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Il massacro del Circeo

Chi era Donatella Colasanti, vittima del massacro del Circeo: la sua lotta per avere giustizia

Sopravvissuta al Massacro del Circeo fingendosi morta, Donatella Colasanti all’epoca aveva solo 17 anni. Cambierà la storia d’Italia testimoniando contro i suoi tre aguzzini, giovani di buona famiglia, fascisti e violenti, che la torturarono e stuprano per 35 ore: Angelo Izzo, Andrea Ghira e Gianni Guido.
A cura di Redazione Roma
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Donatella Colasanti è una delle due vittime del Massacro del Circeo, l'unica sopravvissuta, la sua amica Rosaria Lopez verrà uccisa. Si tratta di uno dei fatti di cronaca nera che ha più colpito l'immaginario collettivo del nostro paese, che si consuma tra il 29 e il 30 settembre 1975. La giovane, all'epoca aveva 17 anni, dopo essere stata violentata e torturata per un giorno e mezzo, riesce a liberarsi fingendosi morta agli occhi dei suoi tre aguzzini Andrea Ghira, Angelo Izzo e Gianni Guido. La foto di Donatella Colasanti che sconvolta, nuda e coperta di sangue viene liberata da una Fiat 127 è una delle immagini che ha segnato quell'epoca. Subito la ragazza testimonierà contro i suoi aguzzini facendoli condannare all'ergastolo. È morta a 47 anni di tumore al seno.

Chi era Donatella Colasanti, sopravvissuta al massacro del Circeo

Donatella è una ragazza come tante. Studia, va alle superiori, è nata e vive nel quartiere popolare della Montagnola alla periferia Sud di Roma. Esce con le amiche, in anni di grandi sconvolgimenti politici e sociali e abbastanza lontana fino a quel momento dalle cose della politica e del corso della storia con la maiuscola, fino a quando non vi entrerà suo malgrado.

L’incontro di Donatella e l’amica Rosaria con i 3 bravi ragazzi dei Parioli

Gli eventi che portarono al massacro iniziano così, a raccontarlo è la stessa Donatella Colasanti: "Tutto è cominciato una settimana fa, con l'incontro con un ragazzo all'uscita del cinema che diceva di chiamarsi Carlo, lo scambio dei numeri di telefono e la promessa di vederci all'indomani insieme ad altri amici". Si vedono al "bar del Fungo" dell'Eur, all'epoca luogo di ritrovo di comitive di ragazzi e di diversi gruppi di neofascisti. Assieme a Carlo, ci sono Angelo Izzo e Gianni Guido, che riescono a convincere le ragazze a darsi appuntamento al giorno dopo per andare insieme fuori Roma.

L’inganno della festa, gli stupri e l’omicidio nella villa

Si arriva così a lunedì 29 settembre si danno appuntamento verso le 16.00. Partono in teoria in destinazione di Lavinio: in auto ci sono Donatella Colasanti, Rosaria Lopez, Gianni Guido e Angelo Izzo. Ma non si dirigono verso la villa di Lavinio dove avrebbero andare anche con Carlo. Invece i due ragazzi si dirigono verso la villa del Circeo di proprietà della famiglia di Andrea Ghira. Quando arrivano sono da poco passate le 18.00 e subito i due ragazzi cominciano con le loro pressanti avances. Di fronte al rifiuto di fare sesso delle due ragazze estraggono un'arma, dicono di essere criminali appartenenti alla "banda dei marsigliesi". Dopo poco arriva anche Andrea Ghira e si presenta come il capo della banda. Le violentano, le drogano e le seviziano per un giorno e mezzo. Quando non abusano di loro le chiudono in bagno. Alla fine Rosaria Lopez, tramortita viene annegata nella vasca da bagno della villa.

Come è riuscita a salvarsi Donatella Colasanti: la foto nella Fiat 127

Donatella Colasanti, dopo l'omicidio di Rosaria Lopez, tenta di raggiungere un telefono per chiedere aiuto in un momento di distrazione dei suoi tre aguzzini, ma viene scoperta. A questo punto decidono di uccidere anche lei: prima provano a strozzarla con una cinta, ma si rompe la fibbia. Allora la colpiscono al capo con una spranga. Si finge morta. Dopo qualche ora i tre lasciano la villa e tornano a Roma, caricando i corpi nel portabagagli di una Fiat 127. Parcheggiano in via Pola, al quartiere Trieste Salario e vanno al ristorante. A quel punto la ragazza comincia a battere sul cofano, un metronotte sente il rumore e le richieste soffocate di aiuto e chiede l'intervento dei carabinieri. Arriva anche un foto reporter: l'immagine di Donatella che esce dal portabagagli farà storia.

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Il processo con l’avvocato Tina Lagostena

La successiva vicenda giudiziaria è un pezzo della storia penale e dei diritti delle donne del nostro paese. La giovanissima vittima, invece di chiudersi nel silenzio o di cedere alle pressioni, racconta tutta e lo fa a testa alta. Sarà uno scontro tra tre giovani ragazzi violenti, di idee neofasciste, ricchi e che considerano le donne solo una cosa da prendere e usare a loro piacimento, e dall'altra parte una giovane proletaria, senza nessuna protezione o cognome pesante, una ragazza di borgata come tante. Il processo sarà seguito dalla mobilitazione del movimento femminista, e molte associazioni si presenteranno come parte civile. A difenderla c'è Tina Lagostena, avvocata impegnata nella difesa delle donne e dei loro diritti. Andrea Ghira si darà latitante e sfuggirà al carcere fino alla morte avvenuta nel 1994, mentre Angelo Izzo e Gianni Guido saranno arrestati poche ore dopo il ritrovamento di Donatella. Tutti e tre saranno condannati all'ergastolo. In secondo grado Guido otterrà di vedere commutata la sua pena a trent'anni di reclusione.

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La richiesta di giustizia e gli avvertimenti su Angelo Izzo e Andrea Ghira

Quando ad Angelo Izzo viene concessa la semilibertà Donatella Colasanti si batte perché rimanga in carcere, è convinta che sia ancora pericoloso, che possa uccidere ancora. E la storia le darà tristemente ragione: uccide Maria Carmela Linciano, 57 anni, e la figlia di 14 anni Valentina Maiorano. "È morta una ragazzina. Qualcuno dovrà pagare per aver aperto le porte del carcere al suo assassino", spiegava a Donna Moderna nel corso di un'intervista rilasciata poco prima della sua morte. Donatella Colasanti era anche convinta che le spoglie di Andrea Ghira rinvenute nel cimitero di Melilla, non fossero davvero del suo aguzzino, che fosse un ulteriore espediente per sfuggire alla giustizia. Una nuova analisi del Dna nel 2016 fugherà ogni dubbio.

La vita di Donatella dopo il delitto: “Un solo amore spirituale, è un segreto”

Nella stessa intervista a Donna Moderna, così Donatella Colasanti raccontava la sua vita dopo essere sfuggita alla morte: "Se ho paura degli uomini? No, ma ho preferito stare sola, essere autonoma, come molte altre donne della mia generazione. Non ho sofferto per il fatto di non avere un marito, dei figli. Anche perché, me lo sento, nel prossimo anno e mezzo mi farò una famiglia tutta mia": Così invece rispondeva se si fosse mai innamorata davvero: "Uno solo, molto spirituale. Poi lui è dovuto partire, per lavoro. Ma non voglio dire di più, è un mio segreto".

La morte di Donatella Colasanti a causa di un tumore al seno

Il 30 dicembre 2005 Donatella Colasanti moriva a 47 anni per un tumore al seno. Le sue ultime parole furono: "Battiamoci per la verità". Era diventata, suo malgrado, un simbolo della lotta delle donne contro la violenza degli uomini e per avere leggi che le tutelassero in maniera adeguata. Non si tirò mai indietro, fino all'ultimo.

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