Maxi sconti sui risarcimenti e mani libere dai controlli: l’allarme dei giudici sulla riforma della Corte dei Conti

L'Associazione dei magistrati della Corte dei Conti rilancia l'allarme sulla riforma della magistratura contabile proposta dalla maggioranza di governo, alla vigilia dell'ultimo voto sul disegno di legge in Senato. Secondo i giudici, il testo ridimensiona in modo significativo il ruolo della Corte e indebolisce i meccanismi di salvaguardia della legalità e del corretto utilizzo delle risorse pubbliche. "Si passerà da tutelare il patrimonio dei cittadini a proteggere quello degli amministratori", spiega la giudice Paola Briguori, nel corso di una conferenza stampa convocata dai vertici dell'Associazione.
Sull'obiettivo di limitare il potere della Corte, d'altronde, Giorgia Meloni è stata chiara. Il 28 ottobre scorso, all'indomani della bocciatura, da parte dei giudici contabili, della delibera del Governo che dava il via libera al progetto del ponte sullo Stretto di Messina, la presidente del Consiglio aveva tuonato: "La riforma della Corte dei Conti rappresenta la risposta più adeguata a una intollerabile invadenza, che non fermerà l’azione di Governo, sostenuta dal Parlamento".
Il tetto ai risarcimenti
I rappresentanti dell'Associazione dei magistrati contabili non vogliono alimentare lo scontro politico, ma contestano diversi punti nel merito del disegno di legge. Il principale è la norma che fissa un limite al risarcimento dovuto dagli amministratori responsabili di danno erariale per colpa grave. Il meccanismo prevede che la somma da pagare dovrà essere solo il 30 percento del danno causato. Oppure, se la cifra è minore, il doppio dello stipendio del soggetto responsabile. "Chi pagherà il resto? I cittadini – dice Paola Briguori -. Prendiamo l'esempio dei fondi europei: se sono spesi male vanno restituiti integralmente. Ma se il risarcimento è solo il 30 percento, il restante 70 percento dovrà essere coperto con le tasse di tutti".
Non solo, in questo modo verrà meno l'effetto deterrenza, come spiega la consigliera della Corte dei Conti Elena Papa: "il tetto demotiverà la maggior parte degli amministratori che si impegnano a gestire bene il denaro pubblico, perché anche chi non lo fa non avrà conseguenze". Per i partiti di governo invece la noma serve a combattere la cosiddetta paura della firma. Ma secondo l'Associazione dei magistrati contabili – oltre a presentare rischi di costituzionalità – la misura non produrrà gli effetti sperati. "L'obiettivo dovrebbe essere quello di garantire una semplificazione delle procedure a monte – dice il presidente Donato Centrone -. Invece è molto più semplice ridurre in coda le responsabilità di cui l’amministratore è chiamato a rispondere".
Nelle audizioni in parlamento, l'Associazione aveva suggerito delle strade alternative per raggiungere il risultato, ma nessuna proposta è stata accettata. E il presidente Centrone non si fa illusioni sul fatto che possa essere accolto l'ultimo appello al parlamento, perché prenda più tempo per esaminare il testo. Al contrario, l'aula è stata convocata addirittura il 27 dicembre per un esame sprint del ddl: il governo vuole l'approvazione prima del 31 dicembre. A fine anno infatti scade lo scudo erariale, che negli ultimi cinque anni ha protetto gli amministratori pubblici. "Ma le mani libere concesse dallo scudo non hanno portato a un incremento dell’efficienza amministrativa", sostengono i consiglieri dell'Associazione dei giudici contabili.
Il silenzio assenso sugli atti pubblici
Al posto dello scudo erariale, ora saranno le nuove norme a ridurre di molto le responsabilità, nei casi di malagestione del denaro pubblico. Oltre al limite ai risarcimenti, c'è l'introduzione di due diversi meccanismi di silenzio assenso. Il primo vale per i pareri chiesti alla Corte dei Conti dalle amministrazioni pubbliche, sull'interpretazione di atti relativi al Pnrr e al Piano Nazionale Complementare: se la risposta non arriverà entro 30 giorni, chi firma gli atti sarà esentato da eventuali responsabilità. "Il rischio è di incentivare richieste di parere strumentali – argomenta il Consigliere della Corte Angelo Quaglini – fatte non per avere una interpretazione corretta, ma un’esenzione di responsabilità".
Stessa meccanismo varrà anche per tutti gli atti sottoposti a controllo preventivo: il mancato riscontro da parte della magistratura contabile nei termini previsti si tradurrà in un via libera al provvedimento. Un'eventualità che occorrerà sempre più spesso, perché la riforma estende moltissimo gli atti che gli enti locali possono inviare alla Corte dei Conti per chiedere un parere preventivo, senza però prevedere un rafforzamento delle risorse necessarie a evadere le pratiche. Secondo il presidente dell'Associazione dei Magistrati Contabili Donato Centrone: "Il rischio è che per fare queste attività se ne debbano sacrificare altre, come i controlli di legalità finanziaria sui bilanci degli enti locali".
Dalla riforma uscirà mutilato anche controllo concomitante sui provvedimenti, che dovrebbe servire per prevenire il danno. Già escluso per gli atti relativi al Pnrr, con l'approvazione del ddl la scelta di effettuare il controllo concomitante sarà sottratta ai giudici, ma dovrà essere richiesta dalla stessa amministrazione controllata, oppure degli organi politici. Altre critiche riguardano la parte della riforma che si occupa dell'organizzazione della Corte dei Conti. Tra l'altro si contesta l'accorpamento delle sezioni centrali e regionali, la separazione delle funzioni tra organi requirenti e giudicanti, una irrigimentazione delle procure territoriali sotto il procuratore generale.
"La riforma è un'occasione mancata, non risponde all'interesse pubblico e presenta diversi profili a rischio di costituzionalità – conclude il presidente Centrone -. Sicuramente serviranno dei correttivi, se il Senato non dovesse fermarne l'approvazione, speriamo ci sia modo di intervenire nei decreti che serviranno per metterla in atto". A giudicare dai pesanti giudizi di Meloni, Salvini e degli altri membri del governo sull'operato della Corte dei Conti, però, i margini di dialogo sembrano ridotti all'osso.