7.775 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Opinioni
Elezioni politiche 2022

Per capire cosa farà Giorgia Meloni per i giovani basta guardare quello che (non) fece da ministra

La sua campagna elettorale è all’attacco, con progetti per eliminare le devianze dei giovani e crescerli così “sani e determinati”: la leader di Fratelli d’Italia sulle politiche giovanili ha costruito una carriera, ricoprendo anche ruoli di governo. Ma cosa ha fatto per i giovani nel concreto?
A cura di Roberta Covelli
7.775 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Progetti per eliminare le devianze e crescere giovani "sani e determinati": questa la proposta di Giorgia Meloni. Distratti dall’inquietudine per dichiarazioni simili, rischiamo di dimenticare che, sul tema delle politiche giovanili, la leader di Fratelli d’Italia ha costruito la sua carriera, ricoprendo anche ruoli di governo.

Dalle giovanili MSI agli incarichi ministeriali

Giorgia Meloni entra in Parlamento nel 2006, a ventinove anni, risultando la deputata più giovane della legislatura. Prima dell’elezione era stata impegnata nei movimenti studenteschi legati al Movimento sociale italiano, prima, e ad Alleanza nazionale, poi, diventando anche la prima presidente donna di un’associazione giovanile di destra. Nel 2002 è lo stesso Gianfranco Fini a nominare Giorgia Meloni nel comitato di reggenza nazionale di Azione Giovani, in cui milita anche Carlo Fidanza, comparso anche nell’inchiesta Fanpage.it Lobby Nera e al momento indagato per corruzione. Nel 2009, poi, Azione Giovane confluì nella Giovane Italia, il movimento giovanile del Popolo della Libertà.

Intanto, proprio con il PdL, nel 2008, Giorgia Meloni era stata rieletta alla Camera e, con l’insediamento del governo Berlusconi, aveva ottenuto il Ministero della Gioventù.

L’eredità al ministero: diversi fondi già stanziati dal governo Prodi

Appena insediata, Giorgia Meloni trova la situazione ideale: meno di due anni prima, con il decreto Bersani, era stato istituito e finanziato un apposito fondo per le politiche giovanili e, più in generale, con il governo Prodi e la ministra Melandri, erano stati istituiti l’Osservatorio nazionale sulle comunità giovanili, un fondo di sostegno per l'occupazione e l'imprenditoria giovanile e un ulteriore fondo per il credito ai giovani.

Per occuparsi delle politiche giovanili, Giorgia Meloni può quindi contare su finanziamenti già stanziati. Da ministra, propone anche altro. Presenta un disegno di legge sull’istituzione di comunità giovanili, "oasi per combattere il degrado", che dovrebbero basarsi sull’impegno di associazioni gestite dai giovani per i giovani. Nonostante l’iniziativa governativa e la spinta ministeriale, il progetto si arena.

Sembra decollare invece il Fondo Mecenati: come nella storia i mecenati sovvenzionavano gli artisti, così le imprese dovrebbero investire sui giovani talenti e, per farlo, possono ottenere il 40% dei finanziamenti dallo Stato. Si tratta insomma di un cofinanziamento, che, con l’obiettivo di valorizzare i giovani, garantisce fondi diretti alle imprese che presentino progetti. Il fondo è tuttora attivo e gestito dal Consap, anche se il successo non è certo in linea con promesse e annunci trionfalistici al lancio: la ministra prometteva quaranta milioni di euro, poi, alla luce della scarsa adesione da parte delle imprese, gli stanziamenti si ridussero a poco più di un ottavo (5.476.460,00 euro).

Meloni più di chiunque ha avuto poteri ministeriali sulle politiche giovanili

Questo è quanto: fondi già stanziati dal governo precedente, un disegno di legge arenato e la promessa di un trionfale piano per i giovani talenti che le imprese stesse snobbarono. Un po’ poco se si considera che, nella storia repubblicana, Giorgia Meloni è l’esponente politico ad aver presieduto per maggior tempo un ministero simile. Alle politiche giovanili, infatti, raramente è stato assegnato un dicastero, più spesso la materia è stata trattata da diversi ministeri, nell’ambito delle loro competenze. Le eccezioni sono poche: nel 1972, l’onorevole Caiati, della Democrazia Cristiana, ricoprì per poco più di un anno il ministero per i "problemi della gioventù", mentre Giovanna Melandri (per due anni, tra il 2006 e il 2008), Josefa Idem (per tre mesi nel 2013), Vincenzo Spadafora (per un anno e mezzo, col governo giallo-rosso) si sono occupati delle politiche giovanili assieme allo sport. Fabiana Dadone è attualmente ministra delle politiche giovanili, in carica da un anno e mezzo e dimissionaria insieme al governo di cui fa parte: Giorgia Meloni ricoprì lo stesso ruolo per più del doppio del tempo, da maggio 2008 a novembre 2011.

Le responsabilità del governo contro i giovani: Meloni non devia

Al netto dei giudizi sui progetti di Fratelli d’Italia e di Meloni in questa campagna elettorale, è il caso di ricordare che l’attuale candidata è proprio la ministra di allora. Chi oggi promette progetti per giovani "sani e determinati" ebbe poteri e li esercitò nel modo appena descritto. Non solo. Tra il 2008 e il 2011, il governo Berlusconi, in cui Giorgia Meloni sedeva (e con lei diversi esponenti di Fratelli d’Italia), decideva tagli lineari sullo stato sociale: dalla manovra estiva del 2008 alla finanziaria del 2009, dalla legge Gelmini sulla scuola a quella sull’università, furono fortemente ridotti i fondi a settori fondamentali per il benessere dei giovani, oltre che della società intera.

Si potrebbe dire che all’epoca Giorgia Meloni aveva poco più di trent’anni e, pur militando in politica già allora da un decennio, non aveva il potere di condizionare le scelte governative. Certo. Oggi, però, nella selezione della sua classe dirigente, quei poteri li ha. Eppure, tra le file dei candidati, oltre ai soliti La Russa Ignazio Benito e Daniela Santanché, è capolista in Lombardia Giulio Tremonti, ministro dell’economia tra il 2008 e il 2011, a confermare che, da un governo Meloni, potremo aspettarci la stessa matrice dell’esecutivo di allora.

7.775 CONDIVISIONI
Immagine
Nata nel 1992 in provincia di Milano. Si è laureata in giurisprudenza con una tesi su Danilo Dolci e il diritto al lavoro, grazie alla quale ha vinto il premio Angiolino Acquisti Cultura della Pace e il premio Matteotti. Ora è assegnista di ricerca in diritto del lavoro. È autrice dei libri Potere forte. Attualità della nonviolenza (effequ, 2019) e Argomentare è diabolico. Retorica e fallacie nella comunicazione (effequ, 2022).
790 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views