Renzi ad assemblea Pd: “Abbiamo straperso”. E rilancia Mattarellum

UPDATE – L'assemblea del Partito democratico ha approvato la relazione del segretario Matteo Renzi con 481 voti favorevoli, due voti contrari e 10 astenuti. La minoranza non ha partecipato al voto.
Prevista per le dieci del mattino l'assemblea nazionale del Partito Democratico. Due i temi sul tavolo: congresso del Pd e modifiche alla legge elettorale. Dopo le dimissioni dell'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervenute in seguito alla vittoria del fronte del No al referendum dello scorso 4 dicembre, il Partito Democratico ora si appresta a tirare le fila per decidere la strategia politica da attuare nel breve periodo, soprattutto in ottica elettorale. Dopo aver passato qualche giorno a Pontassieve, quindi, Matteo Renzi torna oggi a Roma per partecipare e intervenire all'assemblea del Partito Democratico in qualità di segretario del Pd e proprio questa mattina dovrebbe sciogliere la riserva sull'eventuale congresso da celebrare nelle prossime settimane, congresso che potrebbe portare all'elezione di un nuovo segretario di partito e, quindi, a un cambio di passo all'interno del Pd.
Secondo indiscrezioni, Renzi interverrà con un'ampia relazione che partirà dall'analisi dell'esito del referendum e dei risultati politici raggiunti dal proprio governo e, in seguito, aprire il dibattito sulla legge elettorale, una fase di dialogo che possa portare a un documento di sintesi da proporre per modificare l'attuale Italicum, anche restando in attesa della sentenza della Consulta prevista per fine gennaio. L'idea di Matteo Renzi, però, sembra non sia proporre una semplice modifica della legge elettorale, ma portare di nuovo in auge il vecchio Mattarellum, di fatto una legge già approvata dalla Corte Costituzionale che potrebbe essere subito utilizzata senza modifica alcuna per andare al voto in tempi molto brevi, già prima della prossima estate.
Per quanto riguarda il nuovo congresso e l'elezione del nuovo segretario, la situazione appare in bilico e verrà chiarita dallo stesso Renzi nel corso della relazione. Alcuni uomini vicini all'ex presidente del Consiglio, infatti, vorrebbero evitare un congresso in tempi così brevi, evitare di andare alla cosiddetta conta, mentre la minoranza del Partito Democratico sarebbe invece orientata a celebrarlo il prima possibile, tanto che già da qualche settimana si rincorrono le prime candidature alla segreteria del Pd.
Il segretario del Partito Democratico ha iniziato la sua relazione ringraziando tutti coloro che hanno partecipato alla campagna referendaria e spiegato che il 2016 è stato segnato da vittorie inusuali, come la Brexit in Inghilterra e quella di Donald Trump in Usa.
"Nel mondo in quest'anno sono stati persi molti referendum, che però non hanno bloccato il percorso democratico dei vari paesi. Insomma, il 2016 ci lascia molte considerazioni da fare e noi dobbiamo fare un'analisi spietata della nostra situazione, soprattutto dell'esito referendario dello scorso 4 dicembre. Se oggi due ragazzi dello stesso sesso possono sposarsi è grazie alla nostra legge. Se oggi dei ragazzi possono combattere il caporalato con strumenti adeguati è grazie alla nostra legge. Le nostre riforme non puzzano e resteranno e segnano la grandezza del Partito Democratico".
"I mille giorni del governo hanno segnato dei risultati che saranno in un libro, in un documento, e che lasciamo volentieri non alla storia ma alla cronaca di questo Paese. Se i commentatori non hanno notato com'era il Paese nel febbraio del 2014 e com'è oggi nel dicembre del 2016, non è un problema per la nostra autostima. Il Paese era fermo e si è messo in moto. Troppo poco ancora, ma ha iniziato. E questo risultato non lo si deve al presidente del Consiglio, ma a tutto il Partito Democratico. Se per dire di No alla corruzione si bloccano le olimpiadi, si bloccano il Paese e la città e non si fa un torto alla corruzione. Bisognerebbe imparare a scegliere meglio i collaboratori e non togliere opportunità".
"La bocciatura delle riforme è un dato di fatto netto del quale dobbiamo prendere atto e sul quale dobbiamo riflettere. Sembra però di essere tornati alla Prima Repubblica, senza però la qualità della classe dirigente della Prima Repubblica. Quelle riforme, e noi l'avevamo detto, avrebbero fatto bene al Paese e non al Partito Democratico. Quelle riforme avrebbero permesso all'Italia di diventare un Paese più semplice. Ma questo No non può bloccare per i prossimi anni il percorso di riforme costituzionali".
"Non abbiamo perso, abbiamo straperso. Abbiamo straperso e chi fa i giri pindarici per dire che abbiamo preso un sacco di voti dice la verità, ma il 40% a un referendum non è una vittoria, ma una sconfitta. I settori in cui abbiamo perso di più sono il Sud e i giovani, in particolar modo anche sul segmento 40enni. Abbiamo perso al Sud, perché non c’è stato il coinvolgimento vero di una parte importante del Mezzogiorno, che ci aveva affidato la speranza. L’approccio è stato un po’ troppo centrato sul notabilato e un po’ poco sulle forze più vive del sud. Abbiamo messo un sacco di soldi nel Mezzogiorno e sono certo che sapranno spenderli bene. Ma dico anche che aver messo tutte queste risorse senza essere riusciti a coinvolgere nel modo giusto le altre persone è stato un errore. Il Cipe ti fa ricostruire un ponte, la politica ti fa ricostruire una speranza. Se non lo facciamo noi non lo farà nessun altro, non lo faranno quelli che sanno dire solo di no”.
“Abbiamo perso i giovani. Non siamo riusciti a convincere la nostra generazione. Siamo stati sconfitti in casa, tra i 40enni. Abbiamo perso l’andata in casa e i gol presi in casa valgono doppio. Non siamo riusciti a prendere questa generazione come avremmo voluto sul referendum. C’è una parte del paese che abbiamo dato impressione di non coinvolgere, non includere. Compresi i 30 e 40enni. Parte del Paese a rischio populismo. Ma non è un problema di casta, è un problema di mancanza di comunità, come nelle periferie del nostro scontento l’idea di un senso di comunità che si sfalda ha creato una maggiore disaffezione e distanza rispetto alla politica tradizionale. C’è bisogno di una risposta comunitaria, trovare le ragioni dell’appartenenza alla comunità”.
Il problema del referendum, ha dichiarato Renzi durante la relazione, è stata la personalizzazione della riforma. Il Partito Democratico, ha sottolineato l'ex presidente del Consiglio, avrebbe dovuto puntare sulla politicizzazione del quesito e non, come erroneamente fatto, sulla personalizzazione. “Qualcuno ha detto che il mio discorso sulla sconfitta era finto e falso. Io mi sono dimesso quattro volte in una settimana e ho esaurito il numero di dimissioni medie della vita di un democristiano. Non è facile lasciare. Gli scatoloni li ho fatti di notte per non farmi vedere, ma quando sono uscito da Palazzo Chigi, guardando i militari che tributavano gli onori, io ho pensato ai miei figli. La sconfitta fa parte del gioco della politica e se tu non sei in grado di caricartela non sei un buon leader. Non si può stare in una comunità dicendo ‘abbiamo non vinto‘. Il leader è chi ammette di avere perso e cerca di ripartire dagli errori. Se hai perso il giorno dopo devi cercare di essere migliore”.
Riguardo al Congresso, Matteo Renzi ha dichiarato che il Partito Democratico farà il congresso secondo le regole e i tempi statutari. Punta alla ricostruzione della base del Partito: “Io pensavo che fosse la scelta migliore per il Pd. Pensare che persone del mio partito festeggiavano le mie dimissioni, ha ferito il senso di comunità di questa assemblea. La prima regola del nuovo corso deve essere quella di ascoltare di più. Ho accettato i consigli di chi mi ha detto di non fare del congresso il luogo dello scontro del partito. La segreteria deve funzionare meglio e dev'essere capace di dare un messaggio alla comunità e questo è stato un mio errore. Abbiamo bisogno del lavoro dei sindaci, siamo stati troppo chiusi su Roma mentre invece dovremmo aprirci. Non mi vedrete a fare un tour in giro per il Paese, è finito il tempo in cui andiamo a riempire i teatri e ad animare le folle. In questo momento io vorrei essere capace di lavorare in modo meno organizzato, voglio essere quello che fa l'allenatore e non più il giocatore, voglio fare il talent scout per trovare giovani donne e uomini che possano fare grande il Partito Democratico".
Si andrà al voto, non si sa però né come e né quando, sostiene Matteo Renzi, sottolineando che in questo momento "non è certo il Partito Democratico che ha paura delle elezioni, ma sono gli altri partiti, le opposizioni ad averla. Noi chiediamo alle altre forze politiche di non fare melina sulla legge elettorale e allora bisogna partire dalla chiarezza: maggioritario o proporzionale? C'è un'unica proposta secondo me valida per andare alle elezioni, una legge equilibrata che ha visto vincere sia candidati di centrosinistra e centrodestra, con candidati riconosciuti sul territorio, una proposta che porta il nome del presidente Sergio Mattarella. Ci dicano ora gli altri che cosa vogliono fare, se accettano la proposta di tornare al Mattarellum. Se vogliono dire di sì lo devono dire, lo chiedo a Forza Italia, alla Lega Nord, ai nostri alleati centristi, lo chiedo alla sinistra e lo chiedo al Movimento 5 Stelle. Se invece verrà fatta melina sulla legge elettorale, però, sappiamo che andremo a votare con il consultellum".