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“Non c’è libertà se non si permette a una persona di essere razzista”: il post del leghista Gazzini

L’esponente leghista Matteo Gazzini, coordinatore del Carroccio negli Stati Uniti e candidato  nella circoscrizione estero (senza però essere eletto), ha pubblicato un post shock sul razzismo: “Non ci può essere libertà se non si permette ad una persona di essere razzista”. Dopo le critiche ricevute su Facebook dice però di essere stato frainteso.
A cura di Annalisa Cangemi
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AGGIORNAMENTO: "Non ci può essere libertà se non si permette ad una persona di essere razzista". Inizia così il post del leghista Matteo Gazzini, coordinatore del Carroccio negli Stati Uniti e candidato  nella circoscrizione estero (senza però essere eletto). E poi precisa: "Il problema non è il razzismo, ma la discriminazione che il razzismo crea e questo è inaccettabile in una società civile". Parole che hanno scatenato subito indignazione sui social.

Quando qualcuno degli utenti gli fa notare che il razzismo è invece chiaramente reato – La Costituzione italiana per prima condanna ogni forma di razzismo, sancendo all'articolo 3 che "tutti i cittadini, e per essi si intendono anche gli stranieri sul nostro paese,  hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua di religione di opinioni politiche di  condizioni personali e sociali" – Gazzini replica che "La propagazione dell'odio è reato ed è giusto che sia così!!! Non è reato se uno pensa ad esempio che tutti gli svedesi sono stupidi; uno lo può pensare perché ciò è garantito dall'articolo 21 della Costituzione". Una spiegazione che non ha però convinto i suoi followers.

Nel nostro ordinamento la discriminazione razziale viene condannata a partire dalla ratifica della Convenzione di New York del 7 marzo 1966, arrivata attraverso la legge n. 654/ 1975, con la quale l'Italia si prese anche l’impegno politico di eliminare ogni forma di razzismo, assumendosi l’obbligo di non attuare pratiche di discriminazione razziale verso individui, gruppi o istituzioni e lavorare affinché tutte le istituzioni pubbliche, nazionali e locali si uniformino; non incoraggiare, non difendere e non appoggiare la discriminazione razziale attuata da individui o organizzazioni; adottare misure nuove ed efficaci per rivedere le politiche governative nazionali e locali e per modificare, abrogare o annullare ogni legge ed ogni normativa che crei o mantenga una discriminazione razziale; vietare e porre fine con ogni mezzo – compresi nuovi strumenti normativi – alla discriminazione razziale praticata da individui, gruppi o organizzazioni; favorire le organizzazioni e i movimenti integrazionisti multietnici impegnati ad eliminare le barriere razziali e combattere tutto quanto rafforzi la separazione razziale (Articolo 2 della Convenzione di New York). È del 1993 invece la legge Mancino che ha compreso nelle sanzioni anche le discriminazioni religiose, introducendo una specifica circostanza aggravante a tutti i reati commessi con il fine della discriminazione razziale.

L'esponente leghista evidentemente non ricorda questi passaggi della nostra storia, e sostiene di essere stato frainteso: "Un mio post riguardante il razzismo e la discriminazione è stato sapientemente strumentalizzato da persone in mala fede. Tale post voleva provocatoriamente sottolineare che di per sé un’opinione razzista, sebbene deprecabile, non sia reato. Nei paesi liberi esiste la libertà di opinione (art. 21 Cost.) garantita addirittura costituzionalmente. Sottolineavo invece che il reato scatta quando l’opinione razzista sfocia nella discriminazione o altre condotte illecite, ed oltretutto avevo pure aggiunto che tale cosa era inaccettabile. Cosa invece preoccupante sono le fake news di odio riguardante un post che invece vuole fare solo ragionare…".

La precisazione di Matteo Gazzini a Fanpage.it

L'esponente leghista Matto Gazzini ha voluto ulteriormente chiarire il suo pensiero, contenuto nel suo post lanciato sui social. Riportiamo le sue parole:

In questi giorni è scoppiata una polemica sterile in riguardo ad un post che ho pubblicato su Facebook sulla libertà di opinione ex art. 21 Cost.
L’intenzione era di sottoporre all’attenzione dei follower il ragionamento per cui avere pensieri razzisti non costituisca reato e che questi rientrino tra le fondamentali libertà di una persona. Ho specificato che sebbene essere razzista sia lecito, non sono leciti i comportamenti discriminatori che invece vanno importantemente stigmatizzati e puniti(!)
È molto importante fare passare il concetto che la libertà di avere preferenze personali e di pensarla in una certa maniera sia lecita fino a quando queste convinzioni non sfocino in comportamenti discriminatori o propagandistici di odio.
Mai ho formulato tesi razziste ed i miei commenti ne sono una prova. La ratio del discorso era incentrata su un concetto giuridico di libertà.
Ho letto con dispiacere commenti pseudo-scientifici che dichiaravano che il mio ragionamento andava a collidere con l’art. 3 Cost., l’art. 604 c.p. o la Convenzione di New York del 7 marzo 1966 ecc, ma questo è conclamatamente falso(!) Io parlo di tutt’altro.
Alla gente deve essere garantita la libertà, anche sbagliando, di pensarla come vuole fino al momento che questo pensiero non si concretizzi in una fattispecie delittuosa.
Per concludere, trovo pleonastico ribadire che ogni forma di discriminazione sia inaccettabile, denoti ignoranza e soprattutto non è conforme al grado di civiltà da noi raggiunto.

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