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Reddito di cittadinanza, le ultime notizie

Reddito di cittadinanza, diminuiscono i fondi: come cambia l’assegno

Il reddito di cittadinanza sarà finanziato, dalla legge di Bilancio, con 6,1 miliardi di euro e non più con 9, come inizialmente previsto. Il governo assicura che non cambierà né la platea né dei beneficiari né la partenza della misura. Ma qualcosa potrebbe cambiare, soprattutto per l’importo dell’assegno.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il reddito di cittadinanza partirà a marzo, assicura il governo. Nonostante il taglio dei fondi stanziati dalla legge di Bilancio per la misura voluta dal Movimento 5 Stelle. Le risorse passano da 9 miliardi a 6,1 per il 2019, per andare incontro ai tagli chiesti da Bruxelles per evitare la procedura d’infrazione. Le pensioni di cittadinanza, invece, partiranno da febbraio e non più da gennaio come inizialmente previsto. Per il vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, prevale comunque l'ottimismo: “Reddito di cittadinanza e quota 100 ci saranno nei modi e tempi già noti”, assicurava questa notte, intercettato dall’Ansa. Il reddito, quindi, passa da 9 a 6,1 miliardi. Un taglio, secondo il governo, che si spiega grazie a due fattori: da una parte il fatto che la misura partirà a marzo e non a inizio anno, prevedendo quindi tre mesi in meno; dall’altra la previsione che ci sarà un 10% dei potenziali beneficiari che non farà domanda e non accederà quindi all’assegno.

Ai 6,1 miliardi se ne aggiunge un altro per i centri per l’impiego, così come inizialmente previsto. Il fondo per i centri scenderà nel 2020 e 2021, quando saranno sufficienti 300 milioni per pagare gli stipendi dei nuovi assunti. Invece l’impatto del reddito salirà, nei prossimi anni, a 8,1 miliardi, da utilizzare per l’assegno per tutti i 12 mesi dell’anno.

I nuovi conti e il nuovo assegno

L’importo dell’assegno, però, potrebbe essere inferiore a quello stimato di 780 euro al mese. La Repubblica fornisce i calcoli fatti dall’Osservatorio Cpi, diretto da Carlo Cottarelli. Giampaolo Galli, vicedirettore dell’Osservatorio, spiega: “La prima incongruenza è nel fatto che per mesi, in campagna elettorale e anche dopo la vittoria, i 5 Stelle hanno parlato di un costo complessivo per il reddito di 17 miliardi. Poi di colpo, al momento di inserirlo nella manovra prima versione, lo stanziamento è stato ridotto a 9 miliardi e lì è rimasto fermo per settimane”. Già questo, secondo Galli, sarebbe sufficiente a far riflettere sulle cifre e sull’importo dell’assegno.

Su queste cifre l’Osservatorio ha fatto “una banale operazione aritmetica. Intanto ai nove miliardi ne andava tolto almeno uno per la riforma dei centri per l’impiego. Gli 8 miliardi rimasti, divisi per 6 milioni, facevano 111 euro a testa al mese per dodici mesi”. A cui vanno tolti i soldi necessari per la stampa delle tessere, per il software e per il training. Inoltre, con le nuove riduzioni arriviamo a una cifra ben diversa, ovvero 80 euro a testa per ogni beneficiario. Che si alzerebbe a poco più di 100 euro a testa, di media, se la platea sarà di 5 milioni di persone (come annunciato dal governo) e non di 6. Galli spiega ancora: “Con le risorse disponibili, se vogliamo intervenire sulla povertà assoluta, cioè attribuendo 780 euro a chi parte da zero, dopo i primi 850mila beneficiari i soldi erano già finiti nella prima versione della manovra, livello che scende ulteriormente a 700mila nella versione riveduta e ridotta post-accordo”.

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