
Oggi voglio parlarvi di una cosa particolarmente curiosa, che merita un po’ di attenzione, in questo spazio che sta diventando anche un piccolo osservatorio dei media italiani. Mi riferisco al modo in cui i giornali della destra (ma non solo) stanno trattando la figura di Giorgia Meloni relativamente a quanto lei possa incidere sul complesso scenario internazionale.
Come certamente saprete, siamo in presenza di una situazione decisamente complessa, con ripercussioni e sviluppi futuri tutti ancora da decifrare. I venti di guerra che soffiano in Medio Oriente, del resto, sono il risultato di processi che vanno avanti da anni, ma anche di scelte politiche ben definite, su cui la comunità internazionale sembra essere completamente impotente. Ancora una volta, chi ha l’iniziativa tende a imporla, lasciando agli altri il compito di gestire le scorie di situazioni difficilmente ricomponibili.
Il modo in cui Donald Trump ha seppellito il G7, ve lo raccontavo ieri, è emblematico di questo momento storico. E tutto lascia pensare che il multilateralismo, se mai ci sia stato, è una stagione che appartiene al passato.
La strategia che lo stesso Netanyahu ha messo in pratica, sia a Gaza quanto in Libano e in Iran, mostra il sostanziale disinteresse per possibili, potenziali e mai attuate, risposte della comunità internazionale e, non in subordine, per i principi basilari del diritto internazionale.
In una situazione del genere, gli spazi di manovra sono risicati, ridotti al minimo, perfino per le entità sovranazionali. Figuriamoci per un singolo leader di un singolo Paese, che tra l’altro ha scelto di contrapporsi, o almeno di non allinearsi, ai suoi alleati storici in Europa.
Il riferimento è ovviamente a Giorgia Meloni, la cui scalata sullo scenario internazionale si è bruscamente interrotta dopo la scelta controversa — e molto discutibile — di allineare la linea di politica estera italiana a quella della nuova amministrazione statunitense guidata da Donald Trump. L’ininfluenza di Giorgia Meloni sui processi a cui stiamo assistendo è un dato di fatto. E nessuno potrebbe biasimarla per questo, considerando che persino le comunità sovranazionali si stanno rivelando impotenti.
Un quadro chiaro a tutti, ma non ai giornali della destra, che continuano a proporre questa ricostruzione molto strana delle gesta eroiche e del piglio da grande statista della nostra Presidente del Consiglio sulla scena internazionale. Nelle ricostruzioni, lei è sempre “in prima fila”, “pronta a mediare”, “elemento di congiunzione”, “decisa a prendere l’iniziativa”. In particolare, il modo in cui le attribuiscono un presunto impegno del G7 per la tregua a Gaza è piuttosto imbarazzante, considerando il topolino partorito dai leader del mondo ed esplicitato da un comunicato finale omissivo e lacunoso, con tanto di nuovo via libera a Israele per "difendersi".
Un’occhiata ai principali giornali che fanno riferimento alla destra al governo può servire a rendere più semplice quello di cui stiamo parlando. Ci sono alcuni passaggi — devo dire la verità — in qualche modo tra il ridicolo e il pretenzioso, che da soli bastano a chiarire come si stia cercando di imporre una certa narrazione di Giorgia Meloni, utile soprattutto a indirizzare il dibattito politico italiano.
Cominciamo dal primo giornale italiano, il Corriere della Sera. Che, super partes per definizione, da tempo ha una posizione molto particolare sulle gesta all’estero di Giorgia Meloni. Il pezzo di oggi, firmato da Adriana Logroscino, si colloca perfettamente nella narrazione della “mediatrice” in grado di portare un contributo positivo grazie ai suoi “rapporti” con gli altri leader mondiali. Si legge sul Corsera, addirittura, che il blando riferimento alla situazione di Gaza sia un capolavoro diplomatico della presidente del Consiglio:
Parlare sempre con tutti. Perché è l'unica strada per avviare trattative. È con questa precisa convinzione, trasferita ai suoi, che Giorgia Meloni era arrivata a Kananaskis per uno dei G7 più difficili degli ultimi anni, con la guerra che infuria e rapporti fragilissimi tra i leader. Aver ottenuto l'inserimento dell'appello per un «cessate il fuoco immediato e permanente su Gaza», nella dichiarazione congiunta dei leader a fine vertice, è un segno. Certo, ottenere una tregua a Gaza, insieme alla de-escalation in Iran, concretamente è soltanto un auspicio. Ma politicamente tenere insieme i due aspetti come priorità è giudicato nel giro stretto di Meloni, un successo, appunto, strategico. […] Ogni piccolo passo nella direzione di un accordo è frutto di un faticoso processo, lento e precario. “Collaborazione, visione e rispetto: le basi per affrontare le sfide del nostro tempo», scrive infatti su Instagram la premier, condividendo una clip con i momenti salienti del G7. E certo in Canada non si sono trovate soluzioni a tutti i problemi perché, come sottolinea chi si occupa dei dossier, “portare a casa qualcosa dal G7 è quasi una chimera”.
Una centralità che anche Il Giornale riconosce alla presidente del Consiglio, con toni leggermente più sfumati:
La premier vede spiragli. Sia sul fronte Iran, dove “è possibile uno scenario diverso in cui si arriva a delle negoziazioni” e quindi “all'obiettivo che tutti condividiamo, che è la rinuncia da parte di Teheran a essere una potenza nucleare”. Sia su Gaza, perché – spiega – da tutti i leader con cui si è confrontata in Canada ha «trovato convergenza» sul fatto che si possa arrivare presto a un cessate il fuoco, un riferimento entrato anche nella dichiarazione finale del summit.
Lo spin di Chigi, secondo cui la presidente del Consiglio sarebbe stata decisiva per convincere gli altri leader a inserire un passaggio su Gaza nella dichiarazione finale, viene raccolto, manco a dirlo, da Il Tempo, che titola trionfale: “L’iniziativa di Meloni per la tregua a Gaza”. E scrive (noterete l’attacco praticamente identico a quello del Corsera…):
Cercare, pur nelle difficoltà, di promuovere l'azione dei Grandi per una de-escalation tra Israele e Iran e un cessate il fuoco a Gaza. È questa la direttrice in cui si è mossa Giorgia Meloni nella giornata conclusiva del G7 canadese. Il vertice è stato abbandonato anzitempo dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, ma con un fatto positivo: la sottoscrizione, da parte sua, della dichiarazione dei Grandi in cui si invoca una de-escalation tra Gerusalemme e Teheran. Lavorando di limature (Trump è nettamente dalla parte di Netanyahu, come dimostrano anche le riflessioni delle ultime ore sulla possibilità di un attacco anche degli Stati Uniti all'Iran) si è giunti a un compromesso che tiene dentro tutti i Grandi, in cui viene fatto salvo il diritto di Israele a difendersi.
Con Trump, peraltro, Meloni svolge anche un bilaterale, in cui si è discusso «dei più recenti sviluppi in Iran, riaffermando l'opportunità di riaprire la strada del negoziato», ha spiegato Palazzo Chigi in una nota. La premier italiana, “nel corso della conversazione ha anche ribadito la necessità, in questo momento, di lavorare per il raggiungimento di un cessate il fuoco a Gaza». Già, Gaza. Anche l'altro scenario terribile è stato oggetto dell'impegno della Presidente del Consiglio, che ha presentato ai suoi interlocutori una proposta di cessate il fuoco, su cui è maturato un certo consenso. Una linea di equilibrio, quindi, a (ennesima) smentita delle accuse della sinistra che invece da mesi imputano al governo italiano uno sbilanciamento politico in favore di Netanyahu”.
Quindi, avete capito, Meloni media, convince gli altri leader e lavora per una tregua a Gaza e per la risoluzione del conflitto con l’Iran. Mentre la sinistra, cito, è “amica dei dittatori” (Sallusti, Il Giornale), “sta con gli ayatollah” (Giannoni, Il Giornale), “ha Khamenei come federatore” (Capezzone, Libero), grida “Eia-Eia Ayatollah” (Cerno, Il Tempo).
Tutto molto equilibrato e continente, no?
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