In Veneto la Lega di Salvini (anche senza Zaia) ha ancora una potenza di fuoco: 100mila voti in più di Fdi

Con il voto del 23 e 24 novembre in Puglia, Campania e Veneto si è chiusa la tornata elettorale autunnale delle elezioni regionali 2025, e centrodestra e centrosinistra hanno si sono aggiudicate tre Regioni a testa: Marche, Calabria e Veneto sono rimaste al centrodestra, mentre in Toscana, Puglia e Campania è stato confermato un governo di centrosinistra. A queste si aggiunge la Valle d'Aosta, Regione a statuto speciale (non c'è un'elezione diretta del Presidente di Regione, e il governatore viene scelto dai consiglieri dell'assemblea regionale): qui Forza Italia è entrata nella maggioranza regionale con l'Union Valdôtaine e gli Autonomisti di Centro. Fanpage.it ha contattato Alessandro Fava e Gian Piero Travini, esperti di Piave digital agency, per commentare i risultati definitivi in Veneto e Puglia.
L'effetto Zaia in Veneto
In Veneto la Lega con il neo eletto Alberto Stefani ha fatto una prestazione mostre, anche grazie alla presenza del governatore uscente Zaia. L'ex governatore ha preso da solo 203.000 preferenze in tutto il Veneto "che rappresentano da sole più o meno l'11% dei voti totali". Ma La Lega, anche senza i voti di Zaia, ha portato a casa un numero di voti nettamente superiore a quelli di Fratelli d'Italia, quasi 100.000 voti in più. Il partito di Meloni ha preso in Regione 313mila voti, mentre il Carroccio ne conta 404mila (senza il contributo di Zaia)
"Tenendo sempre da parte le preferenze di Zaia, la Lega ha migliorato i risultati sia assoluti sia relativi rispetto a tutte le ultime elezioni in Veneto, Regionali, Politiche ed Europee, anche se alle politiche per esempio l'affluenza è stata molto più alta. Questo ci dimostra che la Lega in Veneto, quando deve indicare dei consiglieri regionali o una classe dirigente locale, ha una forza stratosferica. È un po' come il Pd in Emilia-Romagna". Questo non significa, spiegano gli esperti, che poi questi voti possano essere trasportati automaticamente alle elezioni politiche ed europee e convertiti in voti nazionali. "Resta però il fatto che la Lega in Regione ha ancora una potenza di fuoco", hanno sottolineato i due analisti politici. Anche perché la Lega è riuscita ad aumentare i voti assoluti, nonostante il calo dell'affluenza netto di 20 punti rispetto alle Politiche.
Le Regionali cambiano gli equilibri all'interno della maggioranza?
Questo cambierà in qualche modo gli accordi di governo o i rapporti di forza all'interno della maggioranza? Salvini, almeno a parole, è stato rassicurante, e ha detto che "questa è una vittoria frutto anche della generosità della coalizione, quindi non cambio gli accordi presi con Giorgia Meloni o con Antonio Tajani perché ci hanno votato in tantissimi". Me le ripercussioni politiche sono invece importanti secondo Alessandro Fava e Gian Piero Travini.
Per esempio in Campania, Fratelli d'Italia non ha sfondato. Se avesse raggiunto almeno il 15% sarebbe stato considerato un buon risultato, ma non ci sono riusciti, sono arrivati all'11,9%. Non sono stati in grado di fare una efficace composizione delle liste e un buon lavoro sui territori. L'operazione che non è riuscita a Fdi è riuscita invece alla Lega, che ha fatto scouting sui territori. Il partito di Salvini ha tenuto in Puglia proprio per questo motivo, è riuscito a mettere in lista dei pezzi da novanta, gente che sposta voti veri, come Napoleone Cera, detto Napy o Napi".
Se il campo largo massimizza il consenso dove in genere vince, ma non funziona nei territori dove storicamente il centrosinistra perde, lo stesso vale per il centrodestra: "Fratelli d'Italia, in voti assoluti aumenta, però non riesce a sfondare, perché non sono riusciti, nelle zone dove non il partito non è predominante, a creare una classe dirigente".
Questo, secondo gli esperti, apre un problema all'interno della maggioranza, non tanto sulle prossime elezioni politiche del 2027, piuttosto per le elezioni del Presidente della Repubblica. "Fdi esce sconfitta da questo secondo tempo di elezioni regionali, subisce una battuta d'arresto. Forza Italia invece resta solida, e probabilmente per il Quirinale nel 2029 sarà la forza politica che più darà le carte, e sarà in grado di indicare il nome del Presidente della Repubblica".
In Veneto, in termini percentuali e in termini assoluti, Forza Italia, passando da 73.000 a 105.000 preferenze, rispetto al 2020. In Puglia invece gli azzurri hanno perso invece 20mila voti in termini assoluti, ma rimangono sostanzialmente stabili.
Giorgia Meloni, è il ragionamento degli analisti, "non ha il profilo della leader, però detiene leadership. È molto difficile che nel centrodestra qualcuno alzi la mano e si autoproclami leader al suo posto, e quindi che si proponga come candidato del centrodestra. Non succederà mai perché non c'è nessuno che abbia la statura politica di Meloni. Il risultato di ieri non altererà gli equilibri per le elezioni politiche. Altererà però gli equilibri sui territori, Meloni farà fatica a imporre un suo candidato presidente di Fratelli d'Italia in Lombardia, per esempio. Ma nel 2027 sarà la premier a decidere qual è la linea: del resto è andata male in Campania, ma nelle Marche ha vinto con un candidato, Acquaroli, che sembrava già sconfitto a giugno".
Secondo gli analisti di Piave digital agency, quando ci sarà una decisione di carattere nominale, come appunto l'indicazione del Capo dello Stato, Meloni potrebbe avere dei problemi. Non essendo riuscita a imporsi davvero al Sud, Fratelli d'Italia farà molta fatica a dare le carte per il Quirinale. Ma sarà una partita tra moderati: la Lega, al di là del Veneto e della Puglia, nelle altre Regioni è crollata. Tra l'altro, storicamente, i Presidenti della Repubblica sono stati quasi sempre del Sud: la Campania ne ha espressi tre, la Sardegna due, dalla Sicilia viene Mattarella. Per il Quirinale insomma, il Mezzogiorno ha sempre contato più del Nord. Quando ci sarà da prendere invece una decisione di carattere politico e di indirizzo, la leadership della premier non risulterà intaccata. "Solo Zaia avrebbe la forza di contenderle la leadership in questo momento. Ma bisogna vedere se l'ex governatore sopravviverà politicamente ai prossimi due anni, visto che si troverà in un limbo. Ma sarebbe un buon cavallo per il centrodestra per il post-Meloni".
Un altro elemento che gli analisti mettono in evidenza, è che Meloni, per vincere, ha bisogno che Carlo Calenda non faccia parte del centrosinistra. Se questo si verificasse, anche se cambiasse la legge elettorale, sarebbe complicato per Meloni tornare a Palazzo Chigi.
Questo voto invece ha consolidato il consenso del centrosinistra al Sud: "Vuol dire che se si guardasse solo al voto regionale, il centrodestra non avrebbe la maggioranza al Senato, perché l'80% dei collegi sarebbe del centrosinistra al Sud. Ma bisogna sempre considerare che il voto delle regionali non è esattamente il voto delle politiche, le due cose non coincidono".
Il Pd dovrebbe seguire l'esempio di Berlusconi nel 1994
Secondo i due analisti politici c'è "una spaccatura politica nel Paese. Sembra sembra l'Italia del '94, quanto Berlusconi si presentò al Nord con la Lega, al Sud con Alleanza Nazionale, perché la Lega non esisteva al Sud e Alleanza Nazionale non esisteva al Nord. Ormai il Movimento 5 Stelle non esiste più al Nord, ed esiste solo al Sud. La Lega esiste solo al Nord e, con l'unica eccezione della Puglia, non esiste più al Sud. Quando la Lega era al 34% aveva successo proprio nel Mezzogiorno. Basta guardare al Veneto, dove il partito di Conte non è arrivato neanche al 3%".
Secondo i due esperti, occorre che il centrosinistra trovi una soluzione rispetto a questa spaccatura nel Paese, cercando di creare un'alternativa al Nord. "Paradossalmente, per vincere, il Pd al Nord fino al Lazio dovrebbe fare un'alleanza con Azione, e poi dal Lazio in giù dovrebbe sganciarsi da Azione e andare col Movimento 5 Stelle. Fare insomma come Berlusconi nel 1994. È una provocazione, ma il tema c'è, perché al Nord, soprattutto sui collegi, il Movimento 5 Stelle non aiuta il centrosinistra. Il centrosinistra è costretto comunque al campo largo, perché la situazione al Sud dice questo: lì non puoi prescindere dal Movimento 5 Stelle".
In Puglia Vendola è stato tagliato fuori
Grazie alla legge elettorale in Puglia, che in pratica stabilisce che la ripartizione dei seggi dipenda dalla prestazione del presidente, Antonio Decaro, con il suo 64%, ha tagliato fuori Nichi Vendola. L'ex governatore non è stato eletto al consiglio regionale, perché il suo partito Alleanza Verdi e Sinistra, non ha superato la soglia di sbarramento necessaria per entrare in consiglio regionale.
"Probabilmente Decaro aveva capito già in campagna elettorale che l'ex presidente della Regione avrebbe potuto rappresentare più un problema che un plus a livello elettorale. Ed effettivamente in Puglia Vendola ha fatto un risultato disastroso, il 4,09%. Vendola era candidato in tre province, è arrivato addirittura secondo a Lecce e terzo a Brindisi", hanno ricordato Alessandro Fava e Gian Piero Travini.
"88mila elettori hanno indicato il nome di Decaro nella scheda, pari al 6% dei voti totale. Se si aggiunge la lista civica con il suo nome, i voti per Decaro salgono a 257mila, il 18% dei voti complessivi. Se in Veneto centrodestra e centrosinistra hanno perso entrambi qualcosa rispetto alle elezioni europee del 2024, qui il campo largo guadagna 180mila voti, e il centrodestra ne perde 54mila. Il dato dell'affluenza è rimasto lo stesso, quindi è successo che alcuni voti del centrodestra sono andati a Decaro. Altri elettori del centrodestra si sono astenuti, e Decaro ha portato ai seggi gente che di solito non va a votare. Insomma, Decaro ha preso dappertutto. Il centrodestra avrebbe dovuto fare un 5%, per pensare di poter creare dei problemi alle Politiche al centrosinistra, per potersi ritenere competitivo".
Però secondo i due esperti, il centrosinistra non deve farsi abbagliare da questo risultato, non solo perché è stata dirimente la figura di Decaro, ma anche perché la Puglia è una Regione un po' più di destra di quello che sembra: "Ci sono tante persone che ieri hanno votato per il candidato dem, che difficilmente voterebbero per il campo largo alle Politiche. Dal punto di vista dei flussi, il Veneto è un po' più solido. Anche in Puglia Fdi ha sbagliato la composizione delle liste, sono decisamente in difficoltà al Sud".