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Processo Yara, si torna in aula. I Ros: “Bossetti cercò di sfuggire all’arresto”

Dopo le deposizioni dei familiari e delle amiche di Yara, processo contro il muratore di Mapello riprende oggi, con il racconto degli investigatori che seguirono il caso sin dal ritrovamento del corpo 5 anni fa: “Il furgone del muratore visto 6 volte intorno alla palestra”.
A cura di Biagio Chiariello
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Oggi si è tenuta una nuova udienza del processo contro Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore accusato dell’omicidio di Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre del 2010 da Brembate Sopra e trovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo d’Isola. Nei giorni scorsi sono stati sentiti i testimoni che hanno parlato della vita della 13enne uccisa e della sua ultima giornata di vita, oggi invece nel palazzo di giustizia di Bergamo vengono sentiti due dei principali investigatori che hanno lavorato allo spinoso caso di cronaca. Uno di questi è Michele Lorusso, comandante del Raggruppamento operativo speciale dei Carabinieri (Ros) di Brescia, ora a Torino, che ha ricostruito le fasi iniziali delle indagini. Lorusso ha spiegato che sono stati analizzati "tutti i contatti" telefonici di Yara dei due anni precedenti alla tragedia. "Alcuni anche con delle intercettazioni" ha spiegato l'ex comandante del Ros di Brescia. Secondo il colonnello l’assassino doveva conoscere bene la zona di Chignolo d’Isola, dove è stato ritrovato il cadavere, perché è difficile raggiungere.

In precedenza il colonnello Lorusso ha spiegato che sul corpo di  Yara erano stati individuati quattro Dna: uno era solo era stato identificato come dell’insegnante di ginnastica Silvia Brena “Silvia Brena è stata intercettata, così come il fratello dell’istruttrice. Tutto ciò che hanno raccontato è stato verificato — ha spiegato in aula il colonnello Lorusso — e il loro racconto è stato giudicato coerente. Si è capito che entrambi non c’entravano nulla con la scomparsa di Yara”.

Dopo la sua testimonianza, è prevista quella dell'ex dirigente della Squadra mobile della Questura di Bergamo, Gianpaolo Bonafini, che ha partecipato alle indagini coordinate dal pm Letizia Ruggeri anche attraverso accertamenti incrociati di un grossa mole di dati derivanti dall'analisi di schede telefoniche e dei filmati delle telecamere attorno alla palestra dove fu vista per l'ultima volta la giovane vittima.

Il furgone di Massimo Bossetti fu individuato in una rosa di 20.000,  ha spiegato l'ex comandante del Ros nel corso della sua deposizione. È stato spiegato che un furgone cassonato Daily Iveco fu ripreso 6 volte dalle 18 alle 19,51 dalle telecamere di sorveglianza nei pressi della palestra di Brembate Sopra. Gli investigatori analizzarono tutti i modelli immessi sul mercato dal 1999 al 2006, anno in cui risaliva il mezzo di Bossetti, individuandone 20 mila. Eliminati quelli con caratteristiche incompatibili, si era scesi a 4.500, che vennero fotografati e chi li usava venne interrogato. Poi si scese a 5, quattro dei proprietari vennero interrogati, e grazie anche ai tabulati telefonici, risultò che non potevano essere a Brembate Sopra il giorno della scomparsa di Yara. L'unico i cui movimenti erano compatibili era appunto Bossetti.

Quando fu ritrovato il corpo di Yara nel campo di Chignolo d'Isola la ragazza “stringeva in pugno dell'erba ancora radicata a terra”, ha detto ancora Lorusso rispondendo alle domande degli avvocati di Bossetti. Un dettaglio, quello ricordato dall'ufficiale e documentato da alcune fotografie, che indicherebbe come la ragazza fosse stata uccisa proprio in quel campo. Una delle circostanze che, invece, la difesa mette in dubbio.

“Bossetti cercò di fuggire quando le forze dell'ordine, vestite in borghese, andarono ad arrestarlo”, ha ricordato ancora Lorusso che ha detto che nelle fasi iniziali delle indagini ci si era concentrati sull'ambiente della palestra, sull'istruttrice Silvia Brena e su altre persone ma senza trovare niente. A proposito di Bossetti ha spiegato che il muratore la sera del rapimento era nella zona della palestra di Brembate Sopra, e il suo cellulare aveva agganciato la cella del paese per molto tempo. Non era andato dal commercialista, come aveva detto, e non aveva risposto a ripetute chiamate del fratello. Ricordando il giorno dell'arresto ha detto: “Il nostro personale in borghese ha finto di cercare un extracomunitario vestito di nero, ma l'imputato ha capito e ha cercato di fuggire”. Nella successiva perquisizione a casa sua è stata trovata la documentazione legata alla contabilità nel sottotetto, ma due bolle di accompagnamento erano nel comodino della camera da letto: una del 26 novembre 2010 (giorno della scomparsa di Yara) e una del 9 dicembre per un metro cubo di sabbia in una ditta di Chignolo.

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