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La destra approva il dl Sicurezza in fretta e furia in commissione, le opposizioni: “Metodi autoritari”

Dopo aver discusso meno della metà degli emendamenti, il centrodestra ha tagliato corto anche le dichiarazioni di voto nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera: il decreto Sicurezza passerà all’Aula lunedì. E qui il governo Meloni metterà la fiducia. Così uno dei testi più controversi della legislatura si avvia verso l’approvazione senza essere discusso.
A cura di Luca Pons
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Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera hanno dato il mandato ai relatori sul decreto Sicurezza. Era l'ultimo passaggio necessario per portare il testo in Aula. Ci arriverà lunedì, quando il governo Meloni forzerà i tempi ponendo la fiducia per evitare il dibattito parlamentare. Le opposizioni hanno attaccato duramente i metodi usati dal centrodestra per arrivare a questo punto: ben 239 emendamenti dei partiti di minoranza sono stati scartati senza essere discussi, e alla fine anche le dichiarazioni di voto sono state interrotte per procedere con la votazione. "Atteggiamenti degni dell'Ungheria di Orban", ha attaccato Federico Fornaro (Pd). "La democrazia parlamentare sostanzialmente è morta", secondo Valentina D'Orso, del M5s.

Cosa è successo con il decreto Sicurezza in Parlamento

Il voto delle commissioni per il mandato ai relatori – che saranno Augusta Montaruli (FdI), Ingrid Bisa (Lega) e Davide Bellomo (FI) – è arrivato dopo un vero e proprio tour de force imposto dalla maggioranza. Tutti gli emendamenti del centrodestra sono stati ritirati per ridurre al minimo il tempo del dibattito. I primi 160 emendamenti delle opposizioni sono stati bocciati rapidamente, mentre gli altri 239 rimanenti sono stati di fatto ignorati. Così, i parlamentari hanno discusso solamente 14 articoli su 39, mentre gli altri sono rimasti completamente intoccati.

Quando si è arrivati alle dichiarazioni di voto il presidente della commissione, Nazario Pagano, avrebbe chiesto ai presenti di parlare al massimo tre minuti. Visto che però non c'è una regola che imponga effettivamente questo limite, la deputata del Pd Rachele Scarpa si sarebbe rifiutata di rispettarlo. Dopo circa dieci minuti di intervento Pagano l'avrebbe interrotta e sarebbe passato direttamente alla votazione. In quel momento, però, mancavano ancora tre persone che avrebbero dovuto parlare e dichiarare il proprio voto.

L'attacco delle opposizioni

Le opposizioni hanno deciso di scrivere una lettera al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, per protestare ufficialmente contro l'accaduto: "Proprio su un tema come questo si fa un'ennesima forzatura anche nella gestione dei tempi in commissione, applicando la tagliola perfino sulle dichiarazioni di voto. È una forzatura inaccettabile. Siamo in presenza di una torsione autoritaria che punta a comprimere gli spazi di dibattito", ha denunciato la capogruppo dem alla Camera Chiara Braga. "Chiediamo al presidente Fontana di garantire che siano rispettate le prerogative delle opposizioni".

Sempre dal Pd, Federico Fornaro ha accusato la maggioranza di avere "atteggiamenti degni dell'Ungheria di Orban". Le proposte dell'opposizione sono state respinte "senza il minimo confronto". Peraltro su un decreto che nei contenuti "affonda le sue radici nella cultura delle democrazie autoritarie".

Per il Movimento 5 stelle "la democrazia parlamentare sostanzialmente è morta". Ha riassunto così la posizione la capogruppo in commissione Giustizia Valentina D'Orso. "Questo decreto è nato già come un colpo di mano del governo contro il Parlamento". Alfonso Colucci, capogruppo in commissione Affari costituzionali, ha detto che il centrodestra voleva "sfuggire agli argomenti scomodi delle opposizioni". Dalla democrazia, ha aggiunto, "si sta scivolando verso una democratura".

Filiberto Zaratti, di Alleanza Verdi-Sinistra, ha definito la mossa della maggioranza "un'intollerabile forzatura", in "uno Stato che sempre più diventa un regime. Quando non si garantiscono neanche più i diritti dei parlamentari, dei rappresentanti del popolo, questo si chiama regime". Riccardo Magi, segretario di +Europa, ha detto che si tratta di "uno strappo da un punto di vista costituzionale", e ha criticato il presidente della Camera Fontana per non aver preso posizione. Elena Boschi, di Italia viva, ha sottolineato che non c'è stato "nessun ostruzionismo" dal parte dell'opposizione, e che forzare i tempi è stato una "mancanza di rispetto verso quei diritti che una democrazia dovrebbe proteggere".

La risposta di Fratelli d'Italia

Da parte sua Fratelli d'Italia, con il deputato Alessandro Urzì, ha detto che "da una settimana" si sapeva che oggi alle 17 sarebbe scaduto il termine per dare il mandato al relatore, ma invece l'opposizione ha "sprecato la maggior parte del tempo a propria disposizione" per dichiarazioni che non riguardavano gli emendamenti, "con l'obiettivo chiaro di potere denunciare poi di avere un tempo ridotto per le dichiarazioni di voto". E ha concluso: "Non ci faremo intimidire. La sinistra se ne faccia una ragione".

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