
Come passa il tempo quando ci si diverte: e infatti, sono passati esattamente 14 anni e qualche giorno da quel 6 dicembre del 2011 in cui venne varata quella riforma che passo alla storia come Legge Fornero sulle pensioni, contenuta nel più ampio pacchetto di misure che l’allora presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti battezzò come Salva Italia.
Nel presentare quella riforma che prevedeva, tra le altre cose, il passaggio al sistema contributivo per tutti, l’aumento dell’età pensionabile e la fine delle pensioni per anzianità tutti si ricordano le lacrime della ministra Elsa Fornero, ma pochi ricordano le sue parole, quando parlava di “vincoli finanziari severissimi”. Parole che, nei fatti, volevano dire solo una cosa: che quella riforma era l’unico segnale possibile che si poteva dare ai mercati sulla sostenibilità del nostro bilancio pubblico nel medio termine e di conseguenza, sul tasso d’interesse dei nostri titoli di Stato. Giusto per ricordacelo: meno di un mese prima, il 9 novembre, lo spread aveva toccato quota 573 e i titoli di stato un rendimento del 7%, quello che aveva portato al punto di non ritorno Grecia, Portogallo e Irlanda.
L’unica cosa certa di quella storia, comunque la pensiate, è che la riforma Fornero ha di fatto salvato l’Italia dal fallimento, con lo spread che scende a 375 e lo Stato italiano che riesce a rifinanziare il suo debito. Da quel momento in poi è stato un affastellarsi di bugie e di proclami che a rileggerli tutti assieme fanno spavento.
Ci perdonerete se sintetizziamo le dichiarazioni di Salvini nello spazio di un paragrafo, ma se dovessimo riprendere tutte le promesse che ha fatto sull’abolizione della Fornero, non basterebbe un libro: nell’ordine l’ha definita "una schifezza", "immorale", "ingiusta", "disumana", e ha detto che cancellarla sarebbe stato un"impegno morale", un "atto di giustizia", la "prima cosa da fare una volta al governo". Ha detto anche che se non l’avesse cancellata saremmo stati liberi – bontà sua! – di "spennacchiarlo". Ha anche detto – quello che oggi piange di fronte alla morte di Charlie Kirk e che si spaventa per l'odio politico – che quando vede la Fornero "gli prudono le mani".
Nel frattempo, al governo, Matteo Salvini ci è andato tre volte, da allora, ma la Legge Fornero sta sempre lì. Anche perché abolirla – vi basti questo articolo come bigino – è davvero complicato, senza far crollare tutto.
E che dire di Giorgia Meloni? Sebbene da parlamentare votò a favore di quella legge- che a dire il vero si chiama Sacconi-Fornero e nella sua prima formulazione fu proposta dal governo Berlusconi di cui faceva parte (toh) anche la Lega – più volte negli anni seguenti disse che si era pentita di averla votata. Non disse che l’avrebbe abolita e nemmeno che si sarebbe potuti tornare allo stato delle cose precedente. Però, bontà pure sua, disse che era “una legge fatta male”.
E quindi “per farla meglio”, l’ha modificata più volte, buon ultima con questa legge di bilancio, arrivando a renderla ancora più restrittiva , intervenendo sulle pensioni anticipate e sul riscatto della laurea, allo scopo di raggranellare qualche miliardo di euro per uscire dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo e avere accesso alle linee di credito per aumentare la spesa della difesa.
Oggi tutti raccontano che sono cambiate le condizioni, che le promesse di quattordici anni fa non contano nulla, che tutti in campagna elettorale promettono cose a caso. Alcuni arrivano pure ad elogiarli, Meloni e Salvini, ché finalmente la destra è diventata seria, e non fa più promesse a vanvera.
Il problema è che sulla clamorosa presa in giro della riforma Fornero, che "si poteva evitare", che "non bisognava votarla"e che "si poteva cancellare al primo consiglio dei ministri", l’attuale maggioranza di governo ha costruito la sua sopravvivenza e il suo successo dopo la caduta di Berlusconi del 2011. Di più: al pari della propaganda contro gli stranieri – altra clamorosa presa in giro, visti i numeri di sbarchi e rimpatri – la promessa di abolire la Fornero è stato il vero motivo che ha consentito alla destra di mietere consensi senza trovare ostacoli, sbandierando promesse irrealizzabili e nemici immaginari.
Il risultato ce l’abbiamo sotto gli occhi: una crescita demografica asfittica, una crescita economica al palo, stipendi che non crescono, i conti pubblici dell’Inps che peggiorano di anno in anno a causa di essa e che impongono correzioni di rotta e viti da stringere, per non far saltare il banco. E un’opinione pubblica smemorata, che si dimentica di chiedere conto di tante bugie tutte assieme, e della fiducia che ha accordato loro.
L’augurio è che serva di lezione per il futuro. Anche se, visto l’andazzo, non ci giureremmo.