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Opinioni

La forza dell’indifferenza è la risposta migliore ai fascisti di oggi

La reazione degli attivisti comaschi al delirio degli skinheads è di totale indifferenza, non c’è risposta, non c’è dialogo, non c’è neanche bisogno di offendersi. Ed è una scelta giusta, perché non ha senso ribattere colpo su colpo alla propaganda, respingere direttamente una rappresentazione così sfrontata e ridicola al tempo stesso. Contro i fascisti bisogna essere brutali a un livello differente.
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Il blitz degli skinhead all'assemblea della Rete Como Senza Frontiere ha occupato a lungo le aperture dei media online, provocando reazioni tra il preoccupato e l’indignato. Possibile ha parlato di “atto ostile alla democrazia”, chiedendo di non relegare la questione “a un aspetto quasi folkloristico”, considerando che “la situazione è sempre più preoccupante”; Fratoianni ha chiesto una “reazione immediata, ferma, decisa dello Stato”; Cerno su Repubblica ha parlato di inquietante conformismo di “neonazisti che si sentono di nuovo in pieno diritto di agire alla luce del sole”; l’ANPI chiede un incontro a Minniti perché si rende necessaria “una reazione politico – istituzionale strutturale”.

Reazioni comprensibili, anche condivisibili. Che possono magari sembrare eccessive se consideriamo la triste pochezza di quella decina di improponibili attivisti, neanche capaci di leggere con chiarezza un testo oltremodo ridicolo e imbarazzante per contenuti, sintassi e capacità di analisi della contemporaneità. La questione è però un’altra e attiene alla domanda chiave di questi ultimi mesi: che fare di fronte all’avanzata neo-post-psuedo fascista?

L’irruzione è solo l’ultima delle azioni violente e squadriste di movimenti e gruppetti di estrema destra in Italia, che negli ultimi anni sono stati protagonisti di una escalation di attivismo e presenzialismo sui media e nella galassia dei social network. In più, una forza politica come Casa Pound che si ispira direttamente all’ideologia fascista, pur raccogliendo le briciole del consenso elettorale, è riuscita a piazzare suoi esponenti in tribune mediatiche di grande rilevanza, finendo con il capitalizzare le poche migliaia di voti raccolte a Ostia (da un candidato che ha nel suo curriculum cose del genere), peraltro in un clima elettorale decisamente favorevole e in un contesto particolare. Nel frattempo, un gruppetto praticamente sconosciuto si è inventato la genialata della nave anti ONG, ha raccolto una incredibile serie di figuracce (finendo persino con il chiedere soccorso in mare aperto), ma è riuscito a ottenere una clamorosa legittimazione mediatica, dapprima presentando come “trionfale” l’esito di una spedizione disastrosa (sembra ci siano ancora decine di marinai che attendano risposte…), poi vedendo accolte alcune delle loro richieste con l’introduzione del codice di condotta per le ONG voluta dal Governo italiano. Sono questi gli esempi più eclatanti di come la propaganda di estrema destra abbia utilizzato la timidezza e la debolezza del sistema mediatico per conquistare uno spazio e una legittimazione politica, ma soprattutto per continuare quel percorso di normalizzazione delle istanze neo-post fasciste che è il vero obiettivo a medio termine.

La difficoltà consiste nel rispondere alla domanda sul “che fare” per arginare, o meglio respingere, l’offensiva della destra neofascista. I partiti di centrosinistra hanno pensato alla risposta legislativa, con il ddl Fiano, che indica con maggiore precisione quali siano gli atti da considerare come reato, ma seguendo la strada della “censura ideologica”, molto discutibile per una serie di ragioni. In primo luogo perché la libertà di manifestare il proprio pensiero non trova limiti "ideologici" nella Costituzione, neppure quando la manifestazione abbia per oggetto il fascismo. Poi perché, come spiegavano alcuni fra i più autorevoli storici antifascisti in relazione al reato di negazionismo, “la strada della verità storica di Stato non è sembra utile per contrastare fenomeni, molto spesso collegati a dichiarazioni negazioniste (e certamente pericolosi e gravi), di incitazione alla violenza, all’odio razziale, all’apologia di reati ripugnanti e offensivi per l’umanità; per i quali esistono già, nel nostro ordinamento, articoli di legge sufficienti a perseguire i comportamenti criminali che si dovessero manifestare su questo terreno”. Infine perché non coglie che la vera partita si gioca sul campo culturale e politico, ambiti nei quali censura e criminalizzazione possono essere un boomerang pericolosissimo.

Dunque, che fare? A sinistra in molti sono convinti che strumenti come la legge Fiano, per quanto discutibili, possano comunque essere utili, come lo è stata la legge Mancino, per tenere lontani dalla scena i fascisti. La realtà è più complessa, perché spesso a contare davvero, a fare danni, non è il fascismo come rappresentazione, ma ciò che la propaganda fascista ha determinato nei luoghi e nel tessuto sociale italiano. [Edit eliminata citazione "non contestuale", qui per dettagli sulla discussione]

In questo senso, il comportamento degli attivisti dell’associazione comasca è interessante anche come traccia per il futuro. La reazione al delirio degli skinheads è di totale indifferenza, non c’è risposta, non c’è dialogo, non c’è neanche bisogno di offendersi. Ed è una scelta giusta, perché non ha senso ribattere colpo su colpo alla propaganda, respingere con decisione quel modello esteriore, quella rappresentazione sfrontata e ridicola. Loro possono farlo, però, perché sono quelli che agiscono contro il prodotto dell’offensiva neofascista, perché si battono sul piano più profondamente politico e culturale. Ignorare i fascisti, in questo caso, non è segno di arrendevolezza, non è un lasciar fare, ma è la strada per non dare legittimazione a una rappresentazione vuota e superata dalla storia, i cui effetti e le cui impostazioni ideologiche vanno invece combattute nella pratica quotidiana.

Qualche tempo fa, in relazione a un episodio divenuto virale, si era aperto un dibattito piuttosto interessante intorno a una domanda: “Is it okay to punch a nazi?”. Una delle risposte più interessanti, a parere di chi scrive, è stata quella di Slavoj Zizek, secondo cui l’uso della violenza contro i nazisti costituisce una forma di loro legittimazione, perché determina una qualche forma di dignità politica, mentre, sostanzialmente, converrebbe giudicarli come non meritevoli di confronto, “letteralmente come non umani”. La riflessione è valida da entrambi i lati la si prenda. Se infatti si ritiene la violenza come una forma di azione politica non condannabile a prescindere (o meglio, se si ritiene che non sempre sia deprecabile il ricorso a forme di contestazione violenta, anche in risposta ad atti ugualmente violenti), allora è chiaro che l’obiettivo della violenza deve essere politico, dunque deve essere preceduto una qualche forma di riconoscimento di valore / autorità. Se invece si ritiene che la pratica antifascista più potente e impattante sia quella del pacifismo estremo, allora l’opzione della contestazione violenta non deve essere minimamente presa in considerazione. Contro i nazisti e i fascisti, per citare ancora Zizek, bisogna essere "brutali a un livello differente".

Ciò, attenzione, non significa che siano state le contestazioni ad aver preparato il terreno alla mobilitazione fascista, secondo il canovaccio de “chi contesta dà visibilità”. Sul punto è interessante la riflessione dei Wu Ming (che pure arrivano a conclusioni diverse):

«Non mi abbasso al loro livello». Come i bimbi che si coprono gli occhi e credono che, così facendo, il mondo intorno scompaia. Mentre non si ragionava di lor, i fascisti suonavano il piffero e si tiravano dietro la gente. Lasciando fare i fascisti — o addirittura isolando chi li contrastava, magari ripetendo, senza capirla minimamente, una frase di Pasolini sul «fascismo degli antifascisti» — si è permesso loro di allargarsi e conquistare spazi. Quanto alla «pubblicità», non gliel’hanno fatta i contestatori. Al contrario, contestando i fascisti si è spesso riusciti a privarli di agibilità, tribune e riflettori, a far saltare iniziative, anche a spingerli verso grottesche figure di merda. Visibilità pure quella, certo, ma non quella che si erano auspicati.

Il problema, a parere di chi scrive, è aggredire con la forza della legge e la furia dell’indignazione popolare chi fa il saluto romano e non chi vuole le barricate contro 10 migranti; è confondere la tutela della libertà di espressione, che è garantita dalla Costituzione anche ai fascisti, con la necessità del confronto, che è una nostra scelta, di cui ci assumiamo le conseguenze (vero Formigli, Porro, Mentana?); è adoperare il fascismo come una etichetta da attaccare ovunque, finendo col generare confusione e contribuire allo sdoganamento dello stesso concetto; è caricare di tensione ciò che è soltanto ridicoloinvolontariamente comico; è accettare come normali i due pesi e due misure delle forze dell'ordine quando a "manifestare" è l'estrema destra; ma è anche inseguire i fantasmi del secolo scorso, senza rendersi conto di quanto siano ormai profonde le radici dell’estrema destra populista e nazionalista nella società, non solo italiana.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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