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Autista licenziato perché faceva la spesa durante le ore di 104: Cotral condannata a pagare 50mila euro

L’uomo era stato licenziato perché sorpreso a fare compere durante le ore di 104. Cotral è stata però condannata al pagamento delle spese processuali e a versare la differenza contributiva: il giudice ha infatti dato ragione all’autista.
A cura di Natascia Grbic
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Immagine di repertorio
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S. F., autista Cotral licenziato alcuni anni fa perché considerato un ‘furbetto della 104', è stato assolto definitivamente dalla Corte di Appello dopo che la Cassazione gli aveva dato ragione, mentre Cotral è stata condannata al pagamento delle spese processuali e a versare le differenze contributive L'uomo era stato allontanato dal posto di lavoro dopo che l'azienda aveva ingaggiato degli investigatori privati al fine di verificare cosa facessero nelle ore di 104 i dipendenti che ne avevano fatto richiesta. E così, secondo quanto scoperto da Cotral, S. F. passava con il suocero non la totalità di ore richiesta, ma circa il 40/45%. Era quindi stato licenziato. Assolto in primo grado, e reintegrato sul posto di lavoro, in appello era stato invece riconosciuto colpevole di aver abusato della 104. Verdetto ribaltato dagli ermellini, che hanno rimandato il processo un'altra volta in appello. Adesso S. F, che però è andato in pensione, vede finalmente chiudersi questa vicenda.

La notizia è riportata da Il Corriere della Sera. La Cassazione, dando ragione a S. F. aveva scritto nelle motivazioni della sentenza che "va tenuto conto non soltanto delle prestazioni di assistenza diretta alla persona disabile, ma anche di tutte le attività complementari ed accessorie, comunque necessarie per rendere l’assistenza fruttuosa ed utile, nel prevalente interesse del disabile avuto di mira dal legislatore. In questo senso rileveranno le attività (e i relativi tempi necessari) finalizzate ad esempio all’acquisto di medicinali, al conseguimento delle relative prescrizioni dal medico di famiglia, all’acquisto di generi alimentari e di altri prodotti per l’igiene, la cura della persona e il decoro della vita del disabile, o infine alla possibile partecipazione di quest’ultimo ad eventi di relazione sociale, sportiva, religiosa".

S. F., quindi, non doveva passare tutto il suo tempo con il suocero: bastava che le ore trascorse insieme fossero qualitativamente utili. E questo ha riconosciuto la Cassazione, dando ragione al lavoratore. Che però, seppur contento della fine di questo procedimento, è comunque amareggiato: il danno economico per lui c'è stato, oltre al forte stress emotivo che gli ha causato la situazione.

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