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La giudice Marro a Fanpage: “Con il decreto Sicurezza le carceri collasseranno”

Ora che il decreto Sicurezza è legge, il governo accelera sulle riforme, in particolare su quella della giustizia, che vorrebbe chiudere in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Tuttavia dubbi e criticità permangono. Ne abbiamo parlato con la giudice e presidente di Unicost Rossella Marro.
Intervista a Rossella Marro
Giudice e presidente di Unicost
A cura di Giulia Casula
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Rossella Marro, giudice e presidente di Unicost
Rossella Marro, giudice e presidente di Unicost

Ora che il decreto Sicurezza è legge, il governo può tornare sul dossier riforme, o meglio sulle due superstiti, premierato e giustizia, dopo la stangata della Consulta sull'Autonomia differenziata. Il disegno di legge sulla separazione delle carriere dovrebbe arrivare in Aula la prossima settimana, come deciso dalla maggioranza che ha tutta l'impressione di voler procedere spedita. L'iter infatti, trattandosi di una riforma costituzionale, sarà piuttosto lungo: è previsto un duplice passaggio in entrambe le camere e un referendum laddove (come è probabile che accada) il testo non incontri nell'ultima deliberazione l'ok di due terzi dei componenti di ciascun ramo del Parlamento. In vista dei prossimi appuntamenti elettorali – le Regionali in autunno e poi le politiche –  il governo punta a portare a casa almeno uno dei tre progetti cardine del suo programma elettorale.

Con la giudice Rossella Marro, presidente di Unicost (correnti di centro della magistratura), abbiamo parlato delle criticità del dl Sicurezza, che la giudice non esclude possa finire davanti alla Corte costituzionale, e dei rischi legati alla previsione di due percorsi separati per pubblici ministeri e giudici.

Partiamo dal decreto Sicurezza. Oltre duecento giuristi ne hanno rilevato i profili di incostituzionalità, sia per il metodo (la decretazione d’urgenza) che per i contenuti, definendolo l’espressione di una preoccupante “deriva autoritaria”. Lei è d’accordo? Il dl rischia di finire davanti alla Consulta?

Il dl sicurezza presenta numerosi aspetti critici, sotto il profilo tecnico giuridico, che sono stati evidenziati dallo stesso csm nel parere. Tra tutti, la sproporzione di alcune sanzioni penali previste. È vero che le scelte di politica criminale spettano al legislatore ma non sono esenti da limiti, che sono propriamente quelli costituzionali e in particolare i principi di eguaglianza za e proporzionalità che rendono effettiva la funzione rieducatrice della pena. Una sanzione sproporzionata è avvertita come ingiusta e non può dispiegare la tipica funzione di rieducazione assegnata dall’art. 27 della Costituzione. Assolutamente nuova, poi, la previsione di una risposta penale per la mera resistenza passiva in contesti certamente “complessi” ma in forte frizione con il principio di materialità e offensività che governano il sistema penale costituzionale. In definitiva, non possono escludersi rimessioni alla corte costituzionale.

Il decreto introduce nuovi reati e aggravanti, cioè più pene e più carcere, infrangendo le promesse di una depenalizzazione massiccia. Qual è il suo giudizio? 

Il mio giudizio è che la sanzione penale non è la panacea di tutti i mali e che la politica continua ad addossare sulla magistratura le inefficienze del sistema di prevenzione dei reati, sul quale invece andrebbe investito di più. Una seria operazione di depenalizzazione di ipotesi che possono essere contrastate in via amministrativa o comunque non penale si impone, essendo indispensabile liberare risorse umane e materiali per una più efficace e tempestiva risposta di giustizia per fatti più allarmanti che purtroppo continuiamo a veder accadere. Se pensiamo che l’unico importante intervento di depenalizzazione ha riguardato l’eliminazione dell’abuso di ufficio che sanziona il “sopruso” del pubblico amministratore, il sistema risulta ancor più incoerente.

Il ministro Piantedosi sostiene che non ci saranno delle ricadute sul sistema penitenziario, (già al collasso). È così? 

No, non è così. L’aumento del numero dei reati e l’aumento delle pene per i reati preesistenti sono circostanze destinate necessariamente ad aggravare ulteriormente la già critica situazione carceraria. Peraltro, proprio il dl sicurezza limita in diversi casi l’accesso alle misure alternative alla detenzione. Così si allontana sempre di più la piena attuazione del principio costituzionale della finalità rieducativa della pena e di conseguenza il contenimento del rischio di recidiva nel reato.

Veniamo alla riforma della giustizia, che dovrebbe arrivare a breve in Aula. Il governo accelera su un provvedimento molto criticato, soprattutto per quel che riguarda una delle sue modifiche più consistenti, la separazione delle carriere tra pm e giudici. La critica principale è quella di voler asservire i pm, che fanno le indagini, al potere esecutivo. Lei cosa ne pensa? 

Ritengo che separare il pm dal giudice con la creazione di un csm per i soli pm (oggi nell’unico csm esistente la componente dei pm e’ presente in proporzione nettamente inferiore a quella dei giudici) renderà i pm molto più forti dei giudici, in contrasto con i proclami della riforma. Un Pm così forte non potrebbe trovare giustificazione e sarebbe naturale il passaggio alla sottoposizione dello stesso al potere esecutivo. Le esperienze dei paesi stranieri ci insegnano questo.

Chi la difende però, sostiene che in questo modo, senza “salti” tra una carriera e l’altra, si assicurerà maggiore professionalità, nonché imparzialità di chi giudica. 

Sotto questo profilo la riforma è inutile perché con le attuali previsioni normative la percentuale dei cambi funzione è ridotta all’osso. Peraltro, le statistiche delle assoluzioni evidenziano l’assoluta autonomia di giudizio e professionalità dei giudici.

Un’altra modifica importante riguarda i due Csm separati e formati a sorteggio. Per la maggioranza si tratta di una soluzione alle nomine ripartite in base alle correnti che attraversano la magistratura. Lei è presidente di una di queste, quindi le chiedo: è d’accordo? È una modifica utile o no? 

Il sorteggio puro dei componenti togati (a differenza dei laici per i quali il sorteggio è temperato) rappresenta una mortificazione delle diverse sensibilità culturali presenti in magistratura e che dovrebbero trovare albergo nell’organo di governo autonomo: neanche l’amministratore di condomino viene designato per sorteggio, figuriamoci i membri di un organo di rilevanza costituzionale. Il csm non si occupa solo di nomine ma di tante altre cose, come ad esempio pareri sulle leggi, circolari sul funzionamento degli uffici, rispetto alle quali il diverso sentire che si compone proprio in seno al plenum ha un valore insopprimibile.

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