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Muroni a Fanpage.it: “Conte parlava di transizione green. Ora il governo va in direzione opposta”

“Io ho dato la fiducia al Conte bis perché il presidente del Consiglio dei ministri si è presentato in Aula parlando di Green New Deal e di sviluppo sostenibile. Ma non stiamo procedendo con il necessario coraggio e con la necessaria velocità verso la cosiddetta transizione verde: manca un’accelerazione sulle rinnovabili e invece, dall’altra parte, non si sono risparmiati favori e agevolazioni all’estrazione dei fossili. Parlo in particolare dell’Eni”: così la deputata Rossella Muroni, ex presidente nazionale di Legambiente, spiega a Fanpage.it il motivo per cui è uscita dall’Aula durante il voto sul decreto Semplificazioni.
A cura di Annalisa Girardi
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Il decreto Semplificazioni è legge. Il Parlamento ha dato il via libera definitivo al pacchetto del governo per far ripartire gli investimenti pubblici e snellire la burocrazia. Sono stati 214 i voti favorevoli, 4 gli astenuti e 149 i contrari. Ci sono misure per l'accelerazione della spesa in appalti pubblici, norme per rendere più snella e digitale la pubblica amministrazione e provvedimenti sugli interventi di demolizione e ricostruzione nelle città. Ma non è tutto: ci sono anche delle misure che riguardano le politiche ambientali. Con il decreto, infatti, si inseriscono royalties più basse per le trivellazioni mentre si diminuiscono i vincoli alle autorizzazioni per la costruzione di nuovi oleodotti. Iniziative che non vanno esattamente nel senso della transizione ecologica che il governo si era posto tra le sue priorità e che l'Unione europea ha indicato come obiettivo primario per gli Stati membri, i quali si apprestano a presentare il piano di riforme per la ricostruzione economica post emergenza coronavirus. Proprio per questo motivo Rossella Muroni, deputata tra i banchi di Liberi e Uguali ed ex presidente nazionale di Legambiente, ha deciso di abbandonare l'Aula.

Muroni ha spiegato a Fanpage.it i motivi che l'hanno spinta a uscire dall'Aula di Montecitorio durante il voto sul decreto Semplificazioni, sottolineando come sia stata persa l'ennesima occasione per accelerare il passo verso la transizione ecologica. La deputata si rivolge quindi alla maggioranza, chiedendo maggior coraggio nel prendere posizione a favore delle energie rinnovabili ed esortando a rispettare gli impegni inizialmente presi in materia di politiche ambientali. Sono molti gli interessi in gioco quando si parla di politiche energetiche, ma Muroni ribadisce che la svolta green non sia una questione che riguarda unicamente gli ecologisti, ma tutti gli attori economici e politici.

Perché è uscita dall'Aula durante il voto sul decreto Semplificazioni?

È l'ennesima occasione persa. Ho votato la fiducia al governo, ma penso che quel provvedimento, come d'altronde altri che ci sono stati prima, siano il segnale che non stiamo procedendo con il necessario coraggio e con la necessaria velocità verso la cosiddetta transizione verde. Io mi occupo di questi temi da vent'anni: passare da l'indifferenza e lo scetticismo generale al fatto che ormai tutti parlino di transizione ecologica e Green New Deal è sicuramente una buona notizia, ma siccome noi abbiamo un'ambizione di governare il Paese, credo che che sia necessario segnalare che non stiamo procedendo con il giusto coraggio e con la giusta velocità e anche con la giusta coerenza rispetto agli obiettivi che ci siamo dati.

Se il governo non avesse blindato il decreto con la fiducia, come si sarebbe comportata? 

Credo che una delle cose che andava fatta era puntare assolutamente e con convinzione a facilitare la vita alle energie rinnovabili. C'è uno studio molto approfondito del Coordinamento Free, che riunisce i produttori di rinnovabili in Italia, il quale stima che se procediamo a questo ritmo l'Italia ci metterà 60 anni per raggiungere gli obiettivi del Piano nazionale per l'energie e il clima che ci siamo dati. Questo perché nel nostro Paese è assolutamente complicato fare rinnovabili. Lo è ex novo, ma anche (e in questo caso si doveva semplificare) quando si vuole fare un ammodernamento degli impianti già esistenti. Penso ai parchi eolici: se si vuole rinnovarne la qualità tecnologica bisogna passare per tutta una serie di procedure burocratiche che rendono incompatibile che rendono incompatibile la stessa esistenza di quel parco con il mercato, la produzione. Come al solito la burocrazia blocca tutto. Ma al di sopra di questa ci dovrebbe essere un indirizzo politico.

Che modifiche avrebbe proposto al decreto?

La cosa che mi preoccupa è che se da una parte manca questa accelerazione sulle rinnovabili, dall'altra ho visto in alcuni articoli, e su quello poi ho gettato la spugna, che invece non si sono risparmiati favori e agevolazioni all'estrazione dei fossili. Parlo in particolare dell'Eni e alle norme che riguardano la semplificazione sugli oleodotti, sullo stoccaggio della CO2 e sull'abbassamento delle royalties. Tutte cose che riguardano l'Eni, i fossili e quindi un modello che va esattamente dalla parte opposta. È questo a cui io avrei messo mano. Avrei scelto una direzione precisa con cui facilitare la vita alle rinnovabili e, non fare la guerra, ma accompagnare l'estrazione dei fossili nel posto dove merita, cioè il passato.

Il governo si sta quindi allontanando dagli obiettivi green che si era imposto?

Io ho dato la fiducia al Conte bis perché il presidente del Consiglio dei ministri si è presentato in Aula parlando di Green New Deal e del concetto di sviluppo sostenibile. Per me è dirimente: ho votato la fiducia a questo governo perché penso che in questo momento l'Italia abbia un'occasione straordinaria da cogliere. Tutto il pianeta, ma in questo momento voglio pensare alla nostra dimensione nazionale. Abbiamo un appuntamento che non possiamo perdere. Sicuramente questo si gioca in Europa. Lasciare il Paese ai sovranisti in un momento così delicato sarebbe stato davvero da irresponsabili, ma era il contenuto del governo che mi convinceva. Ci siamo detti che l'Italia può essere leader della lotta al cambiamento climatico: io credo che l'Europa debba trovare in questa lotta la sua nuova identità e il nostro Paese da questo punto di vista per una volta può essere in cima alla lista. Noi abbiamo le tecnologie, abbiamo i brevetti, abbiamo le soluzioni: ci manca solo il tratto della politica. E non questo tentennare tenendo insieme tutti gli interessi contrapposti senza avere il coraggio di prendere una decisione e naturalmente di sostenere il tema di una giusta transizione. Ovvio che se abbandoni l'estrazione dei fossili hai un problema di perdita di posti di lavoro: ma se tu acceleri dall'altra parte, nel frattempo ne crei altrettanti posti di lavoro. È quello che sta accadendo in tutto il mondo e che accade nel nostro Paese: anche durante le crisi economiche e anche durante l'ultima crisi si è visto che le aziende e le imprese che investono su innovazione sociale e ambientale sono quelle che stanno rispondendo in maniera più pronta. Non è solo un tema da ambientalista, ma è un tema di una nuova economia.

Quando parla di "sbandierare una svolta green" a chi si sta rivolgendo?

Io sono indipendente. Sono stata eletta nel gruppo di Liberi e Uguali, ma arrivo in Parlamento da indipendente con una mia storia da ambientalista. Il mio è un appello a tutta la maggioranza, ad avere più coraggio e uscire anche dai giochi di posizionamento. Nello stesso provvedimento noi abbiamo messo norme molto severe sulla rigenerazione urbana però poi abbiamo fatto passare anche la norma per la costruzione velocizzata degli stadi. Credo che sia il segnale che spesso nella scrittura dei provvedimenti prevalgono gli interessi di rappresentanza, interessi anche legittimi per cui non c'è nulla di opaco, piuttosto che gli interessi generali del Paese per una visione e una politica strategica che sia coerente sul fronte di evoluzione che si sta avendo a livello internazionale. Il mondo della finanza ormai sta riconoscendo che l'economia che vincerà è quella legata alla sostenibilità ambientale. E non mi sembra che la finanza internazionale sia dominata da pericolosi ecologisti, quindi credo che anche questo dovrebbe essere un dato di Realpolitik di cui tenere conto.

Teme che quanto accaduto per il decreto Semplificazioni possa succedere anche con le risorse del Recovery Fund?

Certo. Sono sincera: conto molto che il contesto europeo ci dia dei paletti che non possano essere divelti. Lo vedo nelle linee guida che sono state date per la realizzazione del Piano nazionale: l'Europa ce lo dice molto chiaramente: ‘Non vi pensate di poter finanziare con i nostri fondi opere progettate molto tempo fa di cui non si ha certezza sugli impatti ambientali'. A me sembra proprio la descrizione del ponte, o del tunnel, sullo stretto di Messina. Quindi, ad esempio, è inutile annunciare che con quei soldi faremo il ponte su Messina, semplicemente perché non sarà possibile. Io credo che sul Recovery Plan l'Italia potrà tirare fuori il meglio di sé anche perché si muove in un contesto internazionale che su questo ha già accelerato. Spero che non saremo troppo in affanno, perché sono seriamente convinta che il mio Paese potrebbe giocare su questo punto il ruolo di leader.

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