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Zaia contro i leghisti no green pass: “Mi rifiuto di pensare che sia la linea del partito”

Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, si scaglia contro i leghisti in piazza per protestare contro green pass e vaccinazioni anti-Covid: “Un discorso è discutere legittimamente sull’obbligatorietà, come fa il segretario Salvini. Altra cosa è farsi portatori di una linea in cui io assolutamente non mi identifico. E mi rifiuto di pensare che sia quella del partito”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Non risparmia critiche ai leghisti scesi in piazza per manifestare contro il green pass e l’obbligo vaccinale il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Intervistato dal Corriere, Zaia esprime le sue perplessità sulla protesta di piazza di Roma: “La Lega è sempre stata un partito di composizione sociale e culturale variegata, ci sta che qualcuno non la pensi come te. Detto questo, non mi risulta che il partito abbia deciso di rinnegare l’attività dei propri amministratori, presidenti e sindaci. Un discorso è discutere legittimamente sull’obbligatorietà, come fa il segretario Salvini. Altra cosa è farsi portatori di una linea in cui io assolutamente non mi identifico. E mi rifiuto di pensare che sia quella del partito”.

Non a caso il presidente della Regione Veneto parte da quello che definisce un principio per lui “dogmatico": "La mia libertà finisce dove comincia la tua”. “Non mi meraviglia che ci sia chi la pensa diversamente da me, ma ci sono due elementi da sottolineare. Primo, i toni, che devono rimanere accettabili. Secondo, non può passare lo stigma e la messa in mora di chi la pensa diversamente e fa il suo lavoro”, sottolinea. Poi aggiunge: “Parlo di un clima in cui è sempre più difficile compiere il proprio ruolo istituzionale. Siamo passati da una sanità pubblica che faceva le profilassi a scuola a un punto in cui è difficile fare un tampone perché veniamo accusati di infilare microchip nel naso dei bambini. Fare quello che abbiamo il dovere di fare sta diventando un problema”.

Secondo Zaia il “tema della vaccinazione fa emergere questioni rilevantissime. Se invochiamo la libertà per qualsiasi cosa, perdiamo il minimo senso del bene comune. Oggi riguarda i vaccini, domani qualunque scelta di sanità pubblica. Eppure, noi per decenni siamo stati accompagnati da piani di sanità pubblica. La mia generazione la distingui perché sulla spalla ha la cicatrice della vaccinazione”. Il presidente della Regione Veneto continua: “Il problema vero è che in questo clima, se inventassero oggi la penicillina, avremmo i social pieni di gente che dice che una muffa non se la inietta. Qui sta saltando il patto sociale. E se succede è inevitabile che andiamo alla deflagrazione”.

Quando gli si chiede se vaccinarsi è un dovere, Zaia risponde spiegando perché è fondamentale farlo: “Guardi io penso che se uno ha un’unghia incarnita, la scelta è sua: dipende da lui se curarsi o farsi tagliare un dito. Però, di fronte a un’epidemia bisognerebbe fare squadra. Altrimenti la pandemia si trasforma in guerra civile o, peggio, in guerra tra poveri. Noi abbiamo il dovere di evitarlo e di discutere. Ma qui c’è ancora chi dice che il virus non esiste e che è un complotto. Incuranti del fatto che i vaccini funzionino”. Un’altra critica la rivolge a chi sostiene che per il Covid possano essere sufficienti le cure domiciliari: “Sostenere che tutti si possano curare a casa significa non dire la verità. E implicitamente che tutta la classe medica, oltre che quella istituzionale, è irresponsabile. Un clima che ci farà uscire dall’epidemia più deboli”.

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