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La seconda carica dello Stato Ignazio La Russa ricorda un cantante neofascista scomparso

Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha ricordato con un post sui social network Carlo Venturino, fondatore dello storico gruppo musicale neofascista “Gli amici del vento”. Il punto non è l’amicizia con Venturino come fatto privato, ma l’ossessione della seconda carica dello Stato nell’esibire la propria identità e le proprie radici politiche.
A cura di Valerio Renzi
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C'era una volta Gianni Alemanno sindaco di Roma. Era il 2006 e ospite delle "Invasioni Barbariche", fu pressata dalla conduttrice Daria Bignardi a mostrare la croce celtica che portava al collo. Dopo diverse insistenze Alemanno si slaccia la camicia e mostra la collanina. "L’ho mostrata, ma Daria non avrebbe dovuto chiedermelo: quella croce è un ricordo, apparteneva a Paolo Di Nella, un giovane militante del Fronte della gioventù ucciso nell’82", dirà uscito dallo studio.

Gianni Alemanno che, non ha fatto mai mistero delle sue radici politiche e non si è di certo mai detto antifascista, aveva però pudore di mostrare quella croce celtica, alla fine la riconduceva a un fatto privato. Non aveva certo bisogno di esporre la croce celtica per inzeppare le aziende municipalizzate di camerati di ieri e di oggi.

Oggi il presidente del Senato Ignazio La Russa ha condiviso un post in ricordo di Carlo Venturino, cantante de Gli Amici del Vento scomparso quarant'anni fa, con tanto di card social e citazione. Questo nome non dirà niente a nessuno più o meno, ma Gli Amici del Vento sono una delle prime band di musica alternativa del circuito della destra neofascista, tra un Campo Hobbit e uno scontro di piazza.

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Per capire di quello che parliamo citiamo una sola canzone della band in questione, scritta proprio da Carlo Venturino e pubblicata postuma nel 1993.  Si intitola "Il nostro tempo", ne citiamo alcune strofe:

Con la rabbia in mezzo ai denti, sembriamo senza cuore
ma Fedeltà si chiama il nostro Onore.
E Fedeltà vuol dire giurare senza inganni
e non tradire mai per mille anni.
Cantar la giovinezza e il tempo che va e muore,
portare sempre un sogno dentro al cuore.
Con il vostro progresso avete ucciso il cielo
ma il sole brucerà quel vostro velo
Perché è giunto il nostro tempo, tempo da disperati,
ma questo è il nostro tempo, camerati!

Difficile far finta di non vedere due citazioni: la prima lo slogan delle SS italiane  "Il nostro onore si chiama fedeltà", e "Hitler per mille anni", il libro di Léon Degrelle, classico imprescindibile del neonazismo.

Qui nessuno vuole rimproverare a Ignazio La Russa l'amicizia con Carlo Venturino. D'altronde, come Alemanno, non ha mai fatto mistero della sua lunga militanza e storia politica. Certo viene da chiedersi perché la seconda carica dello Stato, il presidente del Senato della Repubblica, senta il bisogno quasi ossessivo di rimarcare la propria identità e storia che affonda nel neofascismo. Non fa bene alla credibilità della carica che si trova a presiedere, né a quella delle istituzioni. Chissà il prossimo 25 aprile dove deciderà di volare Ignazio La Russa dopo il pellegrinaggio dello scorso anno a Praga.

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