Meno tasse sugli aumenti di stipendio: come cambia la busta paga e chi ci guadagna di più con la Manovra

Sono ore complicate per la legge di bilancio 2026, alle prese con ritardi continui che hanno fatto slittare l'inizio delle votazioni previste in commissione al Senato. Negli scorsi giorni sono arrivati nuovi emendamenti e sub-emendamenti: l'ultima occasione, in sostanza, per i partiti per provare a far passare una misura a cui tengono. C'è anche una proposta di Fratelli d'Italia che punta ad allargare una misura già esistente, ovvero la detassazione sugli aumenti di stipendio. Non più solo per i redditi fino a 28mila euro, ma anche per quelli fino a 35mila euro, anche se con un'imposta più alta: 10% invece del 5%.
Chi ottiene lo sconto Irpef sugli aumenti di stipendio con la Manovra 2026
Andiamo in ordine. Una misura che è già esiste nella manovra, fin dalla sua prima versione presentata dal governo due mesi fa, è un taglio delle tasse sugli aumenti di stipendio. Il testo attuale prevede che, se c'è un rinnovo contrattuale che porta ad alzare l'importo in busta paga, i dipendenti paghino solo il 5% di tasse su quella somma ‘in più'. La platea coinvolta è quella di lavoratrici e lavoratori che hanno un reddito fino a 28mila euro, se che ricevono il rinnovo di contratto nel 2025 o nel 2026.
Lo sconto fiscale può essere significativo, anche se riguarderà solamente chi ha un contratto che è stato rinnovato quest'anno (ad esempio i metalmeccanici) o che sarà rinnovato nel corso del 2026 (come dovrebbe avvenire, tra gli altri, per molti dipendenti pubblici). Dato che si parla di un reddito massimo di 28mila euro, la misura permetterebbe di pagare il 5% di tasse invece del 23% di Irpef normalmente previsto. Se il nuovo contratto porta 100 euro lordi in più al mese, se ne intascherebbero 95 invece di 77 netti (ignorando, per semplicità, le altre imposte).
Cosa può cambiare
Fratelli d'Italia punta ad ampliare questa novità. Una prima proposta prevedeva di includere retroattivamente anche tutti i rinnovi di contratto firmati nel 2024. Ma questa era stata bocciata per mancanza di coperture: non era chiaro, cioè, da dove sarebbero venuti i soldi per farlo.
Ora FdI ci ha riprovato. Con un nuovo sub-emendamento firmato dal senatore Matteo Gelmetti, la proposta è questa: per i contratti rinnovati nel 2025 e nel 2026 resta lo sconto sull'Irpef al 5% per i dipendenti con un reddito fino a 28mila euro; ma se ne aggiunge un altro, con una tassa ridotta al 10% (il doppio), per chi ha un reddito fino a 35mila euro.
Sarebbe un modo per allargare la misura, coinvolgendo anche chi al momento ne è escluso. Resta da vedere se questa volta le coperture basteranno. Il costo previsto è lo stesso della prima proposta: 167,4 milioni di euro l'anno prossimo e 26,9 milioni di euro nel 2027. Ma il governo Meloni ha chiarito più e più volte che quest'anno la priorità è tenere i conti in ordine, per rispettare i paletti europei di bilancio.
Il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, da parte sua ha approvato la proposta, definendola una "risposta diretta per circa quattro milioni di lavoratori". Il sindacato chiede non solo di alzare il tetto a 35mila euro, ma anche di includere i rinnovi avvenuti nel 2024. In molti casi, infatti, questi prevedono aumenti di stipendio che concretamente sono scattati quest'anno o scatteranno il prossimo. Ma si tratta di somme che continueranno a pagare l'Irpef normale, senza sconti.