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Opinioni

Quel razzismo dell’Italia peggiore che non muore mai

Un recente studio promosso dalla Comunità ebraica romana ha portato alla luce identità e metodi che usarono i delatori italiani che consegnarono gli ebrei romani ai nazisti. Una lista che oggi disgusta, ma i cui protagonisti sono stati animati dallo stesso odio razziale dei leghisti di oggi con i cartelli “ruspa”.
A cura di Sabina Ambrogi
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Si è appena conclusa un'inchiesta che fa emergere come i nazisti grazie alle delazioni di alcuni italiani siano venuti a conoscenza dei recapiti degli ebrei romani (767 in tutto), nel tempo successivo alla famigerata retata del 16 ottobre 1943 al Ghetto. L’inchiesta è stata condotta da Silvia Haia Antonucci, responsabile dell’Archivio della Comunità ebraica romana, Claudio Procaccia, direttore del Dipartimento Cultura della Comunità, dallo storico Amedeo Osti Guerrazzi e del demografo Daniele Spizzichino.

Colpisce ma non troppo, oggi, in un fiume in piena di neo razzismo tutto italiano, questo rigurgito dagli archivi della memoria che va a occupare gli scaffali di un nuovo armadio della vergogna. Sapevamo delle spie. Che erano italiani e fascisti. Non sapevamo i dettagli. Non è facile dover ricordare che fossero persone come noi: bottegai, guide turistiche, portieri. Mogli. Alcuni si finsero mediatori per i familiari lontani, invece vendevano gli ebrei ai nazisti con l'inganno. Criminali comuni, della specie più vile e disgustosa.

La lista dei delatori che “non renderemo pubblica”, dice Fabio Perugia portavoce della comunità ebraica romana, “è però a disposizione degli storici (negli uffici della Comunità ebraica romana). Non faremo certo noi la spia, cioè le stesse cose che fecero loro. Se si vuole si può studiare il profilo di chi è stato delatore e comunque, a parte due, sono tutti morti. Va anche detto che c'è stato un tessuto sociale che ha aiutato, e grazie a questo l'85% della comunità ebraica romana si è salvata. Come li abbiano aiutati e perché è un altro discorso, ma si sono salvati. Tuttavia, chi è stato deportato lo è stato a seguito di una denuncia di altri italiani. Erano vere e proprie bande in alcuni casi”.

Viene in mente che i figli o i nipoti dei peggio italiani, oggi si sono riciclati nella nostra società e magari occupano posti di rilievo, o magari hanno mantenuto privilegi raccolti allora grazie a quelle delazioni. Hanno rimosso le colpe dei padri? Le hanno elaborate? Le avranno mai sapute? Quesiti che rimarranno a lungo senza risposta, o che occuperanno forse la prossima narrazione cinematografica ma che devono suggerirne da subito altri: come è stato possibile che ci siano state delle persone come noi scivolate in questo abisso per convinzione feroce, per noncuranza o per paura, o per paura che qualcuno gli togliesse “la roba” questa entità tribale e infantile che ha marcato il nostro essere italiani e dalla quale non riusciamo mai a smarcarci veramente?

E per ritornare ai nostri giorni, è proprio “la roba” che caratterizza la campagna permanente di Salvini e i suoi seguaci, sempre meno comprensibili agli occhi di una metà del paese. Per questo dovremmo riannodare le fila di quella trama che ci rilancia così lontano, ma neanche poi così tanto. Dice ancora Fabio Perugia:

Certo, le cose andarono diversamente all'epoca. Gli ebrei furono presi in quanto ‘geneticamente differenti dagli altri', e per questo andavano sterminati. Ma il meccanismo di odio razziale di oggi è lo stesso. Non impariamo mai la lezione e gli anticorpi, ancora oggi, non sono abbastanza forti. Non ci dimentichiamo che non c'è mai stato un atto formale di scuse in Italia per quello che fecero agli ebrei. Il razzismo italiano è un fiume sotterraneo, che riaffiora all'improvviso, magari da persone dalle quali non ti aspetti. Quello che sta succedendo a Roma (a seguito dell'incidente di auto del rom) fa paura. Non dicono neanche più “ mandiamoli via”, o magari “ bruciamo il campo rom”, dicono “ bruciamo i rom”. Salvini poteva scegliere di abbracciare un elettorato moderato oppure cogliere tutte le mele marce dell'estrema destra. E' quello che ha fatto. Ha scelto di giocare sulla pelle di chi ha una posizione di svantaggio.

E come non ripensare ai peggio italiani di allora, osservando quella fotografia che ha circolato nei social subito dopo il successo incassato dal leader della Lega (e visibile in apertura)? Un gruppetto di persone sorridenti esultanti, tengono in mano il cartello “campi Rom? Ruspa”. Questo macchinario così vitale e fondamentale per il lavoro nei campi, che smuove la terra per ridargli la vita, trasformato in un meccanismo di disperazione e di morte. Dove andrebbe dunque chi ha la casa distrutta da una ruspa? Perché quella nonna con gli occhiali, che sorride così felice nella selva di cartelli mortiferi non si è fatta la domanda? Cosa stanno togliendo immigrati e rom esattamente a lei? La roba? Ancora la roba. Ci voleva un cantante, Antonello Venditti a Ballarò, con i suoi capelli tinti nero pece, e dietro degli improbabili ray ban, per riportare Matteo Salvini con una delle sue ridicole magliette con l'effige di una ruspa in azione alla sua verità “ma dove devi anda' con quella ruspa? Salvini, ricordati che ti paghiamo noi”. Ma allora perché i talk politici italiani continuano a ospitare la violenza concettuale senza censurarla, ma anzi, lasciando che si metta di nuovo in circolazione un tema così irrazionale e distruttivo e permettendo che si chiami chi prova disgusto: “buonista”?

E la maglietta con la ruspa in vendita su Amazon? Come è consentito pagare 12 euro per poter dichiarare a una fetta di umanità: vi odio, e spero che vi accada il peggio. Anzi vi faccio vedere l'arnese con cui sto per annientarvi. Come fa quel gruppetto così emblematico di leghisti a condividere il piacere di questa violenza senza sentirsi parenti stretti delle spie di allora?

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Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
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