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Migranti, Onu denuncia: “Covid non diventi una scusa per non salvare vite umane in mare”

L’Onu lancia l’allarme: moltissimi migranti intercettati nel Mediterraneo dalla Guardia costiera di Tripoli e riportati in Libia finiscono in centri di detenzione dove i trafficanti di esseri umani li torturano per estorcere denaro alle loro famiglie. La Libia non può essere considerata un luogo sicuro e l’Unione europea non deve permettere che i naufraghi vengano respinti in un Paese teatro di un conflitto civile, torture e abusi.
A cura di Annalisa Girardi
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La disperazione di un migrante in un centro di detenzione in Libia (Gettyimages)
La disperazione di un migrante in un centro di detenzione in Libia (Gettyimages)

Ieri alcune organizzazioni umanitarie avevano confermato che i 55 migranti dispersi da giorni nel Mediterraneo sono stati intercettati dalla Guardia costiera di Tripoli e ricondotti in Libia. E avevano espresso preoccupazione per il destino di queste persone, ribadendo come la Libia, un Paese nel pieno di un conflitto civile e in cui sono stati ampiamente documentati violenze e abusi, non possa essere considerata un porto sicuro. Oggi l'Organizzazione mondiale per le Migrazioni (Oim) ha lanciato nuovamente l'allarme: centinaia di migranti, da inizio anno, sono stati respinti in Libia e da allora di loro non si hanno più notizie.

Secondo i dati ufficiali del governo di Tripoli, al momento ci sarebbero 1.500 persone negli 11 campi di detenzione del Paese, ufficialmente chiamati centri di direzione per la lotta contro l'immigrazione illegale. È il numero più basso che si registra da ottobre 2019. Tuttavia, denuncia l'Oim, da gennaio 2020 almeno 3.200 persone che hanno tentato di attraversare il Mediterraneo per arrivare in Europa sarebbero state intercettate dalla Guardia costiera libica e riportate indietro: da quel momento l'Organizzazione ha perso le loro tracce. Infatti la maggior parte dei migranti ch vengono respinti in Libia finisce in centri di detenzione non ufficiali in cui organismi internazionali come l'Oim non hanno accesso.

I migranti intercettati finiscono nelle mani dei trafficanti

"La mancanza di chiarezza sulla sorte di queste persone scomparse è una delle preoccupazioni più gravi. Siamo a conoscenza di molte testimonianze di abusi che si verificano all'interno dei sistemi di detenzione formali e informali in Libia", ha spiegato Safa Msehli, portavoce dell'Oim. E riporta alcune testimonianze secondo cui i migranti che vengono fermati in mare sono poi consegnati ai trafficanti che li torturano e ricattano le loro famiglie per denaro. "L'Oim hiede al governo libico di chiarire che fine abbiano fatto tutti coloro di cui non si ha più notizia e di porre fine alla detenzione arbitraria. Lo smantellamento di questo sistema deve essere una priorità così come è necessario stabilire alternative che garantiscano minimi standard di sicurezza per i migranti", si legge in un comunicato diffuso dall'agenzia dell'Onu.

Un documento in cui si fa riferimento anche ai fatti recenti. Nell'ultima settimana infatti, si legge, almeno 800 persone sarebbero partite dalla Libia per raggiungere l'Europa. Di queste, la metà sono state riportare nel Paese africano e rinchiuse in campi di detenzione. Circa 200 persone sarebbero finite in centri non ufficiali e di loro non si avrebbe più alcuna notizia. "Molti di coloro che hanno raggiunto le acque internazionali e la zona di ricerca e soccorso maltese sono rimasti bloccati in mare su imbarcazioni fragili e poco sicure per giorni, senza essere soccorsi. È notizia confermata che almeno 12 persone sono  morte o disperse in mare negli scorsi giorni", prosegue la nota.

Salvare vite umane è priorità numero uno

L'Oim quindi, non solo esprime preoccupazione per il deterioramento della situazione in Libia, ma condanna anche chi permette che i naufraghi nel Mediterraneo vengano respinti nel Paese, diventando sicuramente vittime dei trafficanti di esseri umani. In particolare, l'Oim rivolge un appello all'Unione europea, chiedendo a Bruxelles di stabilire un meccanismo si sbarco che ponga fine agli stalli in mare e soprattutto non permetta che i migranti siano ricondotti in Libia. "Il Covid-19  non deve essere una scusa per non ottemperare a diritti internazionali duramente conquistati e a quegli obblighi che gli Stati hanno nei confronti delle persone vulnerabili", conclude l'Oim.

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