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Reddito di cittadinanza, l’Ue apre una procedura d’infrazione: discrimina i cittadini non italiani

La Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia: il reddito di cittadinanza non dovrebbe andare solo a chi è residente in Italia da dieci anni, ma dovrebbero poterlo avere tutti i cittadini Ue in Italia che hanno i requisiti. Contestato anche l’assegno unico, per lo stesso motivo.
A cura di Luca Pons
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La Commissione europea ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia perché le norme per accedere al reddito di cittadinanza sono in contrasto con le regole dell'Unione europea sulla libera circolazione dei lavoratori e sui diritti dei cittadini. La norma contestata, in particolare, è quella che richiede di avere la residenza in Italia da almeno dieci anni per ricevere il Rdc. Secondo quanto segnalato dalla Commissione, il reddito di cittadinanza dovrebbe andare a tutti i cittadini dell'Unione europea residenti in Italia che ne hanno diritto, a prescindere da dove abbiano avuto la residenza in passato.

Questo criterio, infatti, sarebbe una "discriminazione indiretta": non è proprio come se ci fosse scritto che i cittadini non italiani non possono avere il reddito di cittadinanza, ma è comunque molto più probabile che siano i cittadini italiani a poter rispettare il requisito. In questo modo, peraltro, anche coloro che ricevono protezione internazionale non possono accedere al Rdc, perché arrivano in Italia in condizioni particolari e certamente non sono residenti nel Paese da dieci anni.

L'ultima obiezione della Commissione europea è su un effetto indiretto che il criterio potrebbe avere sugli italiani. Un lavoratore o una lavoratrice, infatti, potrebbero essere scoraggiati dall'andare a lavorare all'estero, perché se prendono la residenza in un altro Paese e poi per qualche motivo tornano in Italia, dovranno aspettare dieci anni per avere di nuovo i requisiti per il reddito di cittadinanza.

Cosa deve fare adesso l'Italia per rispondere alla procedura d'infrazione

Il meccanismo delle procedure d'infrazione, nell'Unione europea, funziona in questo modo: da oggi – il giorno in cui la Commissione ha inviato una lettera per chiedere spiegazioni – il governo italiano ha due mesi di tempo per rispondere. In sostanza, il governo Meloni dovrebbe scrivere un'altra lettera alla Commissione, spiegando perché ritiene che il criterio dei dieci anni in Italia non sia contrario alle norme dell'Ue, oppure annunciando che cambierà la legge.

Se il governo non dovesse rispondere affatto, o se la risposta non fosse soddisfacente, si passerà allo step successivo. La Commissione invierà una nuova lettera, questa volta con un parere motivato. Nel testo si spiegherà perché e in che modo lo Stato membro, in questo caso l'Italia, deve adeguarsi alle leggi dell'Unione europea che sta violando. Entro altri due mesi, il governo dovrebbe intervenire.

Passata la nuova scadenza, la Commissione presenterebbe un ricorso alla Corte di giustizia europea. Questo tribunale potrebbe stabilire che l'Italia ha effettivamente violato il diritto dell'Unione europea, obbligare il governo a cambiare le leggi in questione e, se non lo fa in tempi ragionevoli, dargli una multa da pagare.

La maggior parte delle procedure non arriva a questo passaggio, comunque, perché la Commissione e lo Stato membro trovano un accordo prima. Nel caso dell'Italia, considerando la volontà del governo Meloni di cancellare il reddito di cittadinanza a partire dal 2024, la Commissione potrebbe anche decidere di attendere questa scadenza senza proseguire nella procedura d'infrazione.

Anche l'assegno unico sotto accusa: può averlo solo chi è in Italia da due anni

La Commissione europea ha lanciato anche un'altra procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia, con una motivazione decisamente simile ma rivolta a un'altra misura assistenziale: l'assegno unico e universale per i figli a carico. Il sussidio nato nel marzo 2022, ha infatti un criterio simile a quello previsto per il reddito di cittadinanza, anche se più ridotto: lo possono ricevere solo i cittadini residenti in Italia da almeno due anni.

In più, l'assegno unico spetta solo a chi vive sotto lo stesso tetto dei figli. Anche questo criterio, secondo la Commissione, viola alcune norme dell'Unione europea. Anche in questo caso, il governo italiano dovrà rispondere entro due mesi. Visto che Giorgia Meloni ha più volte detto di voler puntare molto sul sostegno alla famiglia e alla natalità, l'intervento sull'assegno unico potrebbe avere un'importanza maggiore per il governo, rispetto a quello sul Rdc.

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