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Perché dopo il disastro Casellati tutte le strade portano a Mattarella bis (o quasi)

Il rovinoso blitz del centrodestra per portare Elisabetta Casellati al Quirinale è il segnale che nessuno schieramento può eleggersi da solo il Presidente della Repubblica. E che se non lo capiscono i leader, glielo spiegherà un Parlamento sempre più favorevole al Mattarella Bis.
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L’occasione era troppo ghiotta per non provarci, evidentemente.
Se al centrodestra fosse riuscito di eleggere Elisabetta Casellati presidente della repubblica avrebbe in un colpo solo conquistato il Quirinale, rotto la maggioranza di governo, avviato il Paese verso le elezioni anticipate con l’attuale legge elettorale, disintegrato la coalizione di centrosinistra e messo a forte rischio le leadership di Enrico Letta nel Pd e di Giuseppe Conte nel Movimento Cinque Stelle. A volerla dire tutta, sarebbe stato un successo anche se i voti non fossero arrivati alla soglia dei 505, ma avessero tracimato gli argini della coalizione di centrodestra. Forse ne sarebbero bastati anche solo 470 per attrarre come un canto di sirene i grandi elettori incerti sul carro del vincitore prossimo venturo.

Insomma, provarci era probabilmente nell’ordine delle possibilità, per Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Farlo con cognizione di causa, evitando di trasformare una straordinaria opportunità in una minaccia mortale, avrebbe dovuto essere l’unica precondizione al tentativo.Anche perché, lo diciamo da testimoni privilegiati, le avvisaglie di un’imboscata da parte dei franchi tiratori di Forza Italia (e pure dell’ala draghista della Lega, a dirla tutta) c’erano tutte.

La storia ci dirà se Salvini e Meloni non se ne sono accorti, o se hanno tirato dritto per eccessiva confidenza, o se il piano sia inserito in una raffinatissima strategia che allo stato attuale non siamo in grado di comprendere nella sua totalità. Sta di fatto che Elisabetta Casellati si è fermata a 382 voti, perdendone per strada una sessantina senza guadagnarne mezzo, nonostante tutte le strategie messe in atto per evitare i franchi tiratori. Che, così facendo, il centrodestra si è bruciato la carta più prestigiosa che aveva, quella della presidente del Senato. E che, dopo aver condotto il gioco per quattro giorni e mezzo, ha restituito il pallino a un centrosinistra in crisi nera, con Enrico Letta che aveva puntato tutto su Mario Draghi e un Movimento Cinque Stelle dilaniato dalla guerra civile tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio.

Quel che ci dice la cronaca è che oggi come oggi il centrodestra si è giocato la possibilità di esprimere il Presidente della Repubblica. Che non esiste di fatto nemmeno più un solo centrodestra, o che perlomeno c’è una fronda tra Forza Italia e la Lega di governo che ha giocato contro Salvini e Meloni. Che di sponda con questa fronda, il centro sinistra potrebbe eleggersi il presidente della Repubblica e sostenere un nuovo governo senza la Lega, lasciando Salvini e Meloni all’opposizione, con le riforme fatte, i soldi del Pnrr da gestire e la legge elettorale da cambiare. Che ci riescano è un altro paio di maniche: questa pazza settimana di conclave quirinalizio ci insegna che non c’è vantaggio che non si può dissipare, e che non c’è leader che controlli compiutamente le sue armate. Nulla ci vieta di pensare, in altre parole, che se pure il centrosinistra provasse a forzare la mano, non incorrerebbe in un’altrettanto cocente ecatombe.

Ecco perché, nonostante tutto, la trattativa tra le parti è inevitabile. E che al centro del tavolo ci siano sempre gli stessi nomi: Draghi, che rimane il candidato più gradito all’establishment italiano e internazionale; Casini, che rimane il candidato che più facilmente metterebbe d’accordo le leadership di partito; e Mattarella, che è probabilmente quello che i parlamentari rieleggerebbero a furor di popolo se non fossero teleguidati dai loro capi. A margine, outsider come Elisabetta Belloni, che potrebbero trovare il favore di una fortunata coincidenza astrale.

Dovessimo puntare due centesimi, la cartina tornasole, a partire dalla sesta votazione, sarà l’ascesa dei voti “spontanei” a favore della rielezione di Sergio Mattarella. Dovessero crescere oltre le aspettative, di voto in voto, sarebbe quasi inevitabile per i partiti non prendere atto di questa chiara indicazione dell’emiciclo, peraltro suffragata dall’enorme consenso popolare di cui gode il presidente uscente. E a quel punto, forse, a qualcuno di loro potrebbe pure venire in mente che avrebbero potuto pensarci prima e risparmiarci il grottesco spettacolo di questi giorni.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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