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Contattavano clienti della banca fingendosi dipendenti, ma gli rubavano i risparmi: 3 arresti

Sono almeno quaranta le persone truffate con questo metodo, oltre un milione di euro i soldi rubati a ignari clienti. Ecco come si fingevano dipendenti della banca e rubavano i pin delle vittime.
A cura di Natascia Grbic
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Tre persone sono state arrestate e portate in carcere perché accusate di truffe bancarie ai danni di ignare persone che hanno perso così migliaia di euro. Si tratta di uomini che si fingevano dipendenti di un noto istituto bancario. La tattica era sempre la stessa: dicevano alle vittime che c'erano problemi con l'invio del nuovo bancomat e si facevano dare il pin e i codici in modo da ‘risolvere l'inconveniente'. Entravano invece così in possesso di tutti i dati dei clienti, a cui venivano sottratti migliaia e migliaia di euro: gli agenti che indagano sul caso, credono che i soldi rubati siano più di un milione di euro. Decine le persone truffate, circa quaranta, che hanno sporto denuncia alle forze dell'ordine. Sono almeno quattro le persone che facevano parte della banda: uno di loro è stato fermato con 300 buste della stessa banca interessata dalle indagini, le aveva nascoste nel cofano motore.

Le indagini sono state portate avanti dalla squadra investigativa del commissariato Appio Nuovo, diretto da Pamela De Giorgi, mentre gli arresti sono stati condotti con l'ausilio della Squadra mobile di Caserta e del commissariato di Aversa. Le tre persone finite in manette sono accusate di truffa aggravata in concorso, frode informatica, ricettazione, sostituzione di persona, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento sottratte dal circuito postale. Le indagini sono partite a luglio del 2020, quando un'anziana residente a Roma è andata al commissariato Appio Nuovo per denunciare tutta una serie di prelievi sul suo conto che però non erano stati fatti da lei. In tutto le avevano rubato 12mila euro.

Gli episodi denunciati sono tutti simili, e non si è trattato di un caso isolato. Per cause che sono ancora in corso di accertamento, i truffatori riuscivano a entrare in possesso delle lettere che contenevano le nuove tessere bancomat o le carte di credito, che l'istituto bancario inviata ai clienti. Per quello sapevano chi erano i destinatari e avevano alcuni loro dati. Non riuscivano però a entrare in possesso del pin, che invece viene mandato in lettere separate. Quando telefonavano, chiedevano alle persone di dirglielo a voce: se queste non lo facevano, ma digitavano senza parlare, riuscivano comunque a carpire i numeri perché avevano installato un D.T.M.F. – “dual tone multi-frequency “ – ovvero un sistema di codifica, usato in telefonia per decriptare codici numerici sotto forma di segnali sonori in banda audio. Secondo le prime informazioni, le lettere venivano rubate nei compartimenti postali di Padova, ma risultano degli ammanchi simili anche da Bologna e Peschiera Borromeo.

Una volta preso il pin, per entrare in possesso dei soldi avevano un sistema molto articolato per non farsi scoprire: facevano bonifici a conti correnti meno nutriti, sempre appartenenti alla stessa banca, poi prelevano le somme versate, che ammontavano a migliaia di euro. Tutte le operazioni venivano compiute con cellulari e vecchi dispositivi elettronici, con all'interno sim acquistate con documenti falsi.

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