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Istat, record negativo delle nascite: Italia in declino demografico, -4% di nuovi nati rispetto al 2017

Secondo il rapporto annuale dell’Istat dal 2015, per la prima volta in 90 anni, l’Italia è in una fase di declino demografico: rispetto al 2014 la perdita di italiani è pari alla scomparsa di una città grande come Palermo (-677 mila). Ma il calo demografico rallentato dalla crescita dei cittadini stranieri.
A cura di Annalisa Cangemi
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Gli italiani sono sempre meno. Lo dice l'Istat, in uno studio che fotografa la situazione demografica del nostro Paese nel 2018. E i dati non sono confortanti. Secondo il rapporto annuale dell'istituto il calo delle nascite è il più alto mai registrato dall'Unità d'Italia, cioè dal 1861. Stiamo parlando di 18mila bimbi in meno rispetto al 2017, pari al -4%. Complessivamente la popolazione residente in Italia è diminuita di 124.427 unità nel 2018 pari al -0,2%. Al primo gennaio 2019 risiedono infatti in Italia 60.359.546 persone, di cui l'8,7% sono straniere.

Il trend negativo delle nascite era partito già dal 2008. Dal 2015 – ricorda l'Istat – il numero di nascite è sceso sotto il mezzo milione e nel 2018 si registra un nuovo record negativo: sono stati iscritti in anagrafe per nascita solo 439.747 bambini. Il calo si registra in tutte le ripartizioni ma è più accentuato al Centro (-5,1% rispetto all'anno precedente). La diminuzione delle nascite nel nostro Paese si deve principalmente a fattori strutturali. Infatti, si registra una progressiva riduzione delle potenziali madri dovuta, da un lato, all'uscita dall'età riproduttiva delle generazioni molto numerose nate all'epoca del baby-boom, dall'altro, all'ingresso di contingenti meno numerosi a causa della prolungata diminuzione delle nascite osservata a partire dalla metà degli anni Settanta. L'incremento delle nascite registrato fino al 2008 è dovuto principalmente alle donne straniere.

Dal 2015 la popolazione residente è in diminuzione, configurando per la prima volta negli ultimi 90 anni una fase di declino demografico. Il calo è interamente attribuibile alla popolazione italiana, che scende al 31 dicembre 2018 a 55 milioni 104mila, 235mila in meno rispetto all'anno precedente (-0,4%). Rispetto al 2014 la perdita di italiani è pari alla scomparsa di una città grande come Palermo (-677 mila). Un declino demografico che però è stato rallentato appunto dalla crescita dei cittadini stranieri.

L'Istituto di Statistica fa notare che negli ultimi quattro anni i nuovi cittadini per acquisizione della cittadinanza sono stati oltre 638mila. Senza questo apporto, il calo degli italiani sarebbe stato intorno a 1 milione e 300 mila unità. Nel quadriennio, il contemporaneo aumento di oltre 241mila unità di cittadini stranieri ha permesso di contenere la perdita complessiva di residenti. Al 31 dicembre 2018 sono 5.255.503 i cittadini stranieri iscritti in anagrafe; rispetto al 2017 sono aumentati di 111mila (+2,2%) arrivando a costituire l'8,7% del totale della popolazione residente. Il Report dell'Istat sul bilancio demografico certifica anche che il numero di cittadini stranieri che lasciano il nostro Paese è in lieve flessione (-0,8%) mentre è in aumento l'emigrazione di cittadini italiani (+1,9%).

Negli ultimi anni però ha iniziato progressivamente a ridursi anche il numero di stranieri nati in Italia, pari a 65.444 nel 2018 (il 14,9% del totale dei nati). Tra le cause del calo, come si diceva, la diminuzione dei flussi femminili in entrata nel nostro Paese, il progressivo invecchiamento della popolazione straniera, nonché l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte di molte donne straniere. Le nascite di bambini stranieri si concentrano nelle regioni dove la presenza straniera è più diffusa e radicata: nel Nord-ovest (21,0%) e nel Nord-est (20,7%). L'Emilia-Romagna ha la percentuale più alta di nati stranieri (24,3%), la Sardegna la più bassa (4,5%).

Meno decessi

Secondo l'stat diminuiscono i decessi: si assestano sulle 633mila unità, in linea con il trend di aumento registrato a partire dal 2012, ma in calo rispetto al 2017 (-15 mila). In una popolazione che invecchia è naturale attendersi un aumento tendenziale del numero dei decessi. Le oscillazioni che si verificano di anno in anno sono spesso di natura congiunturale. Le condizioni climatiche (particolarmente avverse o favorevoli) e le maggiori o minori virulenze delle epidemie influenzali stagionali, ad esempio – fanno notare i ricercatori dell'Istituto di statistica -, possono influire sull'andamento del fenomeno come è avvenuto nel 2015 e nel 2017, anni di un significativo aumento dei decessi. Dalla capacità del nostro sistema socio-sanitario di proteggere gli individui più fragili dalle condizioni di rischio congiunturali e ambientali, attraverso azioni di prevenzione e di cura mirate dipenderà, in buona parte, l'evoluzione futura altalenante o meno dei decessi.

La diminuzione del numero di decessi si registra in quasi tutte le zone, con un calo più consistente nel Centro (-4,3%) e nel Sud (-4,4%). Solo nel Nord-ovest si registra un lieve aumento di decessi (+0,4%). Il tasso di mortalità è pari a 10,5 per mille, varia da un minimo di 8,3 per mille nella provincia autonoma di Bolzano a un massimo di 14,3 in Liguria, ed è legato alla struttura per età della popolazione.

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