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Perché l’algoritmo per le supplenze continua a penalizzare i docenti: sul sistema si esprime la Cassazione

Anche quest’anno si registrano lamentele dei docenti sul sistema di assegnazione degli incarichi scolastici, basato su un meccanismo automatico che genera storture. Sulla legittimità dell’algoritmo per le supplenze a scuola dovrà ora pronunciarsi la Corte di Cassazione.
A cura di Redazione
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di Domenico Mussolino

“Il sistema dell’algoritmo anche quest’anno ha lasciato a casa colleghi con anni di esperienza favorendo coloro che occupano le ultime posizioni in graduatoria”. Ce lo dice sconsolata Stefania (il nome è di fantasia), un’insegnante proveniente dalla Campania, che lavora da sette anni in Romagna. Nell’anno scolastico 2023/2024 è stata superata da chi aveva un punteggio inferiore al suo, mentre nel 2025 ha ottenuto un posto a svantaggio di chi le era davanti in graduatoria.

“Io sono una persona fortunata. Un collega che conosco è stato saltato in prima convocazione e non è stato più ripescato: si trova venti posizioni sopra di me. Non è giusto: è in cattedra da 12 anni”, spiega la docente, che preferisce mantenere l’anonimato. “Credo che la scuola abbia bisogno di un ordine ben preciso. Le supplenze devono essere assegnate in base alla graduatoria, non con questo sistema scriteriato che vede in cattedra chi non ha idea di come si gestisce una classe, a scapito di chi è sul campo da oltre 10 anni”.

“Non è equo, non rende merito e non riconosce i sacrifici che tanti di noi affrontano, lontani da affetti e da casa”, continua, precisando di aver provato a cercare un confronto con le istituzioni. “Ho scritto anche alla segreteria del Ministero, ma non ho avuto risposte”.

Come funziona l’algoritmo

In effetti, il sistema presenta un inghippo. Il meccanismo che assegna le cattedre non opera sempre secondo principi meritocratici, bensì secondo un processo che dovrebbe assicurarne l’efficienza. Sta qui la stortura dell’algoritmo che, dal 2020, stabilisce quale sede spetti a ciascun docente in base alla disponibilità e alle sue preferenze.

Alla base di tutto, c’è un processo a fasi. Il sistema esamina infatti le domande candidato per candidato, partendo da chi ha il punteggio più alto. Quando considera la situazione di un iscritto, verifica le sue preferenze per individuare un match con le disponibilità delle cattedre offerte in quel momento. Se trova una corrispondenza, gli assegna una sede. Ma se non la trova, non conferisce nessuna cattedra al docente in esame, lo supera e passa ad analizzare la situazione degli insegnanti che si trovano più in basso nella graduatoria. Dopo la prima fase viene pubblicato un bollettino, con il primo giro di nomine.

Chi non ha ottenuto un posto nella prima convocazione è considerato rinunciatario (poiché non sono state riscontrate corrispondenze tra la sua istanza e le possibilità di impiego del momento), anche se non gli è stato offerto alcun ruolo, secondo un’interpretazione dell’ordinanza ministeriale in materia. Ma i docenti scavalcati sostengono di non aver rinunciato esplicitamente a un’assegnazione e, di conseguenza, vorrebbero rientrare in gioco anche nei giri di nomine successivi, quando l’algoritmo analizza gli altri candidati, e si potrebbero avere ulteriori possibilità. In teoria, solo in caso di un esplicito diniego l’insegnante dovrebbe essere considerato rinunciatario, non semplicemente perché non si è trovata corrispondenza.

L’opinione dell’esperto

Ce lo spiega bene Carlo Capocaccia, un esperto in materia: è uno dei legali della Gilda di Frosinone (il sindacato degli insegnanti). “Quando i docenti fanno domanda, la fanno al buio, senza conoscere le effettive disponibilità degli istituti. Quando l’algoritmo va a fare le chiamate, nel momento in cui trova una disponibilità, la assegna. Se la sede non era stata indicata dal candidato sotto esame, l’algoritmo scavalca la posizione e prosegue con l’esame degli altri candidati. Chi è stato superato nel processo, viene considerato rinunciatario e viene perciò cancellato da tutta la graduatoria. Ma per essere considerato rinunciatario dal punto di vista giuridico occorrerebbe un consenso informato, bisogna che il docente sappia quali sono tutti i posti disponibili. Nel momento in cui non si ha questa consapevolezza, non si può derivare da questa scelta la rinuncia”.

I ricorsi giudiziali

Alcuni insegnanti iscritti alla graduatoria per le supplenze (GPS) si vedono quindi superati da chi ha un punteggio inferiore, e questo genera malcontento e frustrazione fra chi vorrebbe lavorare e non può farlo per colpa del sistema. Non si tratta solo di un danno per la situazione presente, ma genera anche problemi per la progressione nella carriera, perché chi non viene nominato non può accumulare ulteriore punteggio per il futuro.

Molti docenti se ne lamentano e ricorrono alle vie legali per farsi risarcire. I giudici di merito spesso hanno dato loro ragione. Ma il Ministero dell’Istruzione la pensa diversamente: ha sempre difeso il meccanismo e ha proceduto con l’impugnazione delle sentenze. Finora si sono espressi in materia vari magistrati. Sono intervenuti il tribunale di Pola, quello di Torino, quello di Castrovillari, quello di Arezzo, quello di Pisa e quello di Brescia, per ricordarne solo alcuni. Anche le Corti d’appello di Napoli e Milano si sono pronunciati in favore degli insegnanti. Così la materia è diventata oggetto di discussione, perché ci sono principi contrastanti nelle decisioni dei giudici.

Il meccanismo dell’algoritmo è accusato di non rispettare i principi meritocratici posti a livello costituzionale. D’altra parte, il dicastero di Viale Trastevere rivendica la bontà del processo perché consente più efficacia nell’azione amministrativa: se si permettesse ai candidati di essere coinvolti nei turni successivi della stessa graduatoria, verrebbe paralizzato l’avvio dell’anno scolastico, in quanto le assegnazioni delle supplenze non avrebbero mai fine, generando una serie di operazioni a catena.

Si è arrivati a un’impasse che ha portato la Corte d’Appello di L’Aquila a chiedere il pronunciamento della Corte di Cassazione (con un’ordinanza dello scorso ottobre). Si dovrà fare chiarezza fra gli orientamenti dei giudici di merito, ma i tempi saranno abbastanza lunghi.

Che fare, intanto?

Ma intanto, cosa può fare un docente che si trova invischiato in questa situazione? “Io consiglio di fare ricorso perché si è in attesa di questa decisione della Cassazione”, commenta l’avvocato Capocaccia. “Con questa incertezza, bisogna rivolgersi ai sindacati e ai legali. I professori conoscono perfettamente la situazione di chi è stato scavalcato. Prima si fa precedere tutto da una diffida: basta un’email Pec al ministero, rivendicando il diritto all’assegnazione di una sede. Dopo di che, trascorsi 10 giorni, si può procedere con il ricorso giudiziale”. L’esito dei ricorsi non è mai stato scontato. Almeno per ora.

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