, giorno in cui è crollata una parte della Torre dei Conti e l’operaio Octav Stroici ha perso la vita, le serrande sono abbassate. Sasso, intervistato da Fanpage.it, non nasconde la sua preoccupazione: "Fatico a vedere un futuro".

I carabinieri hanno sequestrato l’area e voi siete in zona rossa. Come riuscite a lavorare?

Non ci riusciamo. Da un giorno all’altro siamo passati da un fatturato di due milioni di euro l’anno a zero. La nostra attività si snoda su più civici: una metà è stata chiusa e l’altra di certo non posso tenerla aperta.

E i dipendenti?

Ne ho trenta e li ho dovuti lasciare tutti a casa. Abbiamo posto la questione in un tavolo tecnico in Regione per chiedere che venga attivata la cassa integrazione straordinaria.

Vi risolverà i problemi?

Assolutamente no. È un palliativo. C’è il rischio che chi lavora per me se ne vada e io non voglio disperdere nessuno, perché in anni abbiamo costruito un gruppo di professionisti. Per non parlare di tutte le altre spese che devo sostenere.

Quali?

Il canone per l’occupazione del suolo pubblico, le imposte comunali, la Tari, le utenze. Andrebbero tutti congelati. Per non parlare dei contratti con i fornitori…La situazione è emergenziale, andrebbe gestita come in pandemia.

Davanti a voi le serrande dei locali sono aperte. Perché?

Tecnicamente è stato creato un passaggio nella piazza. Chi, come noi, è vicino alla torre è in zona rossa, gli altri in zona arancione. Ma pure loro hanno grossi disagi che aumenteranno con i prossimi cantieri. C’è il rischio che si crei una situazione di carenza igienica ed estetica. Spero che non succeda, perché sennò significherebbe distruggere le aziende, raderle proprio al suolo. E qui tutti noi abbiamo investito centinaia di migliaia di euro, abbiamo fatto sforzi e sacrifici. Una cosa così non ce la meritiamo.

 Vi sono state date delle tempistiche per la riapertura?

È una situazione in evoluzione, si prospettano tempi molto lunghi. Siamo molto preoccupati, perché ci hanno chiuso a novembre e il rischio e di riaprire tra un anno. La Sovrintendenza sta vagliando possibili soluzioni, ma al momento tutto è fermo per le indagini.

La Torre rischia di crollare, è una questione di sicurezza.

Lo sappiamo bene e non vogliamo fare le vittime. È stata una tragedia ed è anche morto un operaio, ma così si rischia pure di creare dei danni irreversibili al tessuto sociale, commerciale ed economico. È una situazione veramente complicata. E vorrei aggiungere un aspetto.

Mi dica.

La piazza era coinvolta in un piano di riqualificazione con i fondi del PNRR. Io lo so già come finirà: la grande paura è che si metterà in sicurezza la zona e poi dovremmo riaprire menomati, con impalcature, transenne e altre protezioni.

Temete una nuova chiusura?

Sì, per completare i progetti finanziati con i fondi europei. Per questo abbiamo chiesto che quest’enorme tragedia consenta comunque di lavorare in continuità e portare avanti in parallelo la riqualificazione.

Un rinnovamento è necessario?

Direi di sì. Lo aspettiamo da vent’anni, prima di tutto bisogna gestire l’emergenza senza indugio.

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