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Meloni attacca sul presunto dossieraggio a vip e politici: “Metodi da regime, chi sono i mandanti?”

Giorgia Meloni ha commentato l’inchiesta sul presunto dossieraggio ai danni di politici personaggi noti, dicendo che “non c’entra nulla con la libertà di stampa”. Domani la commissione parlamentare antimafia ascolterà il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo e il procuratore di Perugia Raffaele Cantone.
A cura di Luca Pons
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"Ritengo gravissimo che in Italia ci siano dei funzionari dello Stato che hanno passato il loro tempo a violare la legge facendo verifiche su cittadini, comuni e non, a loro piacimento per poi passare queste informazioni alla stampa". Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, oggi in Abruzzo per la chiusura della campagna elettorale del presidente uscente Marco Marsilio. I cronisti presenti hanno chiesto a Meloni di commentare l'inchiesta della Procura di Perugia che si concentra sul caso di presunto ‘dossieraggio' ai danni di decine di personalità note, politiche e non. Sul palco che ha chiuso la campagna elettorale in Abruzzo, poi, Meloni è tornata sul tema con parole ben più pesanti: "Vogliamo sapere chi sono i mandanti, perché questi sono metodi da regime", ha detto.

L'ipotesi degli inquirenti è che alcune persone – tra cui il tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano – avrebbero effettuato degli accessi illegali alla banca dati della Direzione nazionale antimafia e quelle della Banca d'Italia relative alle cosiddette Sos (Segnalazioni di operazione sospetta). In sostanza, avrebbero cercato informazioni riservate su personaggi noti.

Come ha detto Meloni, alcune di queste informazioni sarebbero poi state passate alla stampa. Risultano essere indagati anche tre giornalisti di Domani: Giovanni Tizian, Nello Trocchia e Stefano Vergine. Proprio dopo un articolo di Domani su alcuni compensi ricevuti dalla società Leonardo, il ministro della Giustizia Guido Crosetto aveva dato il via all'inchiesta presentando un esposto in Procura. "Utilizzare così le banche dati pubbliche non c'entra niente con la libertà di stampa", ha dichiarato Meloni.

Poco prima era intervenuto anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, a margine del Consiglio Ue di Bruxelles. Il ministro ha detto che si tratta di "un fatto estremamente grave", e che secondo lui "si innesta in una situazione che si è sedimentata da anni: il fatto che il diritto alla privacy, garantito dall'articolo 15 della Costituzione, è diventata un'aspirazione metafisica. Si spia la vita degli altri in un modo che è offensivo per un minimo di civiltà giuridica. Su questo andrà fatta luce sia dalla magistratura sia eventualmente anche in altri luoghi".

Nordio non ha commentato sull'ipotesi che ci fosse un coordinamento politico dietro le ricerche effettuate sulle banche dati: "È difficile dirlo, il confine tra iniziative individuali e programmate da altri è di difficile definizione". D'altra parte, nell'elenco delle persone cercate si trovano esponenti politici della maggioranza (come i ministri Calderone, Pichetto Fratin, Lollobrigida, Urso, Valditara e Salvini), ma anche nomi noti del mondo dello sport (l'ex presidente della Juventus Andrea Agnelli e l'allenatore Massimiliano Allegri) e dello spettacolo (Fedez), oltre ad alcuni esponenti dell'opposizione. Anche Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, ha parlato dell'inchiesta definendo il caso "uno scandalo di gravità inaudita", su cui occorrerà "fare estrema chiarezza" per "evitare che possano ancora accadere fatti di questo tipo".

Nel frattempo è stato confermato che la commissione parlamentare antimafia e il Copasir (comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) ascolteranno in audizione il procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, e il procuratore di Perugia Raffaele Cantone. I due avevano chiesto nei giorni scorsi di poter apparire davanti ai parlamentari. Domani Melillo e Cantone parleranno alla commissione nazionale antimafia, mentre probabilmente l'incontro con il Copasir avverrà giovedì.

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