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Covid 19

Perché l’obbligo vaccinale è giusto, ma non basta per sconfiggere Omicron

L’obbligo di vaccino per gli over 50 che non lavorano e il green pass per chi lavora sono la prova della gravità di Omicron. Ma ne vedremo gli effetti quando Omicron se ne sarà già andata.
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Ci sono mille ragioni per plaudere alla decisione del governo di estendere l’obbligo vaccinale alle persone over 50 attraverso il Super Green Pass. La prima tra tutte è, al solito, quella di spingere ulteriormente la campagna vaccinale per diminuire la pressione sul sistema sanitario, laddove i non vaccinati occupano almeno sette posti su dieci nelle terapie intensive Covid. La seconda tra tutte, per sgombrare il campo dagli equivoci tra ciò che è una scelta e ciò che non lo è. Per gli over 50, brutalmente, non vaccinarsi non è e non può più essere una scelta.

È una scelta che nessun altro Paese europeo – Austria esclusa – ha ancora preso, nemmeno chi come la Germania aveva accarezzato l’idea nelle settimane precedenti, e questo da l’idea di quanto Omicron abbia mutato completamente, per l’ennesima volta, le carte in tavola e le strategie del governo Draghi, che fino a poche settimane fa sembrava avere la situazione saldamente in pugno e che oggi arranca tra contagi che esplodono, caos tamponi e regole confuse e contraddittorie.

La cosa curiosa, però, è che l’obbligo vaccinale per gli over 50 non servirà un bel nulla per sconfiggere Omicron. Non serve perché i suoi effetti si vedranno tra settimane, se non tra mesi, e perché è comunque aleatorio sperare che pure una misura così drastica possa convincere chi fino a oggi non si è vaccinato, tanto più se nemmeno lavora. Certo, c’è una bella differenza tra la consapevolezza di esercitare una legittima scelta e quella di infrangere una legge, in teoria, ma nel Paese dell’evasione fiscale e del lavoro nero è difficile che questa differenza di percezione possa avere effetti pratici è quantomeno opinabile.

Se la curva dei contagi di Omicron inizierà a calare, probabilmente, lo farà per altri motivi. Perché ci ha contagiato tutti, o perché mezzo Paese è di fatto in quarantena, ma non certo per qualche centinaia di migliaia di vaccinati in più. Fa male dircelo, ma in questi casi, servirebbe un lockdown o qualcosa di simile per far calare i contagi, e i ricoveri, e i morti in un tempo relativamente breve. Evidentemente, non siamo più disposti a sopportarne i costi sociali. Evidentemente, la politica non è più disposta a sopportarne i costi politici, tantomeno a un anno dal voto. Non rimane che incrociare le dita e sperare che Omicron se ne vada da sola, o si “raffreddorizzi”. Che come strategia, concedetecelo, non è il massimo.

Diverso è se consideriamo l’obbligo vaccinale nel medio periodo. Quando di dose in dose dovrà essere chiaro che la protezione che il vaccino garantisce contro gli effetti gravi del Covid, sarà importante che la campagna vaccinale non perda di intensità, anche quando i contagi staranno a zero, anche quando le varianti sembreranno un ricordo lontano.

Già, le varianti. Sono loro, ormai lo sappiamo, la variabile impazzita di questa pandemia. Varianti che si sviluppano lontano dalle nostre polemiche, dalle nostre terze e quarte dosi, dai nostri obblighi vaccinali, in Paesi in cui la circolazione del virus è per mille motivi accelerata. I casi che quadruplicano in poco più di una settimana in India – là dove già era nata la variante Delta -, e la variante scoperta in Camerun e già arrivata nel sud della Francia, sono lì a ricordarci che questa pandemia è un affare globale e che solo agendo a livello globale si potrà sconfiggere.

Finché non assumeremo questa consapevolezza, e finché non agiremo di conseguenza, tutto sarà un palliativo per far sopravvivere, mese dopo mese, un sistema economico globale che è il diffusore perfetto di quella pandemia che minaccia di distruggerlo. Per questo vaccinarci tutti è fondamentale, ma non è neanche lontanamente sufficiente per dirci fuori. Prima ce ne facciamo una ragione, meglio è.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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