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Salario minimo europeo, proposte del M5s per modificare direttiva Ue: “Basta lavoratori sfruttati”

Il M5s ha presentato oggi gli emendamenti alla direttiva sul salario minimo europeo della Commissione Ue. Di Maio: “Per noi il salario minimo è la chiusura di un cerchio, che permetterebbe a un cittadino in difficoltà di non diventare carne da macello. Oggi è ancora più urgente, in un momento in cui il nostro Paese viene colpito dalla crisi economica scaturita dalla crisi sanitaria”.
A cura di Annalisa Cangemi
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Il Movimento Cinque Stelle ha presentato i suoi emendamenti alla proposta di direttiva sul salario minimo europeo: "Basta lavoratori sfruttati, basta concorrenza sleale fra imprese europee. Per il Movimento 5 Stelle bisogna voltare pagina: i diritti sociali dei cittadini vanno messi al centro della Neo-Europa, quella che nascerà riformata e più forte dalle ceneri della pandemia. Il salario minimo europeo deve essere il punto centrale di questo cambiamento grazie alla proposta di direttiva della Commissione europea. Per renderla ancora più efficace abbiamo depositato oggi i nostri emendamenti al Parlamento europeo", ha detto l'eurodeputata Daniela Rondinelli.

Le proposte sono state illustrate durante un evento online in diretta streaming. Erano presenti anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, la sottosegretaria al Lavoro Rossella Accoto, la senatrice Susy Matrisciano, presidente Commissione Lavoro, l'ex ministra del Lavoro del governo Conte bis Nunzia Catalfo, la capogruppo della commissione Politiche Ue della Camera Francesca Galizia, la deputata Enrica Segneri, e della capo delegazione Movimento 5 Stelle Europa Tiziana Beghin.

L'Italia è tra i pochi Paesi dell'Ue che non hanno ancora un salario minimo, nonostante negli ultimi anni le proposte in Parlamento non siano mancate. In 21 Stati europei il salario minimo legale è invece già realtà. Oltre all'Italia ne sono sprovvisti Danimarca, Cipro, Svezia, Finlandia e Austria. La proposta di direttiva della Commissione Ue, che è stata presentata a ottobre 2020 al Parlamento Ue, non obbliga però gli Stati che non hanno adottato il salario minimo ad introdurlo, ma fissa un criterio, quello della soglia del 70% per la copertura della contrattazione collettiva di tutti i contratti di lavoro.

Al Parlamento Ue, dopo il muro iniziale da parte di forze politiche contrarie all'intervento legislativo, si è trovata convergenza sui nomi dei due correlatori, Dennis Radtke (PPE) e Agnes Jongerius (S&D): a questo punto l'approvazione della direttiva è in discesa, e potrebbe ottenere il via libera dall'europarlamento all'inizio dell'autunno. Poi però Parlamento, Consiglio e Commissione dovranno mettersi d'accordo sul testo finale.

Il M5s la scorsa settimana ha convocato le parti sociali e le principali organizzazioni datoriali per un confronto aperto, in vista della scadenza del termine per la presentazione degli emendamenti, fissata per oggi. L'auspicio del Movimento è che la misura possa essere approvata prima a livello europeo e poi in Italia, in modo da liberare il mercato unico da distorsioni come il dumping salariale, che genera concorrenza sleale tra le imprese e spinge le aziende a delocalizzare in Paesi europei in cui i costi sono più bassi. Anche se l'intento è di continuare a lavorare su due binari paralleli, uno italiano e uno europeo.

"Per noi il salario minimo è la chiusura di un cerchio, che permetterebbe a un cittadino in difficoltà di non diventare carne da macello. Oggi è ancora più urgente in un momento in cui il nostro Paese viene colpito dalla crisi economica scaturita dalla crisi sanitaria – ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio nel suo intervento – È una misura fondamentale, dal momento che i cittadini sono stati colpiti dalla pandemia. Come M5s abbiamo sostenuto la Commissione di Ursula von der Leyen, con non poche critiche. Lo abbiamo fatto perché nel suo programma c'era il salario minimo europeo, cioè un salario minimo garantito basato su criteri che assicurassero un livello di vita dignitoso per tutti".

"Non è una misura contro le imprese, perché aumenterebbe il potere d'acquisto dei cittadini, creando anche un beneficio per l'intero sistema economico. Si tratta di una misura che mira a eliminare la concorrenza sleale. Basti pensare alla recente vicenda  della Pfizer, che ha spostato parte della sua produzione in Romania, licenziando una trentina di persone. Non possiamo più andare avanti con il sistema del mercato unico senza questa misura, che non significa salari uguali per tutti, ma si tratta di fissare una percentuale di garanzia minima di salario uguale per tutti", ha spiegato Di Maio.

La proposta di legge di Nunzia Catalfo, quella che conteneva anche il reddito di cittadinanza, puntava a far approvare anche il salario minimo in Italia. Se però il Rdc venne approvato nel marzo del 2019, sul salario minimo non si riuscì a raggiungere l'accordo in Parlamento. "Qui nessuno vuole mettere in pericolo la contrattazione collettiva – ha detto ancora Di Maio – Noi vogliamo tutelare tutti, imprese e lavoratori, riconoscendo il lavoro delle parti sociali. L'Italia non deve rincorrere gli altri Paesi europei, ma il salario minimo è la via per ridare dignità alle persone".

"Transazione ecologica e digitale" e "inclusione sociale" sono i due capisaldi del neo-Movimento. Di Maio ha sottolineato che il salario minimo negli altri Stati che lo hanno introdotto ha generato più potere d'acquisto, non ha avuto un impatto depressivo. La proposta nasce da un presupposto: in Europa nell'ultimo decennio i lavoratori poveri sono aumentati del 12%, in Italia del 28. Lo stesso ministro degli Esteri ha ricordato il principio sancito dall'articolo 36 della Costituzione, ancora inapplicato in alcune parti: "Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa".

"L’apertura di Von Der Leyen, che si disse ben disponibile a realizzare le nostre richieste ed altre nostre priorità, fu uno dei fattori determinanti che ci convinsero a supportarla. I nostri voti furono fondamentali per eleggere la Presidente. Con questa direttiva Ursula Von Der Leyen dimostra di non aver dimenticato le promesse fatte a noi e ai milioni di elettori che rappresentiamo", ha detto Tiziana Beghin. "Credo che le imprese italiane abbiano certamente da guadagnare da questo provvedimento, come ha giustamente evidenziato il ministro Luigi Di Maio nel suo intervento. E non mi riferisco solo a chi produce beni e che deve fronteggiare la concorrenza di chi ne realizza di simili in Paesi dove il costo del lavoro è inferiore".

Le proposte di modifica del M5s

Il M5s chiede che la direttiva europea sul salario minimo venga applicata per tutti i tipi di lavoratori, sia del pubblico sia del privato, a prescindere dal tipo di contratto e senza distinzioni, anche per i lavoratori la cui retribuzione è calcolata sulla base dei risultati prodotti, per i lavoratori domestici, per quelli intermittenti, per coloro che lavorano tramite piattaforma digitale, per gli atipici, ma anche per i tirocinanti e gli apprendisti.

La direttiva indica una soglia minima del 70% per la copertura della contrattazione collettiva di tutti i contratti di lavoro. Per il M5s però questa soglia deve essere alzata al 90%, "da elevare al 100% per quegli Stati Membri che non adottano il salario minimo legale poiché altrimenti i lavoratori non avrebbero alcuna copertura contrattuale e sarebbero esposti a forme di sfruttamento e di minor tutela".

Un altro emendamento legherebbe poi il salario minimo al livello di povertà relativa. La direttiva stabilisce dei criteri che gli Stati membri devono seguire per stabilire un salario minimo adeguato ed equo. Secondo il Movimento questo deve essere al di sopra della soglia della povertà relativa in tutta Europa e deve essere superiore al 50% del salario lordo medio e al 60% del salario lordo mediano: "Quasi tutti gli Stati membri con un salario minimo legale non rispettano tale soglia di dignità e dovrebbero adeguare di conseguenza il livello".

Nel testo della direttiva Ue si fa riferimento anche alla produttività, un parametro che non convince però i pentastellati perché troppo generico: non è chiaro per esempio se si tratti della produttività di un singolo lavoratore.

Nel calcolo del salario minimo poi non devono essere incluse le spese connesse al lavoro, come le attrezzature, indennità o benefit: "I pagamenti extra, come le mance, gli straordinari, gli assegni di fine anno e per ferie e i bonus, non dovrebbero essere inclusi nel calcolo dei salari minimi legali", si legge tra gli emendamenti.

Per rendere ancora più vincolante la direttiva il M5s vorrebbe poi che le aziende che non la rispettano venissero escluse dai bandi pubblici e dai fondi europei diretti e indiretti.

La tassazione minima delle multinazionali

Il ministro Di Maio nel suo intervento ha aggiunto che "Insieme al salario minimo dobbiamo parlare anche di tassazione minima e in particolare dobbiamo parlarne per le grandi multinazionali. Stiamo parlando, per esempio, di quelle multinazionali del digitale che vengono a fare concorrenza sleale all'Italia pagando pochissime tasse se non zero e poi avendo la loro sede in uno dei paradisi fiscali, che a volte è anche europeo". Il titolare della Farnesina ha annunciato che "La presidenza italiana del G20 sta portando i suoi frutti: probabilmente tra luglio e agosto raggiungeremo l'accordo sulla tassazione  minima per le multinazionali".

La deputata Francesca Galizia ha ricordato i dati di Tax Justice Network (TJN), rete internazionale indipendente attiva nell'analisi del sistema di tassazione globale e dei paradisi fiscali, secondo cui "427 miliardi di dollari è il valore delle tasse sottratte a livello globale in un anno e finite in Paesi a fiscalità agevolata. Il nostro Paese sarebbe costretto a rinunciare ogni anno a oltre 12 miliardi di dollari, una cifra pari al 14,91% della spesa per l'istruzione e al 9% di quella sanitaria. Ciò non è più tollerabile: salario minimo e nuova politica fiscale sono due battaglie per noi prioritarie e che vanno a braccetto".

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