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Covid 19

L’Ue ostaggio degli interessi nazionali: nessuna decisione sulla crisi del Coronavirus

La riunione del Consiglio europeo si conclude con l’ennesimo nulla di fatto e rimanda la palla a Commissione ed Eurogruppo, che difficilmente potranno spingersi oltre. Sfumato l’accordo su Coronabond e revisione del Mes. Nel frattempo il Parlamento dà il via libero definitivo agli aiuti stanziati fino a ora.
A cura di Gloria Bagnariol
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“La storia è fatta anche degli errori che si sarebbero potuti evitare”. La presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen ha scelto di citare Konrad Adenauer, uno dei padri fondatori dell’Unione, mentre interveniva ieri mattina in aula. La lunga giornata delle istituzioni europee ha poi confermato di essere proprio questo: un gigantesco sbaglio che si sarebbe dovuto e potuto scongiurare. Il Consiglio europeo dopo una riunione di più di sette ore non ha annunciato nessuna nuova misura per la lotta alla pandemia da coronavirus. Sfumato l’accordo sui cosiddetti coronabond, le obbligazioni necessarie a condividere il debito a livello europeo, nessun riferimento alla revisione del Mes, il fondo i cui prestiti sarebbero accessibili solo a pesanti condizioni. Negli ultimi giorni si erano moltiplicati gli appelli all’azione: dalla lettera dei nove leader europei, che guidati dall’Italia avevano chiesto misure concrete, passando per l’articolo di Draghi in cui si sosteneva una spesa immediata a sostegno di imprese e cittadini, fino ad arrivare alle ultime dichiarazioni di David Sassoli. Il Presidente del Parlamento europeo ha dismesso il tono conciliante in uso a Bruxelles per chiedere ai capi di stato e di governo di assumersi le proprie responsabilità: “Abbiamo bisogno di condividere il debito che i nostri paesi saranno costretti a sostenere. Tutti i paesi. Chi pensa di farcela da solo perché in questo momento si sente un po’ più forte degli altri non sta facendo un buon affare. C’è bisogno di spendere soldi per fare tutto quello che è possibile per proteggere i nostri cittadini, che chiedono qual è la strategia, quali sono gli strumenti adeguati. Non vorrei che alla fine della giornata ci ritrovassimo con capi di stato e di governo che non si assumono le loro responsabilità. Sarebbe gravissimo”.

Le frasi non sono arrivate ai destinatari. Charles Michel e Ursula Von Der Leyen si sono presentati alla stampa alla fine del Consiglio ripetendo le stesse formule che ormai si ascoltano da giorni: priorità assoluta al contenimento del virus, impegno alla solidarietà, epocale sospensione del patto di stabilità. E’ stato scandito nuovamente il vuoto ritornello del “whatever it takes”, qualunque cosa serva, eppure non è stato fatto nulla. A meeting in corso Conte aveva lasciato trapelare il secco no dell’Italia a proposte timide, dando alle istituzioni un ultimatum: dieci giorni per trovare risposte all’altezza della situazione. Di queste condizioni nelle dichiarazioni finali del Consiglio è rimasto solo il vago riferimento temporale. La Commissione e l’Eurogruppo hanno il compito di elaborare nelle prossime due settimane un piano d’azione per uscire dalla crisi. Un invito che non riesce a nascondere quello che ormai è sotto gli occhi di tutti: l’Unione europea è ostaggio degli interessi nazionali di alcuni paesi. Sembra che ad alzare i muri più alti siano state Germania, Austria, Olanda e Finlandia. Il gruppo guidato da Von Der Leyen lavorerà ora su un testo, ma senza una decisione dei leader ha le mani legate e ha già messo in campo tutti gli strumenti a sua disposizione: oltre alla sospensione del patto di stabilità, il ricorso agli aiuti di Stato, l’acquisto centralizzato di dispositivi medici, la mobilitazione delle risorse disponibili in bilancio (37 miliardi). Non è chiaro neanche come tra quindici giorni i ministri delle finanze possano raggiungere un accordo già bocciato dai loro governi.

Nello stesso momento in cui Michel e Von Der Leyen cercavano di dissimulare il fallimento del Consiglio, il Parlamento europeo dava il via libero definitivo agli aiuti già stanziati. Per la prima volta la seduta si è tenuta in parte a Bruxelles, nel rigoroso rispetto del distanziamento sociale, in parte a distanza, con gli eurodeputati che hanno seguito la plenaria da casa. Tutti quanti hanno votato via e-mail. Ha partecipato quasi il 97% dei parlamentari che ha approvato a grandissima maggioranza l’intero pacchetto in discussione: la sospensione temporanea degli slot negli aeroporti (638 a favore, 1 contrario, 4 astensioni), l’estensione del Fondo di solidarietà (671 a favore, 3 contrari e 14 astensioni) e l’investimento di 37 miliardi con il Corona Investment Initiative (683 a favore, 1 contrario 4 astensioni) . Bocciati gli emendamenti della Lega che nel pomeriggio avevano suscitato le reazioni dei colleghi del Movimento Cinque Stelle e del Pd. I gruppi politici avevano raggiunto un accordo informale per non presentare modifiche alle proposte della Commissione: se il testo fosse uscito dall’aula con dei cambi si sarebbero attivate le consuete procedure di negoziazione tra le istituzioni, i triloghi, che avrebbero ritardato di settimane o mesi gli aiuti mobilitati dall’Ue. All’Italia ora potrebbero arrivare fino a undici miliardi di euro, una magra consolazione visto che si tratta in maggioranza di contributi a cui aveva già diritto per altre spese previste.

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