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Guerra in Ucraina

Ucraina, cosa hanno deciso i Paesi Nato e quali sono i 4 scenari che potrebbero cambiare la guerra

In un’intervista a Fanpage.it Ettore Greco, vicepresidente vicario e responsabile del programma “Multilateralimo e governance globale” dello IAI, spiega cosa è stato deciso al vertice straordinario della Nato e quali sono i quattro scenari che potrebbero cambiare il quadro della guerra in Ucraina.
A cura di Annalisa Cangemi
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Oggi è un giorno di incontri decisivi a Bruxelles, dove si è svolto questa mattina il vertice straordinario della Nato, e a seguire sono stati convocati anche il G7 e il Consiglio europeo, a cui partecipano anche il presidente americano Biden e il presidente ucraino Zelensky. Quest'ultimo ha chiesto agli alleati "assistenza militare, senza restrizioni", nonché l'invio dell'1% dei loro 20mila carri armati. Non è stata per il momento riformulata invece una nuova richiesta di istituire una una no-fly zone. Le forze occidentali hanno stabilito l'impiego di altre 4 nuove unità di combattimento in Paesi dell'est, cioè Bulgaria, Romania, Ungheria e Slovacchia, e stanno mettendo a punto un piano, in vista di possibili incidenti chimici, biologici, radiologici o nucleari.

Abbiamo chiesto a Ettore Greco, vicepresidente vicario e responsabile del programma "Multilateralimo e governance globale" dello IAI, di commentare queste importanti novità: "Il primo filone su cui è concentrata la Nato è quello del rafforzamento del dispositivo militare di dissuasione a Est della Nato; il secondo filone è rappresentato dalle consultazioni per mettere a punto dei piani o degli orientamenti di carattere strategico, per capire come rispondere a questi scenari; il terzo riguarda il capitolo delle eventuali nuove sanzioni, che non saranno particolarmente incisive, visto escludono il blocco delle importazioni dei prodotti energetici; ma cosa ancora più importante sono i meccanismi di assistenza reciproca dei Paesi europei, di fronte alle sanzioni".

Cosa è emerso dagli incontri di Bruxelles di oggi?

È stata sostanzialmente confermata la linea strategica che è stata adottata e si sta seguendo. Stati Uniti e Nato non intendono accogliere la richiesta di Zelensky di inviare caccia per contrastare la superiorità aerea russa, elemento che potrebbe essere un fattore decisivo per l'evoluzione del conflitto. Si prosegue però con un rafforzamento di varie misure, a 360 gradi: verranno intensificate le misure di deterrenza nel Paesi Nato, con l'invio di nuove truppe aggiuntive in Bulgaria, Romania, Slovacchia e Ungheria, oltre a quelli dove c'è giù una cosiddetta ‘presenza avanzata', cioè Paesi baltici e Polonia. Oltre al dispositivo di dissuasione è stato deciso anche l'invio di materiale di assistenza militare all'Ucraina: fino ad ora sono state mandate armi anticarro e antimissile, e ora invece si considera l'invio di intercettori terra-aria che possono colpire a distanza, di fabbricazione sovietica, che verranno spostati da alcuni Paesi dell'Europa dell'Est, i quali riceveranno in forma di compensazione delle difese più avanzate americane, i Patriot. Questi sistemi, con tutti i dispositivi radar collegati, si spera che possano avere un impatto. Tutto ciò costituisce non proprio un salto di qualità, ma sicuramente un incremento dell'aiuto militare.

Questo potrebbe determinare secondo lei un'escalation?

No, è una strategia che punta all'opposto. Però è chiaro che se Putin si dovesse trovare in difficoltà potrebbe attuare misure più dure, che potrebbero portare a un' intensificazione degli scontri. Ma da parte della Nato l'intenzione è evitare un confronto diretto con la Russia. È molto improbabile che un'escalation derivi da queste misure aggiuntive di sostegno militare che sono state decise oggi. In futuro però potrebbero entrare in gioco altri fattori, ed è su questo che si è lavorato oggi alle consultazioni, ovvero sugli scenari che possono aprirsi, con i nuovi rischi a essi connessi.

A cosa si riferisce?

L'Alleanza si interroga su come reagirebbe davanti a questi rischi, e sta mettendo a punto un ‘contingency plan', cioè un piano strategico per rispondere a queste contingenze, che potrebbero manifestarsi. Ce ne sono almeno quattro. La prima è legata all'uso di armi di distruzione di massa da parte della Russia. In particolare il punto fondamentale di cui si sta discutendo è relativo all'impiego di armi chimiche.

Proprio oggi Zelensky ha accusato Mosca di aver lanciato bombe al fosforo. È una notizia verificabile?

Non mi sentirei di sbilanciarmi adesso, serviranno delle indagini, un'attività di intelligence. Non ci si può fermare alle dichiarazioni che arrivano dalle singole parti. Il primo problema per la Nato è capire se vengono usate in modo massiccio le armi chimiche e batteriologiche, cosa che determinerebbe una risposta molto dura da parte delle forze occidentali.

Una risposta di che tipo?

Questo non è stato reso noto. Non sappiamo ancora se si tratta di una risposta militare o di altro genere. Ma questo cambierebbe la guerra, perché sarebbe una violazione talmente grave del diritto internazionale che richiederebbe una reazione. Poi c'è sempre il rischio, anche se più remoto, dell'uso delle armi nucleari, che però non sembra un pericolo imminente. Chiaramente le armi chimiche avrebbero effetti meno devastanti, rispetto alle armi nucleari. Da un punto di vista militare le armi chimiche non sono molto efficaci contro le forze armate nemiche, però potrebbero essere utilizzate ad esempio contro civili che protestano o contro le resistenze nelle città. Siamo in una fase della guerra in cui la Russia potrebbe considerarle strumenti utili.

Secondo alcuni analisti a Putin non converrebbe usare le armi nucleari, per non coinvolgere anche la popolazione russa e bielorussa. È d'accordo?

Questo sarebbe secondario, perché l'ipotesi, seppur remota, è quella di un uso delle armi nucleari tattiche, che avrebbero un raggio d'azione più limitato. Queste armi però vengono contemplate per un uso difensivo, cioè per contrastare un attacco diretto alla Russia, contro un esercito che avanza e che minaccia l'integrità territoriale della Russia, e per il momento non siamo in questa situazione. Questa naturalmente è la dottrina, bisogna vedere però se percezioni aberranti della propria sicurezza nazionale non portino comunque in quella direzione. Il secondo scenario che è stato poi considerato nel ‘contingency plan' riguarda i possibili rischi legati agli impianti nucleari: in caso di incidente si tratta di vedere come si potrebbe realizzare una messa in sicurezza degli impianti. Il terzo scenario riguarda invece il ruolo della Cina.

Qual è il ruolo di Pechino in questo momento?

Al momento non sembra che la Cina sia intenzionata a sostenere militarmente la Russia, anche se, a quanto risulta ai servizi di intelligence americani, ci sarebbe stata questa richiesta da parte di Mosca. Se ci fosse un sostegno militare da parte di Pechino i Paesi occidentali avrebbero un problema, perché dovrebbero emanare delle misure contro la Cina, anche sanzioni, che potrebbero avere un effetto consistente. La decisione di Pechino di sostenere militarmente la Russia sarebbe uno scenario che cambierebbe il quadro della guerra, e per questo i Paesi dell'Alleanza sono al lavoro su pre-accordo, per capire come agire di conseguenza. Per ora la Cina non ha adottato le sanzioni contro la Russia, ha sposato sostanzialmente le argomentazioni russe, e fornisce assistenza umanitaria all'Ucraina. Però cosa potrebbe fare la Cina se la guerra proseguisse mettendo a rischio la stabilità della Russia non possiamo saperlo. Potrebbe anche decidere di sostenere lo sforzo bellico russo, perché una sconfitta di Putin è l'ultima cosa che la Cina vorrebbe. Gli americani temono molto questo scenario, per questo stanno parlando con i cinesi per convincerli a non sostenere Putin, militarmente ed economicamente. In ogni caso per adesso Pechino teme le contromisure americane, per questo potrebbe limitarsi negli affari con i russi. Anche in passato la Cina del resto ha mostrato una certa riluttanza nel fare affari con Paesi che sono sanzionati da europei e americani, e anche in questo caso potrebbero fare la stessa valutazione.

Qual è invece la quarta questione che la Nato sta affrontando per la sua futura strategia?

Il quarto scenario, più imminente, è quello dell'entrata in guerra della Bielorussia, in modo più esplicito. I servizi di intelligence americani hanno praticamente detto che questo avverrà. La Bielorussia è parte attiva del conflitto, fino ad ora è stato il trampolino di lancio delle truppe russe, che poi si sono dirette verso Kiev. Proprio lì l'esercito russo fingeva di fare delle esercitazioni, il Paese è schierato apertamente con Putin. La novità adesso è che forze armate bielorusse potrebbero entrare in Ucraina, e questo determinerebbe una dinamica nuova, che potrebbe portare a sviluppi inattesi. Il primo filone su cui è concentrata la Nato è quindi quello quindi del rafforzamento del dispositivo militare di dissuasione a Est della Nato; il secondo filone è rappresentato dalle consultazioni per mettere a punto dei piani o degli orientamenti di carattere strategico, per capire come rispondere a questi scenari; il terzo riguarda il capitolo delle eventuali nuove sanzioni, che non saranno particolarmente incisive, visto escludono il blocco delle importazioni dei prodotti energetici; ma cosa ancora più importante sono i meccanismi di assistenza reciproca dei Paesi europei, di fronte alle sanzioni. Gli Stati Uniti hanno già detto che metteranno a disposizione nuove quantità di gas naturale liquefatto, che potrebbe essere un aiuto. All'interno dell'Europa andrebbe stabilito un fronte comune per negoziare i contratti e aumentare le riserve del gas immagazzinato, bisogna trovare insomma dei meccanismi di solidarietà. Perché chiaramente lo shock è asimmetrico, alcuni Paesi sono esposti più di altri, come ad esempio la Germania e l'Italia.

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