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Sindaci in corteo per Segre, Ricci: “Anche a destra hanno capito che si è andati troppo oltre”

Oltre 600 sindaci sfileranno oggi in corteo a Milano in sostegno a Liliana Segre, la senatrice a vita sopravvissuta ad Auschwitz messa sotto protezione dopo le minacce sui social. Al corteo aderiscono fasce tricolori di tutte le parti politiche. Il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, promotore dell’iniziativa, a Fanpage.it: “Da oggi saremo noi la scorta della Segre”. E lancia un appello a Zingaretti: “Ascolti di più le voci dai territori”.
A cura di Marco Billeci
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Oltre 600 sindaci sfileranno oggi a Milano in sostegno alla senatrice a vita Liliana Segre, oggetto di minacce e insulti dopo la sua proposta di istituire una commissione parlamentare per il contrasto dei fenomeni d’intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. Il corteo si concluderà in piazza della Scala con l’intervento dal palco della stessa Segre, sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti. L’iniziativa è sottoscritta da primi cittadini di ogni parte politica, dal centrosinistra ai 5 Stelle (in piazza ci saranno anche la sindaca di Roma Virginia Raggi e quella di Torino Chiara Appendino), fino a diversi esponenti del centrodestra. L’evento – a cui hanno aderito l’Anci e l’Upi – è stato lanciato dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci e da quello di Milano Beppe Sala. Ricci, che è anche presidente di Ali (Autonomie Locali Italiane), racconta a Fanpage.it come è nata l’iniziativa.

“La molla è scattata quando abbiamo saputo della scorta assegnata a Liliana Segre. Attraverso le fasce tricolore che sfileranno oggi vogliamo far sapere alla senatrice che l’Italia è con lei nella sua battaglia contro il razzismo, l’intolleranza e l’odio. Dobbiamo restituirle anche un po’ di ottimismo. Liliana ha detto più volte: “Ho paura che rimarremo soltanto una riga sui libri di storia”. Noi dobbiamo dimostrare che non sarà così. Da oggi la scorta di Liliana Segre saranno i sindaci italiani”.

In corteo ci saranno anche molti sindaci di centrodestra. Lo ritiene un modo per lavarsi un po’ la coscienza o è un segnale che anche in quel campo c’è una riflessione sul fatto che ci sia spinti troppo oltre nel dibattito?

Credo la seconda. I sindaci si rendono conto meglio di altri che città dove c’è il razzismo e l’intolleranza sono città meno giuste e meno sicure. Penso si sia capito che su certe cose non si può scherzare, che non può essere tutto propaganda, che ci sono dei valori fondanti che tengono insieme un Paese. Per questo Liliana Segre è diventata un simbolo della Repubblica, della Costituzione che va difesa e protetta.

Con la morte di Piero Terracina se n’è andato uno degli ultimi testimoni diretti dell’orrore dei lager nazisti. Come si fa a evitare che per le nuove generazioni manifestazioni come quella di oggi vengano percepite solo come una sorta di commemorazione, invece che come un tema di attualità?

Dopo la scomparsa di Terracina, Liliana ha detto: “Mi sento più sola”. Noi vogliamo dirle che non è sola e i sindaci italiani s’impegnano a tenere viva la memoria nei prossimi anni. Questo è l’impegno che ci prendiamo, continuare un lavoro in questo senso città per città, scuola per scuola, anche quando non ci saranno più testimoni diretti viventi. Del resto i giovani hanno dimostrato – anche su altri temi – che quando si parla di valori ci sono, sono presenti.

La vostra manifestazione, gli scioperi per il clima, i flash-mob delle Sardine. Secondo lei, c’è qualcosa che lega tutte queste iniziative?

Sono cose ognuna diversa dall’altra, ma un filo conduttore c’è. Da tantissimi anni non si vedevano manifestazioni così imponenti su grandi valori: contro l’odio e per l’uguaglianza, per l’ambiente, contro l’intolleranza e la discriminazione. Questi sono valori che tengono insieme la comunità e sui quali si può ricostruire il futuro.

Un altro filo conduttore è che tutte queste piazze scavalcano i partiti, a cominciare dal suo, il Pd.

Secondo me questo non è un problema ma un’opportunità. I partiti devono rispondere mettendo in campo una prospettiva. Queste piazze dimostrano l’insufficienza attuale dell’offerta politica che c’è in Italia, soprattutto nel campo riformista. Sono piazze che da una parte vogliono fermare una deriva culturale incentrata sulla paura e sull’odio. Dall’altra chiedono unità. E invece noi abbiamo uno scenario politico troppo frammentato, specialmente nel centrosinistra, dove tutti sono presi a mettere bandierine per distinguersi l’uno dall’altro. La sfida vera che avremo nei prossimi mesi, invece, sarà quella di costruire un campo che rimetta insieme ciò che si è diviso, da Renzi e Calenda. Al tempo stesso queste piazze pongono un grande interrogativo anche ai 5 Stelle. In Italia e in Europa si sta andando verso un nuovo bipolarismo: da un lato la destra sovranista, dall’altro un polo europeista e riformista. Fuori da questi due poli non c’è futuro per nessuna forza politica.

La distanza tra piazze e politica può essere colmata dai primi cittadini? Si parla periodicamente di un possibile “partito dei sindaci”.

I sindaci italiani sugli obiettivi strategici dei comuni sono uniti in modo trasversale, come dimostra la recente rielezione all’unanimità di Antonio Decaro a presidente dell’Anci. Dopodiché credo che ognuno voglia dare un contributo di rinnovamento alla propria parte politica. Nel nostro caso, credo che Zingaretti debba darci più spazio, per un motivo chiaro: noi i populisti li abbiamo già battuti nelle urne. Nello stesso giorno in cui Salvini trionfava alle Europee, decine di sindaci nei comuni sconfiggevano i candidati della destra.

È mancato l’ascolto fino a oggi dalla segreteria di Zingaretti?

In questi mesi abbiamo lavorato bene, ma ora serve un salto di qualità.

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