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Perché la tassa al 15% per le multinazionali rischia di essere una presa in giro

Lo scorso fine settimana i Paesi del G7 hanno annunciato che si impegneranno a istituire una tassa globale al 15% per le multinazionali, dovuta in ogni Stato dove queste generano dei guadagni. Può certamente sembrare una buona notizia, ma è davvero così? In realtà anche con un tassa globale al 15% Big Tech e multinazionali continuerebbero a generare miliardi e miliardi di profitti, pagando decisamente meno tasse di un’azienda nel nostro Paese, dove la pressione fiscale è circa al 40%.
A cura di Annalisa Girardi
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È da anni, specialmente dall'ascesa dei colossi del tech statunitensi, che si parla di tassare le multinazionali anche nei Paesi dove fatturano e non solo in quelli dove hanno la sede di riferimento. Che solitamente, guarda caso, sono dei paradisi fiscali. Lo scorso fine settimana i Paesi del G7 hanno annunciato che si impegneranno a istituire una tassa globale al 15% per le multinazionali, dovuta in ogni Stato dove queste generano dei guadagni. Può certamente sembrare un importante passo avanti pensando a tutte le tasse che i Big Tech al momento non stanno pagando nella maggior parte dei Paesi dell'Unione europea, dove hanno comunque ricavi miliardari. Ma è davvero così?

Prendiamo l'esempio dell'Italia. Nel nostro Paese la pressione fiscale è circa al 40%, il che vuol dire che sia le piccole e medie imprese che i lavoratori dipendenti si troverebbero a pagare tasse molto più alte rispetto a quelle che verrebbero richieste alle multinazionali, pur registrando profitti decisamente inferiori. Insomma, anche con un tassa globale al 15% i colossi statunitense del web continuerebbero a generare miliardi e miliardi di profitti, pagando però decisamente meno tasse di un’azienda italiana o francese, piuttosto che tedesca.

Parliamoci chiaro: sicuramente il fatto che sia stato intavolato il discorso è una buona notizia. Soprattutto se consideriamo che per tanti anni l'argomento è rimasto un tabù: pensare di "pestare i piedi" alle potenti multinazionali costringendole a pagare le tasse in tutti i Paesi in cui operano non era semplicemente un'opzione fino a poco tempo fa. Ma così come è stata pensata, con un’aliquota al 15%, questa tassa rischia di essere una presa in giro.

Perché significherebbe legittimare i Big Tech e le grandi corporazioni ad andare oltre le regole del mercato. Ma non solo: vorrebbe dire riconoscere a poche multinazionali il diritto di arricchirsi a dismisura sulle spalle del resto del mondo, che verrebbe invece lasciato indietro. Vorrebbe dire accettare un divario tra chi diventa sempre più ricco e chi invece rischia sempre di più di scivolare verso la precarietà. La pandemia ce l’ha mostrato chiaramente. Nell’ultimo anni le multinazionali con ricavi miliardari non hanno fatto che aumentare i propri guadagni, mentre le piccole aziende e i lavoratori comuni sono stati schiacciati dal peso della crisi economica. Se non iniziamo un processo di redistribuzione, se non iniziamo a parlare seriamente di diritti sociali e di economia equa, il mondo post-Covid sarà ancora più diseguale e ingiusto. È davvero il mondo in cui vogliamo vivere?

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A Fanpage.it sono vice capoarea della sezione Video. Scrivo, realizzo video e podcast su temi di attualità e politica, provando a usare parole nuove per raccontare il mondo di sempre. 
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