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Crisi di Governo 2022

Ora l’ultimatum è di Conte: i numeri al Senato ci sono, se Renzi ritira ministre con IV è finita

La crisi di governo è alla svolta decisiva: dopo aver recepito gran parte delle indicazioni al Recovery plan di Italia Viva, Conte fa sapere che il tempo della trattativa è finito e che le dimissioni delle ministre renziane significherebbero la fine dell’alleanza politica che sorregge il suo governo. E lascia intendere di essere pronto ad andare alla conta in Senato.
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Niente dimissioni, niente crisi pilotata, se Renzi vuole andare a fare la conta in Senato siamo pronti e se le ministre presentano le dimissioni allora fine del dialogo con Italia Viva e dell’attuale maggioranza. È netto il cambio di strategia di Giuseppe Conte alla vigilia del Consiglio dei ministri chiamato ad approvare il Piano nazionale di ripresa e resilienza, nella sua ultima versione dopo le osservazioni dei partiti politici che compongono la maggioranza. Da Chigi fanno filtrare l’indisponibilità di Conte a qualunque trattativa con Italia Viva nel caso di dimissioni di Bonetti e Bellanova, trovando immediatamente una copertura politica nel Movimento 5 Stelle, sintetizzata dalle parole di Vito Crimi: “Se Renzi si rende colpevole del ritiro dei suoi ministri, con lui e Italia Viva non potrà esserci un altro governo. Esiste un limite a tutto. Se ora, nelle condizioni in cui siamo, qualcuno si chiama fuori e saluta la compagnia, per noi è fuori e resta fuori definitivamente”.

In termini più semplici, dopo aver recepito la gran parte delle osservazioni dei renziani al piano per l’utilizzo dei fondi del NextGenUE, dopo aver lasciato intendere di essere disponibile anche a modifiche della squadra e dell’indirizzo politico, Conte non solo fa sapere che ci sono paletti insormontabili (no secco a ipotesi Boschi nell’esecutivo, no a dimissioni con reincarico lampo e niente MES), ma lancia un segnale piuttosto chiaro: la conta in Senato non ci spaventa, i numeri ci sono. Cosa è cambiato in queste ore, insomma? Come si è passati dall’arrendevolezza delle scorse settimane all’aggressività di queste ore e al gioco di sponda con i grillini (con tutti, non solo i governisti, come mostra l'intervento di Di Battista)?

Ecco, diciamo che si sono incastrati un po’ di pezzi e si sono determinate condizioni a lui molto favorevoli. Tanto per cominciare, la disponibilità del PD e di M5s ha permesso di disinnescare le obiezioni di merito di Italia Viva al PNRR, tanto che da Chigi fanno sapere di essere soddisfatti e che il contributo dato dai renziani ha “sensibilmente migliorato” il documento. Seppur con grande ritardo, insomma, i renziani hanno ottenuto la quasi totalità di ciò che chiedevano, come ammette lo stesso Renzi nella sua ultima enews: “Noi siamo ormai abituati. Prima ci insultano. E poi ci danno ragione senza ammetterlo. […] Adesso è avvenuto anche sul Recovery Plan dove – almeno a parole – ci stanno dando ragione”. Aprire una crisi puntando solo sul no al MES per le spese sanitarie, insomma, è piuttosto complicato, anche per chi è abituato agli azzardi. Soprattutto dopo che si è mosso, certo informalmente, anche il Presidente della Repubblica, che ieri aveva “lasciato passare” una serie di retroscena e indiscrezioni che rafforzavano Conte e condannavano gli animatori della crisi di governo.

Come detto, è sempre un errore sottovalutare Conte quando si tratta di trovare soluzioni a crisi intricate, veti incrociati e strategismi più o meno alla luce del sole, perché quello è un campo su cui lui e il suo staff hanno dimostrato di sapersi muovere piuttosto bene. Settimane di trattative, di lavoro nei corridoi di Palazzo Madama e Montecitorio, avrebbero infatti determinato le condizioni giuste per permettere a Conte di lanciare una vera e propria sfida: esiste una maggioranza alternativa al Senato e la pattuglia dei “responsabili” è pronta a soccorrere il Presidente del Consiglio nel caso in cui Italia Viva scelga di andare fino in fondo. Insomma, da Chigi fanno capire che se Renzi strappa, allora può “finire come Salvini” e restare in minoranza fino alla fine della legislatura.

Quanto questa strategia sia solida non è dato sapere: i numeri resterebbero risicati e il Capo dello Stato dovrebbe avallare la terza maggioranza diversa per Conte in un anno e mezzo, senza contare la difficoltà di governare con un accocchino ancora più disomogeneo del precedente. Però non va sottovalutato che uno degli effetti di una simile accelerazione potrebbe essere quello di favorire la de-escalation, come sembrano dimostrare alcune dichiarazioni di esponenti renziani in queste ore.

In molti si chiedono se si può rompere ora e in questo momento solo ed esclusivamente sulla questione MES, anche se IV sembra essersi spinta troppo in là per far finta di nulla e non ottenere neanche un rimpasto. Vedremo cosa accadrà: se Renzi ha altre carte (più o meno nascoste), se il PD continuerà a essere spettatore e accetterà di mandare in cantina rimpasto e patto di governo, e quanto è realistica l'ipotesi di una nuova maggioranza traballante in Senato.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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